Cibo e sesso, come essere sfrontate senza finire nei cliché

Cibo e sesso di Miriam Ricordi è un ottimo lavoro, rock, con potenzialità mainstream non indifferenti


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Sfrontata. Lo scrivi, come ho appena fatto io, e meccanicamente ti immagini una donna (una ragazza, una adulta, cambia poco) che giochi sulla spudoratezza, quindi che punti tutti su una sensualità sfacciata, provocatoria, se sei un minimo dentro il tempo in cui stiamo vivendo, e non so se sia esattamente un bene, pensi magari a una Miss Keta, lì a cavalcare mortadelle giganti come una rediviva Valeria Marini, l’idea della mascherina rivelatasi catastrofica, o quantomeno vagamente superata dalla realtà, o pensi a una Chadia Rodriguez, lì a fare il verso ai maschietti rovesciandone i cliché ma senza assolutamente provare a personalizzarli, non che questo implichi un giudizio sul valore artistico, perché di arte credo in questo caso non ce ne sia proprio, quanto piuttosto una certa qual perplessità per l’occasione persa, non dico che dovrebbero essere tutte talentuose come una Margherita Vicario, ma onestamente se è repellente sentire i trapper parlare di femmine come fossero pezzi di carne sentire una trapper fare altrettanto con i maschi mi sembra davvero inutile, come entrare in un campo di basket vestiti da calciatori, la maglietta con le maniche lunghe al posto della canotta, le scarpe coi tacchetti, i parastinchi, e poi mettersi a giocare a basket come un qualsiasi cestista. Ecco, Margherita Vicario potrebbe risultare sfrontata, a ben pensarci, il modo in cui descrive un orgasmo in Fred Astaire è qualcosa che rasenta la perfezione, la dolcezza con cui descrive la scena, il tirare in ballo il pane caldo, l’invito a temporeggiare pensando a altro, l’urletto finale, un passaggio/gioiello in una canzone preziosa, ma lei è un caso a sé, credo di poter azzardare un talento assoluto, di quelli che raramente capita di incrociare nella propria vita, in Italia me ne vengono in mente pochini, anche  ben più anziani di lei, ma non è di Margherita Vicario che voglio parlare, e volessi parlare di lei non partirei certo dalla parola sfrontata, quanto piuttosto da qualcosa che si muova delle parti dell’eclettismo, della poliedricità.

Sfrontata, quindi. Partiamo da qui. E partiamo da come essere sfrontate ma finire immediatamente, quasi naturalmente, prima usavo il termine meccanicamente, in un cliché sessualizzato, dimostri come gli stereotipi siano davvero in grado di spuntare anche le spade più affilate. Come una resa incondizionata, quindi, nella quale perde chiunque provi a indossare con la medesima naturalezza un pizzico di personalità, chi, in sostanza, se ne freghi dei canoni e dei cliché e voglia provare a percorrere una propria strada, magari mai battuta, o battuta in tutt’altra maniera da altri, per questo, appunto, propria.

Miriam Ricordi, cantautrice pescarese classe 1990, è lei la sfrontata di cui voglio parlare, è lei la sfrontata che prende canoni e cliché, di sfrontatezza, e li butta nel cesso, tirando l’acqua, andando invece a giocare su altri canoni e altri cliché, sfrontata, appunto, è tornata sulla scena dopo un tempo che, in discografia, potrebbe coincidere con qualche era geologica, cinque anni, tanto è passato dall’esordio sulla lunga distanza con l’album Persuadimi. Il suo nuovo album, il secondo in carriera, si intitola Cibo e sesso, non fosse che questo lavoro parte da lontano verrebbe da pensare che questi siano gli ingredienti alla base della ricetta pensata dalla cantautrice per superare le lunghe pause da vita sociale cui ci siamo abituati, vedi alla voce lock down. Qualcuno, magari, leggendo l’accostamento tra queste due specifiche parole, il mondo è bello perché è vario, avrà sorriso, o sussultato, pensando che io sia uno di quelli che predicano bene e razzolano male, o amano veder razzolare male quelli di cui poi scrivono bene, perché è chiaro che se sto parlando di Cibo e sesso di Miriam Ricordi è perché io pensi che Cibo e sesso di Miriam Ricordi sia lavoro meritevole, ottimo ingrediente per una ricetta per superare l’ennesima pausa dalla vita sociale, magari non proprio lock down, certo, ma quarantena, per molti, e comunque rotture di coglioni, per tutti, ma come, dice che non sta parlando di una qualche sfrontata senza però voler scivolare nel cliché trito e ritrito della provocazione sessualizzata e poi parla di un album che si intitola Cibo e sesso?, ma allora sta davvero marcando male, dirà quel qualcuno, sorridente e sussultante, non fosse che no, caro mio, caro il mio sorridente e sussultante, Cibo e sesso di Miriam Ricordi è un ottimo lavoro, rock, con potenzialità mainstream non indifferenti, ma non gioca affatto su quei cliché lì, e se ho detto e ribadisco che Miriam Ricordi è sfrontata, è proprio perché non gioca e vince facile andando in quella direzione, ma perché prende quei cliché e li rovescia, letteralmente, come si fa con i pantaloni troppo aderenti quando ce li vogliamo sfilare di fretta, appallottolando le gambe, costretti poi a rimetterli nel verso giusto, al tempo stesso fregandosene del politicamente corretto, provocando andando a minare le nostre solide certezze e facendo il tutto calcando a pieno titolo il territorio solitamente assolutamente maschile del rock, che si tratti di quello vagamente punkeggiante della hit della tracklist, parlo del brano Mi esplode la testa, un sax acido nel finale che varrebbe la discografia di buona parte dei sedicenti rocker italiani, insieme  a Metabolismo, altra mina mica da ridere, titolare di uno spirito irriverente e anche un po’ caciarone, Metabolismo è un brano che mi evoca certe strepitose canzoni dei Cars, quando qualcuno si prenderà la briga di celebrare degnamente un gigante come Ric Ocasek, o ballad ruvide come Ossa rotte e Vieni a provare, il sentimentalismo mascherato da durezza, con picchi come la tompettyana Siamo sordi davvero, echi della nostra tradizione a farsi largo a spallate, complice la voce poderosa e sarcastica della nostra, lì a recitare versi sfrontati quali “ma dove vai se la banana non ce l’hai”, una vecchia memoria di Alberto Sordi e Monica Vitti che presto lascia al scena ai convenzionali versi, tratti, si direbbe in questi casi, da una storia vera, “le famiglie arcobaleno mi spaventano, a un ricchione preferisco un figlio tossico”, il basso slappato che introduce Pronto dottore a metà strada tra il Vasco di Fegato fegato spappolato e i Boss Hog, e forse è davvero Christina Martinez che si dovrebbe tirare in ballo parlando di Miriam Ricordi, stessa carica devastante, impossibile ascoltarla senza rimanere in qualche modo turbati, Christina Martinez ma anche poi il Vasco anni 80, quello che si faceva beffe di un certo comune benpensare. Dietro la macchina, perché Cibo e sesso di Miriam Ricordi è una fiammante auto sportiva, di quelle che percorrono la Route 66 in certi on the road hollywoodiani, ecco, tocca tirare in ballo anche il Boss di prima di Tunnel of love, Human Touch e Lucky Town dietro l’angolo, c’è un vecchio marpione come Andrea Rodini, penso a Renzo Rubino, parlando di lui, a Miele e tanti altri, uno che di musica ne mastica parecchia e che con la sua Rodaus ha deciso di dare alle stampe un lavoro che non fatico a definire importante, per la sfrontatezza con la quale la titolare prende di petto il rock, facendolo proprio, è dai tempi della Nannini di America che non mi capitava di sentire una artista farci i conti così radicalmente, guardando alla coerenza ma anche al mercato, Dio volendo, andando al tempo stesso a decostruire, e quindi ricostruire, due archetipi come il cibo e il sesso, necessità basiche per l’essere umano, legate tra loro per come entrambi si muovano costantemente tra piacere e necessità, libertà sfrenata e controllo autoindotto, pulsione e razionalità. Qualcosa cui guardare come si guarda al meglio che la vita ci possa porre di fronte, certo, ma anche con tutti i pregiudizi del caso, Oscar Wilde ha detto a riguardo molto più di quanto non potrei fare io, e usando anche molte meno parole. Cibo e sesso è una scossa elettrica, uso una immagine usurata, una defibrillata data con quelle macchinette che si trovano nei corridoi degli spogliatoi dei campi di provincia, quelli in cui di pomeriggio si giocano le partite delle serie minori e la sera si tengono le sagre paesane, il rock di Miriam Ricordi è al tempo stesso decisamente internazionale ma anche tanto italiano, quella la lingua usata, quella la cultura che Miriam prova a usare per scardinare certezze ormai calcificate e pronte da far esplodere, sbriciolare e finalmente ridurle in cenere e macerie, italiano, per fortuna (senza purtroppo). Poi, è chiaro, noi continueremo a esportare i Maneskin, la loro stucchevole finta  carica provocatoria, il loro essere assolutamente dentro tutti i cliché che vorrebbero smontare, il loro citare qualcosa che è già stato citato talmente tante volte da risultare scontato agli occhi di chi però verrà bollato come boomer, ma se mai volessimo far davvero bella figura è su un cavallo (matto) di razza come Miriam Ricordi che dovremmo scommettere, e se poi a metà gara scarterà di lato e se ne andrà a passeggio per i pascoli mentre tutti gli altri cavalli resteranno sulle giuste corsie, beh, ce ne faremo una ragione, lei è sfrontata, ma sfrontata davvero, mica per posa.