Mascherine prodotte nella prigione Yingde da schiavi: cosa sappiamo

Indicazioni per provare ad inquadrare meglio una questione che tiene banco da alcune ore a questa parte

prigione Yingde

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Si parla tanto in queste ore delle presunte mascherine prodotte nella prigione Yingde da schiavi. Tutto nasce da un biglietto che sarebbe stato ritrovato a Roma all’interno di una confezione. L’acquirente avrebbe immediatamente allertato chi di dovere, mostrando il messaggio scritto a penna in inglese. Apparentemente in fretta e furia, sotto i rigidi controlli di chi è tenuto a far rispettare determinati “standard”. Un vero e proprio giallo, che non a caso al momento non ci dà garanzie totali ed assolute.

La storia delle mascherine prodotte nella prigione Yingde da schiavi: alcuni chiarimenti

La ricerca di mascherine, al netto degli obblighi venuti meno all’aperto in alcune aree del Paese, non si arresta. Ne abbiamo parlato non molto tempo fa sul nostro magazine. Questo comporta che si possano creare situazioni simili a quella descritta oggi, anche se ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. Il ritrovamento del bigliettino che sembra denunciare la produzione di mascherine prodotte nella prigione Yingde da schiavi, va detto, richiede qualche riflessione che inevitabilmente solleva dubbi anche sull’autenticità del messaggio.

Da un lato è vera l’esistenza della suddetta prigione in Cina, ma allo stato attuale è impossibile stabilire con certezza che il messaggio sia stato scritto al suo interno. Non si esclude la strada dello scherzo, o semplicemente la voglia di far rumore su un argomento senza sapere di cosa si stia parlando. Di sicuro ci saranno delle verifiche sulla prigione Yingde, se non altro perché il caso sta facendo molto rumore in giro per il mondo ed è impossibile essere indifferenti su quanto avvenuto di recente.

Vedremo se nelle prossime ore verranno a galla ulteriori indicazioni sulla prigione Yingde, in modo da capirci di più sulla storia delle mascherine di cui tanto si parla da circa 24 ore a questa parte.