Il finale de La Casa di Carta raccontato dal cast e dai produttori in conferenza stampa: “È il più coerente possibile”

Il finale de La Casa di Carta e il bilancio sul successo della serie sono al centro della conferenza stampa in vista del rilascio del volume 2 della stagione 5


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Il finale de La Casa di Carta sarà più all’insegna delle emozioni che della guerriglia. Ad assicurarlo sono gli autori Alex Pina ed Esther Martínez Lobato, il regista Jesus Colmenar e il cast della serie, alla vigilia dell’evento che segnerà la fine della saga spagnola diventata un tormentone pop negli ultimi cinque anni.

Il cast ha parlato del finale de La Casa di Carta nella conferenza stampa internazionale che si è tenuta il 30 novembre, a pochi giorni dal debutto della seconda ed ultima parte della stagione 5, disponibile dal 3 dicembre su Netflix con i 5 episodi finali (qui la nostra recensione della prima parte).

Sul finale de La Casa di Carta ci sono aspettative che, secondo il cast e i produttori, saranno soddisfatte. Il creatore Alex Pina ha assicurato che il secondo volume della stagione conclusiva è quello in cui “avremo molti più flashback e flashforword, molte parti emozionali, si chiuderà un cerchio che permetterà di completare la prospettiva narrativa. Il processo di creazione di questo attesissimo finale non è stato per niente semplice: “Quando abbiamo iniziato a scriverla avevamo molto molte più idee che tempo a disposizione per realizzarle, abbiamo dovuto comprimere molto la sceneggiatura, per questo è stata la parte più difficile da scrivere. Alla fine della scrittura e poi delle riprese, eravamo esausti: il processo di elaborazione è stato molto duro ed emozionante“.

L’accento sulle emozioni nel finale de La Casa di Carta è sottolineato da tutti i partecipanti alla conferenza stampa. Esther Martínez Lobato ha anticipato che “tutti mostreranno la loro umanità dopo la perdita di Tokyo, che ha pesato su tutti loro” e secondo il regista Colmenar questo cambio di tono dall’azione al dramma “prevede un altro tipo di trepidazione, c’è un crescendo del ritmo ma un po’ diverso da quello visto finora“, che in effetti nella prima parte era molto basato sulla guerra di posizione tra rapinatori ed esercito.

Parlando del finale de La Casa di Carta, Alvaro Morte ha anticipato che il suo Professore farà i conti con tutto ciò che è andato storto del suo piano che sembrava perfetto, ma lo era solo sulla carta: “Mi piace quando si vede l’umanità del Professore, è quello il momento in cui mi connetto con lui. Il personaggio è disegnato per sembrare un robot ma in realtà non è prefetto e quando sbaglia si vede la sua umanità. Si interroga su cosa avrebbe dovuto fare, su cosa ha sbagliato, ed è quella la parte più divertente da interpretare“.

La vigilia del finale de La Casa di Carta è anche tempo di bilanci su come questa serie sia passata da un flop sulla tv generalista spagnola ad un format dalla diffusione globale. Per Ursula Corberò il successo della serie è dato da “qualcosa che lega i personaggi e che ha a che vedere con la famiglia, con l’amore, con aspetti universali che superano le frontiere” e in cui tutti possono riconoscersi“. Per l’interprete di Tokyo, attesa per un cameo anche nel nuovo volume, l’impatto mondiale così forte potrebbe anche essere spiegato con una teoria elaborata dal cast: “C’è anche una metafora calcistica ed è forse questo che attira: due squadre una contro l’altra, un arbitro, un inno, molti aspetti in comune con il calcio che generano la stessa passione“. Per lo showrunner Pina la forza de La Casa di Carta è nella “mescolanza di adrenalina e umanità“, quel “clima emozionale che rende la narrativa condivisibile in tutto il mondo“. E a proposito di bilanci, Jaime Lorente ha voluto fare un passo indietro: “Mi piace ricordare gli inizi di questa serie: oggi tutti la conoscono e sanno come è diventata celebre, ma all’inizio non potevamo immaginare questo successo e non lavoravamo per ottenere questo, volevamo solo fare un ottimo lavoro per creare un buon prodotto“.

Tempo di bilanci in vista del finale de La Casa di Carta anche per Pedro Alonso, il cui personaggio è morto al termine della seconda parte ma ha continuato ad esistere nei flashback, vivendo una narrazione ambientata nel passato. Di conseguenza, la sua esperienza è stata molto diversa da quella dei suoi colleghi: “Ho girato da solo per cinque anni senza nessuno dei miei compagni. Ho vissuto una serie parallela dopo la morte del mio personaggio, che per alcuni è uno spoiler ancora oggi. Il mio ultimo giorno dovevo girare qualcosa di molto particolare, ero tranquillo ma mi diedero un messaggio del regista che sottolineava ciò che avevamo fatto e che stavamo per fare, mi venne un magone che non potevo sfogare e mi sono reso conto dell’impatto di tutto questo sulle nostre vite“.

L’ultimo giorno di riprese del finale de La Casa di Carta è stato invece più sereno per Alvaro Morte, interprete dell’iconico Professore: “Il mio ultimo giorno fu bellissimo perché ebbi la fortuna di farlo con la stessa identica troupe del primo giorno de La Casa di Carta, ero solo perché c’è dovevo girare una parte abbastanza sconcertante, ma ho finito in modo molto tranquillo, perché avevo già sofferto il lutto di separarmi dal personaggio e dai miei compagni alla fine della seconda stagione. Questa nuova opportunità con Netflix l’ho approcciata con più calma, come una possibilità di stare di nuovo con questa famiglia e di sfruttare di nuovo questo personaggio che mi ha dato tanto. L’attore è però felice di non aver trascinato oltre la storia: “Il mio ultimo giorno fu emozionante ma quando hai un lavoro che ti entusiasma così tanto, lo è anche prendersi una vacanza dal lavoro: i personaggi hanno dato ciò che dovevano dare, frenare il mio Professore a questo punto è un modo per dare il meglio senza correre il rischio di rovinarlo. Fermarci qui è un regalo per i fan“.

Alla conferenza sul finale de La Casa di Carta era assente Itziar Ituno, interprete di Lisbona, ma c’era Najwa Nirmi, volto della poliziotta Alicia Sierra entrata in corsa nella stagione 3: “Conoscevo i produttori dopo aver lavorato con loro in Vis a Vis“, ha raccontato l’interprete di Zulema nella serie Fox, “e volevo entrare nel cast per questo“. Da spettatrice del format, era preparata al tipo di lavoro richiesto sull’emotività del personaggi: “Sapevo a cosa sarei andata incontro e cosa si aspettavano da me, che avrei dovuto mantenere un livello di energia molto alto. La forza di questa serie è che rompe lo spazio tempo: nella trama tutto avviene in 78 giorni e mantenere il livello di energia perché stai girando per 10 mesi come se il personaggio fosse sempre nello stesso giorno. Questa è parte della magia, della trepidazione: il difficile non era costruire il personaggio ma mantenere il livello di tensione alto senza ricorrere alla Red Bull!“.

Infine il finale de La Casa di Carta per Miguel Herran, l’interprete di Rio, è un addio agrodolce: “Questa serie è stata molto dura da girare, uno sforzo enorme che però ha avuto la sua ricompensa, mi ha aperto porte a livello internazionale come credo a tutti noi e questo è un regalo in quest’epoca storica, mi ha regalato persone speciali con cui resterò legato per sempre. Pensavamo fosse una serie piccola per Antena3 ed è diventata un’esperienza globale“.

Quanto alle aspettative sul finale de La Casa di Carta, Pina ha aggiunto che sarà un epilogo “complicato perché deve corrispondere a quello che avevamo predisposto negli anni precedenti, è stato difficile scegliere come chiudere ma poi in 4 o 5 giorni abbiamo trovato la chiave per farlo: quest’ultima parte contiene molte delle mie sequenze preferite della serie, credo che il pubblico condividerà in modo empatico l’esperienza, la responsabilità che abbiamo avuto è molta“. Il regista Colmenar ha definito la conclusione la “più coerente possibile con quello che abbiamo visto finora, se prima c’è stata una epica dell’azione e ora c’è una epica emozionale dei personaggi“. Lobado ha aggiunto di aver sentito il peso delle aspettative di un pubblico così ampio: “Durante la scrittura ci sono stati giorni di silenzio, di riflessione e di osservazione, nessuno diceva niente perché le idee andavano ponderate e all’inizio del processo niente sembrava sufficientemente poderoso, nulla sembrava all’altezza di essere presentato ad un pubblico che sai che sta aspettando quel momento: è come presentarsi a casa di qualcuno portando la cena e sai che bisogna fare bella figura“.

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