Being The Ricardos, Aaron Sorkin rende omaggio alla tv americana degli anni Cinquanta (e punta agli Oscar)

Nicole Kidman e Javier Bardem interpretano Lucille Ball e Desi Arnaz, la coppia della sitcom di culto “I Love Lucy”. Uno script con tanta carne al fuoco, che parla di storia dello spettacolo, maccartismo, femminismo. Ottimo cast corale

Being The Ricardos

INTERAZIONI: 4

In questo sovraffollato periodo di proposte filmiche natalizie tra cinema e piattaforme, con il ritorno di Spiderman e quello di Neo e Trinity, più la satira sulfurea di Don’t Look Up che per qualche giorno ha tenuto banco nelle discussioni e polemiche social, è finito per passare in secondo piano un film estremamente interessante, di solidità classica come Being The Ricardos, disponibile su Amazon Prime Video, che l’ha prodotto e distribuito, dal 21 dicembre.

È un’opera che porta i segni del tipico trattamento alla Aaron Sorkin, regista e soprattutto, come sempre, sceneggiatore scoppiettante, capace di costruire degli script di precisione matematica in cui, senza apparenti squilibri, s’affastellano temi ponderosi e un nutrito gruppo di personaggi che si rilanciano a ritmo vertiginoso battute costantemente brillanti, taglienti e ricche di sfumature.

Come nel suo precedente Il Processo ai Chicago 7, anche Being The Ricardos compendia il gusto della ricostruzione d’epoca e quello per il cast corale, raccontando il dietro le quinte dello show più celebre della tv americana degli anni Cinquanta, I Love Lucy (in Italia Lucy E Io), che tra il 1951 e il 1957 contò fino a sessanta milioni di spettatori per puntata. Emerge soprattutto il ritratto dei due protagonisti della sitcom, la coppia fuori e dentro lo schermo composta da Lucille Ball e Desi Arnaz – una duplice interpretazione di assoluto valore di Nicole Kidman, quasi irriconoscibile per il trucco prostetico, e Javier Bardem. La cui storia, secondo un altro usuale dispositivo della narrazione alla Sorkin, già visto nell’ottimo Steve Jobs, non segue pedissequamente la linea cronologica delle biografie, ma coglie l’essenza e l’essenziale dei caratteri isolando un momento esemplare e drammatico della loro vita.

Che nel caso di Being The Ricardos consiste in una sola settimana di registrazione dello show durante la quale, mettendo insieme avvenimenti accaduti in realtà in momenti diversi, il film segue tre filoni narrativi che finiscono per coincidere. Da un lato il riemergere di vecchie accuse di affiliazione comunista nei confronti della Ball – siamo in pieno maccartismo, quando il solo sospetto di una cosa del genere bastava a troncare una carriera; la notizia della gravidanza dell’attrice, con la conseguente domanda circa la possibilità che un evento del genere possa essere usato o meno nello sitcom, un’idea assolutamente dirompente per i puritani e benpensanti anni Cinquanta; terza questione, non meno rilevante, i sospetti della Ball, ben fondati, che il marito, più giovane di lei di sei anni, la tradisca.

È un menu sovrabbondante quello di Being The Ricardos, e solo uno scrittore del talento di Sorkin è in grado di non andare in affanno, anche per la capacità, pur mantenendo sempre ben al centro della storia la coppia di protagonisti, di scomporre le questioni attraverso una scrittura corale che fa rimbalzare temi e battute su un caleidoscopio di personaggi sagaci, ognuno dei quali descritto in pochi sicuri tratti e con un taglio sempre ben a fuoco. A partire dalle costar di I Love Lucy, William e Vivian (J.K. Simmons e Nina Arianda), il primo vecchio ed empatico attore di vaudeville, la seconda un’interprete che lotta contro gli stereotipi fisici e comportamentali dentro cui è confinato il suo personaggio. Oppure gli sceneggiatori della sitcom – cui è dedicata anche una cornice da finto documentario, nella quale da anziani ripercorrono quella incredibile settimana, resa così ancora più proverbiale -, due uomini e una donna (Madelyn Pugh), la cui presenza aiuta a sbalzare ancora di più uno dei temi portanti del film, la sottovalutazione del ruolo femminile in un ambiente fortemente maschilista come quello dello spettacolo, più che mai negli anni Cinquanta.

Per questo Being The Ricardos entra puntigliosamente nella costruzione della macchina dello spettacolo che è dietro la produzione di I Love Lucy, che in soli cinque giorni condensa tutto l’enorme e rapidissimo lavoro di costruzione di una puntata, con la lettura del copione, la definizione dei movimenti di macchina e degli attori, le prove generali e la finale registrazione davanti a un pubblico campione di 200 spettatori. E nell’affascinante sguardo gettato al backstage, emerge la professionalità e la caparbietà di Lucille Ball, che discute ogni dettaglio, ogni battuta, ogni oggetto di scena, sempre mirando, pur nei limiti di uno show televisivo che come afferma qualcuno sul set non è esattamente Cechov, alla maggior verosimiglianza possibile. Perché in caso contrario, come dice Lucille a uno degli sceneggiatori, “farai sembrare stupido il pubblico, e lui non ti perdonerà per questo”.

Allo stesso tempo questa ossessione per la qualità riflette la volontà della protagonista di affermare compiutamente il proprio ruolo, anche in termini di gestione del potere e di riconoscimento dell’apporto creativo. Senza però giungere a posizioni apertamente femministe, visto il milieu anni Cinquanta del film e il bisogno che ha Lucille di non sminuire mai il marito Desi Arnaz – infatti all’amica sceneggiatrice che vorrebbe togliere al personaggio interpretato dalla Ball nella sitcom la patina d’infantilismo per far risaltare la “prospettiva femminile di una nuova generazione”, Lucille ribatte che, anche per ragioni di anagrafe e storia personale, quella non è la sua battaglia.

Poi certo, in Being The Ricardos non tutto funziona alla perfezione, ma è inevitabile con una sceneggiatura impegnativa che ha l’ambizione di parlare di troppe cose, inserendo anche qualche nota stonata, come per esempio l’intervento di una figura a sorpresa (e parecchio discutibile) per diradare le accuse di antiamericanismo della Ball. Il film è comunque ammirevole, un grande spettacolo che risplende per l’intelligenza della costruzione narrativa e, di conseguenza, per il rispetto che mostra verso lo spettatore trattato, esattamente come vuole Lucille, come un adulto capace di districarsi attraverso la complessità di uno script stratificato e ricco di sottigliezze. Un film in questo senso più vicino alla classicità hollywoodiana degli anni Trenta e Quaranta, che in Being The Ricardos è continuamente richiamata nei nomi delle grandi case di produzione del tempo, come la Rko, o dei film (Dedizione, l’unica pellicola drammatica di serie A girata dalla Ball come protagonista) e degli attori (Henry Fonda, Bette Davis, Judy Holliday) ripetutamente citati. Ciò che costituisce un altro dei motivi di fascino di un’opera che ha le carte in regola per recitare un ruolo importante nella corsa ai prossimi premi Oscar, a partire proprio dalle due interpretazioni a misura di statuetta della Kidman e di Bardem.

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