Gea Martire è la protagonista assoluta di “Mio Figlio Sa Chi Sono”

Un monologo forte, appassionato e inquietante scritto da Paolo Coletta, con la collaborazione di Silvana Totàro, che firma anche la regia e le musiche dello spettacolo


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Gea Martire è la protagonista assoluta di Mio Figlio Sa Chi Sono” lo spettacolo messo in scena al Teatro Nuovo di Napoli, dopo l’anteprima a Pietrelcina nell’ambito del Campania Teatro Festival 2021.

Un monologo forte, appassionato e inquietante scritto da Paolo Coletta, con la collaborazione della filosofa e psicoterapeuta Silvana Totàro, che firma anche la regia e le musiche dello spettacolo.

L’incedere deciso e vitale di una donna sola in scena che si muove su e giù per il palcoscenico scatenando ricordi, episodi, situazioni che ricompongono pezzi della sua vita e delle sue aspirazioni dove al centro ruota immancabilmente l’amico Vincent. Lei è Gea Martire un’attrice dai tratti significativi con una recitazione mai scontata che lavora molto sulla parola, la piega e la sintonizza in modo abile, a tratti con ironia, a tratti con sferzante disprezzo di quelle emozioni dettate proprio dalle parole pronunciate.

Nell’allestimento di una stanza rarefatta, la protagonista delinea la sua vita, da una origine di periferia a quella di una donna fuori dagli schemi, alla ricerca di una carriera che le offra identità, autonomia e status. Poi l’incontro a Bruxelles con Giulio, di origini borghesi, con il quale si sposa e nell’unico rapporto avuto in luna di miele concepisce il figlio Cristian che nel corso della sua adolescenza diventa tossicodipendente. Ma in quel ripercorrere la sua gravidanza c’è il parto di Nicole che lei prima direziona su Milano e poi verso Parigi. Ma si sa non si può controllare la durata del travaglio e così il bambino nasce sulle nevi bianche e solitari delle Alpi. Non è Giulio che cerca ma è Vincent che chiama ed appare in una sorta di mistero mistico come un Angelo sulla sua strada.

Ed è Vincent che ancora una volta aspetta di incontrare perché è proprio lui che inspiegabilmente l’ha convocata dopo la tragica scomparsa del figlio.

Nell’attesa inquietante Nicole ripercorre il tragico epilogo del figlio che scopre che a fornirgli la droga è Vincent, dunque il pusher è l’amico di infanzia della madre. Lei si giustifica, si dispera e si giustifica di nuovo perché quella scelta è per tutelarlo dall’uso di una cattiva droga che potrebbe ammazzarlo. E adesso..lui tarda a venire. Nel ricordo di quell’anno Nicole si rivede nell’incontro seduta accanto al Papa in cui discetta sulla figura di Maria, la madre di Gesù, a cui lei attribuisce un ruolo moderno e contemporaneo.  Come ha fatto lei, come è lei che non ha voluto rinunciare ai suoi obiettivi facendosi condizionare la vita da quella maternità poi diventata difficile ma rimanendo totalmente attratta dalla sua indipendenza e dalla carriera.

L’autodistruzione del figlio non sembra riguardarla, il suo unico onere è di garantirgli la droga buona attraverso l’amico ma il figlio lo scopre. E proprio nell’alternarsi di situazioni diverse sta la bravura di Gea Martire, convincente nel ricoprire più vesti solo attraverso un gioco verbale che diventa un appassionante trhiller. Perché Vincent non arriva? Perché non è tempestivo come le altre volte? La sua disperata inquietudine non si placa. Pian piano si scopre altrettanto chiaramente che si è consumato ciò che lei chiama “tradimento”.  E dove sta il tradimento di Vincent? Perché si avverte molto sullo sfondo questo stinto marito Giulio che lei però convenzionalmente tesoro, amore?

Il testo di Coletta e della Tòtaro è incalzante e ben si adatta alla personalità artistica di Gea Martire che sembra una domatrice instancabile delle parole che deve arrendersi al fatto che Nicole non possa dominare né se stessa, né la situazione del figlio. Due donne, Nicoletta e Nicole, che non si ricompongono mai neanche per quell’affetto materno, filiale.

 “Mescolando passato, presente e futuro – scrive l’autore, regista – Nicole ricompone i pezzi del puzzle, in una sequenza parallela al racconto fondativo della civiltà occidentalequello della Sacra Famiglia -, praticandone una sua personale riscrittura eretica”.

Al termine della pièce teatrale il pubblico si arrovella, si esalta nel dubbio inquietante: “Ma il figlio è vivo o è morto?” Ed ancora: “Vincent è riuscito nel suo compito?”, oppure “C’è un’altra verità?” Tocca al pubblico scoprirlo e qui sta tutta la bravura della protagonista e dell’intrigante narrazione. Le belle musiche di Paolo Coletta scandiscono il ritmo del testo.

L’aiuto regia è di Serena Marziale, i costumi di Teresa Acone, suono  di Daniele Piscicelli, Spazio Iris Benefit Corporation per gli elementi di arredo. La produzione è di Koan Concept House.

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