La morte come prodotto

Si muore come se non si fosse mai vissuti, come se nessun legame fosse stato stretto. Si muore fuori dalla cerchia dell'umano, perchè l'umano si va dissolvendo


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Sono passati pochi giorni dal decesso di una mia cara parente, e ancora non riesco a elaborare l’evento. E se non ci riesco io, immagino quanto sia difficile per i figli e per i nipoti, che in lei hanno da sempre individuato una figura materna.
Oggi la morte non è più accettata né più accettabile, in quanto i corpi dei nostri cari ci sono sottratti e entrano in un labirinto dove noi non possiamo seguirli, alle prese con minotauri in camice bianco, senza fili che li trattengano tra i vivi. La morte è divenuta scomparsa, poiché non visibile, persino non constatabile. Un trauma, non un’esperienza. Lo shock del moderno ha inglobato anche la morte, dopo aver fatto della vita stessa una serie di eventi scollegati, perchè ogni istante deve morire in fretta per lasciar spazio a quello successivo, in un rimando infinito e vuoto, nella logica dell’ economia dei consumi.
Giunta in ospedale per una semplice lussazione al femore, mia zia, dopo 20 giorni, veniva riconsegnata ai parenti in una scatola di legno, irriconoscibile, emaciata (lei che era entrata bene in carne)e soprattutto senza che nessuno di loro avesse avuto modo di prepararsi al distacco e al congedo, se non negli ultimi istanti, quando ormai l’io divaga e si stempera nel mare dell’essere.
A nulla sono valse le tre dosi, il tampone, le preghiere disperate deposte ai piedi di medici, primari, infermieri, di poterla assistere, di poterle parlare: no e no. Primum evitare che nascano focolai covid. Ma se né vaccini, né tamponi, niente insomma hanno permesso che il notissimo nosocomio romano allentasse le misure di sicurezza, se siamo ancora a questo punto, come non chiedersi una volta ancora e sempre: a che serve, a che servono? E’ vita, anzi è morte questa? La medicalizzazione, l’ospedalizzazione della morte nell’era pandemica ha trovato una nuova forma: si muore da soli, nel silenzio, tra facce sconosciute, all’oscuro di qualsiasi memoria, di qualsiasi riconoscimento. Si muore come se non si fosse mai vissuti, come se nessun legame fosse stato stretto, tradizione fondata. Si muore fuori dalla cerchia dell’umano, perchè l’umano si va dissolvendo. Si muore senza un ultimo messaggio, senza possibilità di riconciliazione, senza poter pronunciare l’ultima parola, quella, forse, salvifica, quella in cui tutta l’esistenza, del vivo che è al capezzale e del morente, si ricomporrebbe. La parola che sana, che perdona, che riconosce. Si muore schiaffeggiati da questo trapasso, mille volte, come il povero Zeno Cosini, che non potrà mai più giustificarsi per quel ceffone sul viso inferto dal padre in delirio. E forse si muore di questa morte. Perchè sono gli affetti che possono trattenere ancora qui, al di qua della soglia, un corpo indebolito, su cui un sapere medico fallace si è accanito. Chi non ha più nulla, lo varca quel limes, il corpo, abbandonato, si abbandona tra le braccia della morte.
A questa morte priva di ritualità, irruzione di una naturalità selvaggia, non addomesticata, da rimuovere e sulla quale tacere, fa da contraltare la morte in diretta, televisiva, bidimensionale, mediatica, orrorifica, intubata, di cui il Governo si è servito per giungere allo squallore di queste vite che si spengono nel deserto, e nel deserto lasciano i loro cari.
Nella quarta rivoluzione industriale si muore magari su tablet: la telemorte. E il corpo, noi che siamo corpo e spirito, le nostre cellule, la nostra pelle, i nostri occhi, gridano d’orrore. Noi, privati del senso della morte, siamo stati derubati del senso stesso della vita, ridotta a piattaforma organica ove il potere può innestare un immaginario precostituito, finchè la consapevolezza, la coscienza non ne diventino mero prodotto. Eppure lo spegnersi del corpo impone, ai vivi e a chi se ne sta andando, una riflessione sul senso della vita. Ed è lì che la morte muore e trionfa lo Spirito. Ecco perchè bisogna opporre alla ragion di Stato, a chi ha imposto per decreto questa nuova forma del morire, le ragioni del cuore, ecco perchè Antigone deve prevalere su Creonte. Siamo esseri mortali alla ricerca di senso, dell’oltre, di cui la morte è improvvisa epifania; se questo ci viene negato, il potere può continuare a strapparci ogni cosa. Anche la dignità del morire.
I sacerdoti del nulla lo sanno bene.