Due anni scellerati e siamo dipendenti. Dal regime e da noi stessi

Malati per decreto, per propaganda, per delirio di potere. Malati fino alla fine


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La strategia sanitaria del governo, anzi del regime, è scellerata al limite del criminale e i suoi effetti si dilatano come cerchi di un lago velenoso. Due anni di privazioni, di prepotenze, di comportamenti contro natura, di restrizioni fanatiche, di proibizioni paranoiche hanno finito e non poteva essere diversamente per contagiare tutti se non di virus di depressione. E la depressione si manifesta in modi cangianti, insinuanti. Dapprima una stanchezza, un senso di sfiducia, di impotenza che si traduce in sonno agitato, quindi in notti in bianco, o scandite da incubi; a seguire, la perdita del senso di sé, il vittimismo o l’aggressività, i comportamenti asociali, la spirale delle monomanie, la casa che da rifugio diventa prigione e infine tana, luogo di rassegnazione, di separazione dal mondo. Con il che non resta che sfogarsi sulle trappole moderne, i social che alimentano viltà e frustrazione, quello adesso lo segnalo, lo stronco, a quest’altro organizzo una bella gogna e chiamo a raccolta quelli che conosco per aiutarmi a mettere la merda nel ventilatore.
Così passano i giorni, sempre più uguali, sempre più deserti, e quando te ne accorgi è tardi. Di cosa? Del fatto che tiri avanti come puoi, ma in modo malsano, perfino autolesionista. Una sigaretta in più, un bicchiere di più: dopo due anni hai un problema, anzi un mare di problemi, ma preferisci non pensarci, tanto non ti importa più di niente. Non ti importa più di uscire, perché non ti sopporti con la mascherina che non ti lascia respirare e ti avvizzisce la pelle, adesso con queste maledette ffp2, che servono a niente come le altre, se le porti per un intero viaggio in treno appena scendi e te la togli ti accorgi che hai le orecchie tutte irritate, piagate. E intanto già un rompicoglioni più o meno in divisa ti investe, cosa fai, rimettitela subito, le regole si rispettano.
Anche quelle demenziali o criminali? Soprattutto quelle. Nel Regno Unito una ricerca del governo è arrivata a conclusioni allarmanti, il tasso di alcolizzati salito del 20% in un anno, in Italia è lo stesso ma i giornali non lo dicono, non bisogna disturbare il manovratore. Anche quell’editorialista economico di un grande giornale aveva ammesso che i bambini greci morivano di fame, ma lui non l’aveva detto “per non incrinare la fiducia nella Unione Europea”. Alcool e sigarette, una bottiglia al giorno e un pacchetto al giorno, uomini e donne, maturi e adolescenti. Per qualcuno è una sindrome di guerra, ma a che ci serve saperlo? E poi dopo la guerra viene il disturbo postraumatico, quanto a dire che una disintossicazione, fisica e mentale, non arriva così, richiede anni e a volte non si raggiunge affatto. Non saremo più quelli di prima? Ma non lo siamo già adesso, abituati come ci ritroviamo a comportamenti disfunzionali: la commessa obbligata a chiedere il lasciapassare, e tu lo vedi che si vergogna, ma che deve fare? Perdere un lavoro che non ritroverà? E poi quelli che, alla richiesta fatidica, girano sui tacchi e se ne vanno, cosa comprensibile, gesto di resistenza umana condivisibile, ma a prendersi la rabbia sono i deboli fra i deboli. Ero a Roma pochi giorni fa, un pomeriggio ghiacciato di fine gennaio, siccome c’è il riscaldamento globale e Greta non sbaglia mai, e con due amiche cercavamo un bar comprensivo. Arriva una ragazzina con la mascheretta rosa e prima che apra bocca la fermo, scherzandoci: non vorrai mica il greenpass, anche tu? A forza di mostrarlo mi si è consumato, il telefono è scarico, dimmi che non me lo chiedi e ti sposo, dai, lo so che sei buona, lo vedo dal volto dietro la maschera. Lei sorride imbarazzate e fa: beh, mettetevi lì. E torna dentro. A volte per ritrovare normalità basta comportarsi normalmente, che nel tempo del regime è già un atto rivoluzionario come diceva Camus. Ma che deve fare una commessa, una cameriera nel terrore che le capiti la Lucarelli di turno, l’esagitata che come entra pretende di visionare il greenpass a tutti?
Alcool e sigarette, caffè e sigarette: tutti rockstar, tutti belli e dannati. Ma la gente dopo due anni non si riconosce più, si guarda nello specchio e si scopre invecchiata come dopo una malattia grave, i segni del patimento, della stanchezza di vivere, della rinuncia a vivere. Un abbruttimento generale che non è più quello fisiologico dei sottoproletari, dei disgraziati dei termitai umani delle metropoli, è salito fino alle classi borghesi, ai professionisti, agli insegnanti, agli imprenditori. Vestirsi perché? Truccarsi perché? Mantenere decenza fisica a quel motivo se poi non si ha l’impulso di uscire, di ritrovarsi tra simili? Ovunque si parla sempre e solo delle solite due o tre cose, i vaccini, il greenpass, “ci chiuderanno o no?”. Ma siamo già chiusi, dentro e fuori di noi. C’è chi non si alza mai dal letto e chi non ci va più, passa le notti a scrivere i suoi deliri sui social: se alle tre, le quattro di mattina, mentre cerco fonti per i pezzi del giorno, twitto qualcosa, qualsiasi cosa, mi accorgo con un brivido che a rispondermi sono dieci, cento, duecento. Poi in giro si vede una massa di zombie che cercano di muoversi, di agire, di lavorare come possono. Ma non possono.
Siamo fuori di testa e lasciamo pur stare i cartoni animati Maneskin, siamo fuori di noi e ritrovare umanità è sempre più difficile. Un pacchetto e una bottiglia, vecchi film e i “libri antichi, preoccupanti” di Lucio Dalla, tutto pur di non uscire, di non avventurarsi nella società dissociata, di non infilarsi la maschera, di non affrontare un’altra via crucis col QR. Tutto pur di ammazzare un giorno dopo l’altro, e intanto a morire siamo noi. Lo sanno le facce sghembe e truci del regime? Lo sanno le “facce granduignolesche del potere” di cui parlava Pasolini, uno che aveva capito come sarebbe andata a finire quando preconizzava per il PCI l’involuzione in partito autoritario di massa? Lo sanno e gli va bene così. Due anni di delirio hanno ucciso un Paese, tenuto in ostaggio 60 milioni di persone, le hanno fatte ammalare e impazzire, ci sono coppie che non si sopportano più, che sono diventate idrofobe, all’inizio, scherzando, si diceva che sarebbe andato tutto bene e ne avrebbe se non altro giovato la natalità. Ma quando mai, la gente non scopa più, non ha più voglia, al massimo lo fa a distanza, a parole. Ma come fai ad avere la voglia quando hai passato l’ennesima giornata bombardato di notizie folli, di allarmi delinquenziali, di “dati grezzi” che sarebbe le menzogne col crisma dell’ufficialità, di telegiornali bugiardi dalla siglia d’apertura a quella finale?
La nuova normalità che avevano apparecchiato per noi, e che ci ha ghermito, è la seguente: sentirsi malati a prescindere, vivere da malati per morire da malati. Un altra bottiglia, un altro pacchetto, un altro fiotto di bile. Un altro sguardo fuori dalla finestra, no non mi va di uscire, no, neanche oggi, forse domani. Malati per decreto, per propaganda, per delirio di potere. Malati fino alla fine: ancora c’è gente come questo Sileri che non si perita di andare in televisione a dire “non smetteremo di rendere la vita impossibile ai novax”. O quell’altro, il morbologo Pregliasco che proibisce nel “suo” ospedale di operare i non vaccinati e quando lo scoprono fa l’arrogante, “se hanno male a un piede, se lo tengano”. Finché un paio di testate, una stampata una televisiva, non lo inchiodano e allora lui prima li accusa di mentire, poi manda una patetica letterina dove capitola, si rimangia tutto. A dire palle era lui. Però sempre con la tracotanza di chi si sente impune. Occhio, che un brutto giorno il vento cambia e chi insegue deve scappare. Una bottiglia, un pacchetto, una batteria di spinelli, una manciata di pillole. E nelle piazze le ragazze vengono pestate, stuprate, le bande giovanili si sfidano a mazzate e coltellate, e tutti si mandano a fare in culo per i motivi più assurdi. Coi sindaci che sanno tutto, sanno che le loro città sono fuori controllo e magari cavalcano l’onda perché i balordi non integrati, detti “di terza generazione”, poi li votano. Ma fanno le vittime, questi primi cittadini, come se ad essere stati violentati fossero loro. La inverecondia di questi amministratori non ha limite, le loro facce sono di tolla: uno come Toti, il ligure, dopo avere invocato per mesi la discriminazione dura contro i non immunizzati, può arrivare a fare il seguente incredibile comunicato: “Le città sono più vuote, la gente teme il Covid (sic!). Le regole che abbiamo posto, in alcuni casi eccessive rispetto alla situazione attuale della pandemia, hanno creato un clima surreale, che danneggia tante attività. Per questo dobbiamo cambiare al più presto le regole!”. E faceva il giornalista, questo. Ma chi le ha “poste” le regole infami e del tutto controproducenti se non lui e quelli come lui? E adesso crede di cavarsela così? O come quel primario del San Giovanni di Dio di Firenze, che commentando la fine atroce, infame del giovane Simone Benvenuti, lasciato a morire solo, peggio di un cane, mentre rantolava, “mamma sto male vieni da me” e invece la madre non poteva, non avendo il sacro greenpass non l’hanno lasciata a passare; e il primario ha avuto il coraggio di commentare: “Siamo sotto stress, potessi tornare indietro farei diversamente, beh, ne prenderemo atto, la prossima volta faremo meglio”.
Ma allegri, in televisione c’è il Reality Quirinale, adesso raccattano un ottuagenario che mette d’accordo tutti, pur che blindi il Palazzo, che dia garanzia di far continuare tutto com’è, e poi dicono che è il nonno di tutti gli italiani, il nonno delle istituzioni. E lo mandano in giro per il mondo, a tremolare e a cascare, in degna rappresentanza di un Paese che non ha più neanche la forza di vergognarsi.