Shenseea e Megan Thee Stallion fanno un tutorial sul sesso come fossimo a Gardaland, poveri maschi

Lick è il nuovo singolo di Shenseea, ospite Megan Thee Stallion che in qualche modo potrebbe fungere da tutorial per il cunnilingus, esplicitissimo non solo nel testo


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Al centro vaccinale per bambini di Milano, che si trova in quella che un tempo era la fiera, il cosiddetto Portello, tutto è brandizzato da un notissimo parco giochi del nord Italia. Per la prima dose, intorno alle vacanze di Natale, ai bambini veniva dato in dono un biglietto per quel parco, da consumarsi entro le suddette vacanze. Tutto è brandizzato, nel senso che tutte le pareti sono colorate e piene dei personaggi creati per quel parco, se non ricordo male dal mio compaesano Iginio Sraffi, l’inventore delle Winx, e su dei maxischermi posti nella sala d’attesa, quella nella quale i bambini devono sostare un quarto d’ora dopo l’inoculazione, vanno in loop cartoni animati. I dottori e gli infermieri sono vestiti ovviamente da dottori e infermieri, anche se tra i vari stand allestiti per i vaccini si aggirano persone travestite da clown, il naso rosso, un ukulele in mano, alla maniera dei clown che fanno risoterapia nelle corsie degli ospedali per bambini, tutti avrete visto il film su Patch Adams con Robin Williams, un modo per alleggerire la situazione, per distrarli.

Non ho idea se questa cosa funzioni, i miei figli, i gemelli Francesco e Chiara, dieci anni, erano più che altro divertiti dal fatto che ci dovessero essere dei clown per distrarre i bambini, sembrava, forse far vedere loro The Walking Dead e Criminal Minds non ha contribuito a cementare in loro un immaginario troppo infantile, complici i fratelli maggiori che non li hanno mai fatti passare per i Teletubbies e altre facezie del genere (di musica per bambini, ovviamente, non se ne è mai parlato, anche se una volta, a Leolandia, il parco giochi di Capriate, vicino Milano, no, non è quello il parco che ha brandizzato il Portello, hanno conosciuto Cristina D’Avena, vedi a avere un padre critico musicale).

Certo, il fatto che alla loro prima dose, appena usciti dai box dove li avevano vaccinati, proprio nel momento in cui si stavano sedendo in sala d’attesa, nel nostro caso nel corridoio senza maxischermi, che c’erano i maxischermi lo avremmo scoperto solo andandocene, girato l’angolo di quel corridoio si apriva una immensa sala, brandizzata, con appunto i cartoni animati in loop, il fatto ceh alla loro prima dose, appena usciti dai box dove li avevano vaccinati, proprio nel momento in cui si stavano sedendo in sala d’attesa un bambino sia cappottato a terra, in apparenza svenuto, in realtà solo molto spaventato, lì steso mentre noi adulti fingevamo che nulla fosse successo, per non creare il panico, una infermiera a correre e constatare che, in effetti, di paura si trattava, salvo poi portarlo poco più in là in barella, non ha contribuito a creare un clima da Paese delle Meraviglie. In realtà, così, per la cronaca, con Francesco abbiamo riso parecchio dello sguardo terrorizzato, gli occhi sgranati come in un manga, del padre di una bambina che stava seduta di fronte a noi, lei tranquillissima, lui praticamente in procinto di scoppiare a urlare, prima di infilare la testa in un sacchetto di carta dentro il quale soffiare forsennatamente, passare un po’ di cinismo ai più piccoli può passare per insensibilità, suppongo, in realtà è un ottima scuola di sopravvivenza.

Nei fatti, però, questo il punto, il centro vaccina per bambini di Milano, e immagino tutti i centri vaccinali d’Italia, con differenti sponsor, è brandizzato, quindi colorato, vivace, pieno di personaggi buffi e pacifici. Il senso, oltre che permettere a quegli sponsor di sostenere le spese di allestimento, vado a occhio, è quello di rendere piacevole o quantomeno fantasioso un momento che potrebbe indurre invece un po’ di paura.

Lascio da parte i vaccini, lungi da me infilarmi in un cul de sac del genere, cosa che per altro ho già fatto, passando addirittura per un cinico che sorride delle paure altrui e sorride insieme al proprio figlio piccolo, dieci anni, vaccinato, roba da diventare oggetto delle proteste dei No Vax tutti, lascio da parte i vaccini e, andando a allestire un equilibrio davvero pericolosissimo, a precipizio su un burrone irto di spuntoni, roba che neanche nel Signore degli Anelli, lascio da parte i vaccini e anche il fatato mondo dei bambini, i cartoni animati, i personaggi di fantasia, i clown con ukulele, e vado a parlare di sesso e di sesso esplicito.

Professione pericolo, dovrei indossare una t-shirt con questa scritta, credo.

Parlare di sesso è sport indicato come preferito nei bar di tutto il mondo, o quantomeno di tutta Italia, in alternativa si potrebbe indicare lo spogliatoio di una palestra, quindi attività da svolgere prevalentemente tra persone dello stesso  genere (lasciamo per una volta l’orientamento e la fluidità, qui si parla d’altro). Confesso che non sono un grande frequentatore né degli uni né degli altri, e che parlare di sesso, sin da quando ero ragazzino, non mi ha mai attratto particolarmente, sarà una forma eccessiva di pudore, retaggio di una educazione cattolica, sarà magari che mi sono sempre ritenuto un po’ troppo intellettuale per farlo, stupido radical chic che non sono altro, ma so come funziona il mondo e ne prendo atto. Quando quindi a parlare di sesso è una donna, parlo dal punto di vista di un uomo, scattano almeno due meccanismi, entrambi da alert rosso, sirene e luci lampeggianti a iosa, quando a parlarne è una donna che si rivolge anche a uomini, se non prevalentemente a uomini, scattano almeno due meccanismi, questi: da una parte scatta la pruderie, una sorta di eccitamento adolescenziale, gli ormoni che irrompono in truppe numerosissime spingendo in ritirata quel manipolo di razionalità che provava a difendere il fortino, dall’altra scatta una sorta di fastidio, forse dovrei dire turbamento, di certe cose le donne non dovrebbero parlare, o non dovrebbero parlarne con noi uomini (noi uomini che preferiamo non sapere che le donne comunque ne parlano, nei loro bar e nei loro spogliatoi, l’immaginario maschile abitato da spogliatoi femminili è fatto di nudità, vapori e asciugamani che cadono, non certo di parole, Sex and the City non è roba per maschi eterosessuali, si sa). Poi, siamo esseri emancipati, eruditi, scolarizzati, tutti abbiamo letto i Monologhi della vagina, così come da giovani abbiamo fraternizzato con Anis Nin o Erica Jong, ma questa resta una grande verità: la donna che ci parla di sesso ci disturba, ci inibisce, ci castra.

Piccolo inciso per gli analfabeti funzionali, quello che state leggendo non è una cronaca, più una iperbole ironica, e l’accostamento tra i bambini che stanno al centro vaccinale brandizzato da Gardaland, diciamo le cose come stanno, Prezzemolo praticamente ovunque, e il sesso di cui parlano le donne sta lì come artificio letterario, per creare conturbamento nel momento in cui mi accingo a parlare di turbamento dovuto a una o più donne che parlano di sesso, per altro con in mezzo anche qualcosa che a Gardaland potrebbe richiamare, amici di Gardaland, questa è una metafora, buttate giù la cornetta, non serve tirare in ballo l’ufficio legale.

È uscito un singolo di Shenseea, ospite Megan Thee Stallion, che in qualche modo potrebbe fungere da tutorial per il cunnilingus, esplicitissimo non solo nel testo, che però potrebbe risultare ostile a chi non è troppo avvezzo a parlare inglese, ma anche nelle immagini. Le immagini, qui torniamo all’introduzione di questo testo. Lick, questo il titolo del brano, direi a sua volta piuttosto esplicito, niente è lasciato all’immaginazione, è un classico video di artista donna che si muova nel mondo del rap, l’urban, la trap o come diavolo vogliamo chiamare il mondo nel quale gente come Nicki Minaj, Cardi B e appunto Megan Thee Stallion si muovono da regine. Ci sono tantissimi colori, tutti immancabilmente fluo. Ci sono tantissimi culi, tutti immancabilmente oversize, o almeno oversize se ci si attiene ai canoni estetici caucasici e occidentali, Dio che noia i canoni estetici caucasici e occidentali. Ci sono tantissimi tacchi altissimi, tantissime zeppe, e per contro pochissimi vestiti, quasi sempre striminziti bikini, trikini o pezzi di stoffa buttati lì da qualcuno che ne capisce di gravità. Ci sono tantissime donne, promiscue, e ci sono pochi uomini, quando ci sono sono tutti palestrati, ma in questo caso, in Lick, di uomini non se ne vedono, loro è previsto che siano davanti allo schermo, a prendere mentalmente o letteralmente appunti. Ci sono poi dei richiami a quel che è il tema affrontato, o richiami a una sessualizzazione estrema, quasi sempre di sesso parlano le nostre. Tornando a Lick, quel che Sheensea fa, in ottima compagnia di Megan Thee Stallion, è spiegare come si dovrebbe affrontare un rapporto orale con una donna, senza lasciare nulla alla fantasia o al non detto. I gelati  multicolorati e ghiaccioli rossi che colano sopra i quali si muovono le ballerine, un fondale prima rosso, poi arancione, poi tra cielo e mare bul con nuvole di zucchero filato rosa a fare da contrasto. Non bastassero le parole, l’accovacciarsi della cantante e delle ballerine, nella prima parte del brano, culi come se piovessero da quelle nuvole rosa, contribuisce a chiarire le idee, salvo poi lasciare ampio spazio a altre possibilità quando irrompe in scena, letteralmente, l’ospite, Megan Thee Stallion, a quel punto Sheensea molla la parruccha giallo acceso per un più sobrio caschetto tra il rosso e il viola, assumendo la medesima posizione della gestante in sala parto, le braccia appoggiate di fianco alla schiena, le gambe spalancate, una gigantesca bocca munita di lingua al posto della vagina. Confesso, e per una volta mi metto a fare il portavoce di quelli che parlano di sesso nei bar e negli spogliatoi, così, per autoproclamazione, una gigantesca figa che parla è qualcosa che mette davvero a disagio, anche se tutto intorno è ipercolorato e gommoso (nel senso di caramelle), la pioggia di omini rosa che cadono dalle già più volte citate nuvole credo non sia casuale, come non è casuale il florilegio di Chupa Chupa, nel caso Lick non fosse già abbastanza esplicito di suo. Lingue e culi fanno il resto.

Piccola deviazione sul percorso principale, Megan Thee Stallion, una delle più validi artiste in ambito hip-hop oggi, è stata circa un anno fa coprotagonista di un altro brano che in qualche modo aveva il sesso , il video iniziava con l’arrivo della camera in una villa, passando di fronte a una fontana dove gira una statua di due donne, anche esse accovacciate, l’acqua che zampilla copiosa dalle abbondanti tette, l’interno della villa decorata con culi dorati, acqua ovunque, a terra. Il video del brano WAP, acronimo onomatopeico, wap è il rumore che dovrebbe fare qualcosa di bagnato, per Wet Ass Pussy, Cardi B la titolare, Megan Thee Stallion l’ospite. Un brano che ha fatto molto discutere, con le sue novantatré milioni di views nella prima settimana ha infranto ogni record, ovviamente, chiaro erede di quella Anaconda di Nicki Minaj, competitor diretto di Cardi B, e probabilmente in futuro anche di Megan Thee Stallion (la sua Body, una voce femminile a simulare un orgasmo come beat, è a sua volta una hit in questo ambito sessualizzato), i serpenti che si aggirano per il video sono sia una citazione che una raffinatissima metafora del sesso maschile, il kitch regna sovrano in ogni fotogramma del video, per altro pieno di comparse illustre, da Kyle Jenner a Rosalia, passando per Normani e Rubi Rose. Un inno al diritto a godere, il WAP del titolo e un po’ tutto il video fanno riferimento a quanto cantato da Cardi B nel ritornello, un invito al proprio uomo a ricorrere a un mocho e a uno straccio per arginare l’abbondanza dei suoi umori, ripeto, WAP è sicuramente il prequel di Lick, Megan Thee Stallion il Virgilio di questo cammino dantesco nel mondo dell’emancipazione sessuale a furor di rap (nel video di Cardi B molto si giocava sul mondo animale, con arredamenti che di volta in volta riprendevano un terreo richiamo alla pelle dei serpenti, un leopardato, un tigrato albino, i rispettivi animali a aggirarsi intorno alle nostre eroine, l’acqua evocata dal tema affrontato a ricorrere in più punti della trama, con tanto di cascate e ombrelli.

Tornando a Lick, il testo, lungi da me riportarvelo parola per parola, è un vero e proprio tutorial, si parte da che posizione assumere e come muovere la bocca e la lingua, i beat del brano a suggerire anche con che ritmo andare onde evitare di scambiare un momento di piacere per un pasto al fast food, parola di Megan, che suggerisce anche di fermarsi ogni, tanto, riprendere fiato e tornare a darci dentro. Shenseea è artista giamaicana, il suo accento non rende di semplicissimo ascolto quel che va dicendo, ma senza doversi impegnare troppo quel che va raccontando a suon di onomatopee è chiaro già dal primo ascolto.

Mi incuriosisce, io che da anni e anni sto dedicando energie e tempo a capire il perché nella nostra musica leggera stia andando in scena una forma di autocensura da parte delle donne, di autoindotta e indotta esternamente desessualizzazione, sia in chiave di poetica che di immaginario, lungi dall’essere paragonato a questo vero e proprio tentativo riuscito di emancipazione tardiva il voler scimmiottare certi testi sessisti di rapper uomini di certe nostre artiste, penso a Chadia Rodriguez, il fatto che tutte queste artiste di ambito hip-hop, Nicki Minaj Cardi B, Megan Thee Stallion, Shenseea, debbano ricorrere a un’estetica così fluorescente, kitch, quasi giocosa, sicuramente eccessiva, come i culi mostrati con tanta generosità. Come se queste artiste avessero necessità di rendere il tutto fumettoso, esattamente come le immagini di Prezzemolo al centro vaccinale per bambini, potevo mai pensare che la pandemia sarebbe entrata talmente tanto nelle nostre vite da fornirmi anche materiale per parlare di sesso, la tutina leopardata con copricapezzoli a tono di Cardi B in WAP e la figa parlante di Shenseea e Megan Thee Stallion il corrispettivo del naso da pagliaccio e l’ukulele del nostrano Patch Adams, lì a aggirarsi tra i box. Fortuna che almeno lui canticchiava canzoni per bambini, a Shenseea e socie il farci sapere che “Mi want mi pum-pum sucked”. Così sia.