La mia odissea postale nel tempo della digitalizzazione

Tracciati, monitorati, greenpassati, ma sempre condannati a perdere i peggiori anni della nostra vita dietro agli adempimenti minimi


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La nuova normalità di cui parlano i teorici sociali somiglia molto a quella vecchia se per ritirare una raccomandata alle Poste ci vogliono tre giorni. L’inquietante missiva era per mia madre, 90 anni, invalida totale, che non esce di casa da anni, così ci sono andato io. Non l’avessi mai fatto. La gentile impiegata dietro il vetro mi ha guardato di sotto la mascherina come un ramarro: ma caro signore, ma cosa crede, che una raccomandata si possa ritirare così? Ma deve venire la diretta interessata. Ma non può muoversi, non è in condizioni. Eh ma lei ce l’ha la delega? Ce l’ha il documento dell’interessata? No, qui con me non ce l’ho. E allora lei deve portare l’interessata o almeno un suo documento. Guardi, giusto per agevolarla (com’è umana, lei!), mi accontento anche delle foto, poi la firma se vuole facciamo che la mette lei.
Solo che il documento fisico ce l’ha l’altro figlio, che però non è in circolazione in questi giorni. Così debbo farmi fare le foto, farmele spedire sullo smartphone, e se n’è andata una mattina. Il giorno dopo torno, con le foto, ma non c’è l’impiegata di prima, c’è un altro. Che mi guarda come una lucertola. Ma caro signore, ma le pare che io mi posso accontentare di due foto? Ma la sua collega mi ha detto che andavano bene. Quello s’irrigidisce che pare la Giustizia offesa, no, guardi, non scherziamo, o mi porta l’anziana o mi porta il documento quello vero. Avanti il prossimo.
E due. Faccio in modo da ottenere la preziosa carta d’identità plastificata, un giro dantesco che non vi dico, e, il giorno di poi, eccomi per la terza volta all’ufficio postale; ho anche provveduto a farmi fare “la delega”, che sarebbe la firma di mia madre che non può più neanche firmare, ma transeat. Qui si apre una scena madre da tregenda; dopo avermi guardato con un disprezzo da novax, pretendono: il documento di mia madre; un documento mio; scansionano quello; fotocopiano quest’altro; scorrono fiumi di carte alla faccia del rispetto ambientale; ma non è finita, quando finalmente l’addetto reperisce la enigmatica raccomandata, altre verifiche, altri fogli, timbri, scansioni e io mi sento sempre più Totò Riina; dulcis in fundo, la firma: prima digitale, sulla tavoletta elettronica, poi, per completezza, manuale sull’ennesimo pezzo di carta. Il tutto nell’anno di disgrazia 2022. Piano di resilienza e resistenza, Europa che vuole le grandi riforme tecnologiche, ti saluto.
E guai a protestare, il funzionario, che è onnipotente e lo sa, capace che s’inventa la qualunque per rimandarti al punto di partenza. Insomma, tre visite e tre giornate perse per cosa? Per una diffida del consorzio idrico, una bolletta rimasta inevasa fra le tante che arrivano alla casa materna. Trentadue euro e spiccioli. Anche questi del consorzio, però: bastava una telefonata, una mail, che li abbiamo a fare tutti questi marchingegni ultrasofisticati, che ci tengono per le palle, se poi non li sappiamo usare per le faccende essenziali? Quanto alle Signore Poste, mai visto tanto rigore: le regole sono regole, questo ormai è il mantra, si tratti di una bolletta o di un greenpass o una mascherina. Ma chi l’avrebbe detto che gli italiani, popolo di casinisti e di furbastri, si sarebbero riscoperti più ligi di tedeschi con ascendenze giapponesi.
Ora, va bene tutto, ma se la nuova normalità è questa, c’è da non uscir più di casa: tracciati, monitorati, greenpassati, ma sempre condannati a perdere i peggiori anni della nostra vita dietro agli adempimenti minimi. Sarà che la tecnologia, come noto, arriva sempre prima dell’uso, i cittadini-schiavi se la ritrovano fra le mani ma, ora che hanno imparato ad assimilarla, quella è già superata e ci sono nuovi strumenti, per nuove facoltà, per nuove disperanti perdite di tempo e siamo sempre da capo a dodici. Se c’è una cosa che questa sciagurata pandemia, rectius questa sciagurata gestione della pandemia, ha confermato, è che non c’è speranza: con le magnifiche sorti e progressive della digitalizzazione, promettevano di abbattere la burocrazia: l’hanno dilatata, potenziata, resa una gigantesca foresta di piante carnivore che inghiottono tutto e tutti. Alla tradizionale maledizione di carte, di timbri, di sportelli, si è aggiunta – non sostituita, aggiunta – l’altra di spid, di poste prioritarie, di IP, di QR, di verifiche digitali, di app, di portali che s’inceppano, di percorsi che si perdono.
Però la pubblicità delle Poste è accattivante, le tue amiche Poste, basta un clic, basta la parola, come un tempo il famoso lassativo. Adesso il governo democratico s’è inventato che i poveri vecchi senza trivaccino non possono ritirare la pensione. Non si sa se vogliano prenderli per fame, ma se lo scopo è sfoltire, è fatica sprecata: basta mandarli a ritirare una raccomandata. Infarto garantito e problema risolto.