Che delusione la serie di Cowboy Bebop su Netflix! L’adattamento dell’anime cult è uno sci-fi western come tanti (recensione)

La serie di Cowboy Bebop su Netflix delude (com'era prevedibile): il risultato è uno sci-fi western come tanti: la nostra recensione

serie di Cowboy Bebop

Credits: @Netflix


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Mai mettere mani su prodotti nipponici, e la serie di Cowboy Bebop su Netflix ne è un esempio. Prendete un gruppo di cacciatori di taglie nello spazio, aggiungete qualche battutaccia volgare qua e là, e avrete un fallimentare adattamento dell’anime cult. Il risultato è un’occasione sprecata, una delusione per i fan del capolavoro di Hajime Yatate, che si troveranno a guardare uno sci-fi western come tanti.

La storia resta più o meno fedele all’originale – il primo episodio è uguale – poi si prende qualche libertà e riscrive completamente l’opera. I tre protagonisti restano gli stessi: Spike, Jet e Faye, tre cacciatori di taglie che nell’anno 2071 si guadagnano da vivere mettendosi sulle tracce dei criminali più pericolosi della galassia.

La serie di Cowboy Bebop su Netflix oscilla tra la voglia di omaggiare l’anime originale e il desiderio di distaccarsi da esso. Da un lato si apprezza una regia colorata e dinamica, dall’altra si evidenzia le difficoltà di un’operazione rischiosa fin dal suo annuncio – e che si è rivelata tale nel momento in cui il prodotto è arrivato sulla piattaforma di streaming. Ci sono fin troppi momenti comici, che si trasformano in uno sforzo per cercare di piacere ai vecchi e nuovi fan. Le battute risultano spesso sboccate, quindi forzate per apparire accattivanti.

Il problema di fondo è la totale assenza di psicologia dei personaggi: l’anime si distingueva per la sua atmosfera nostalgica rivolta al passato che tormentava i suoi protagonisti. Da qui ne conseguiva una costante indagine nelle loro menti, fino a sviscerare nelle loro anime. Spike Spiegel è un personaggio in bilico tra la vita e la morte, e tra il sogno e la morte; i suoi sogni si sono infranti nel momento in cui ha perso la donna amata, Julia, fidanzata del suo ex partner Vicious. È in quel momento che Spike dichiara di essere già morto, perciò l’idea di perire in battaglia non sembra smuoverlo per nulla. Anzi, vede la morte come un lungo sonno dove potrà finalmente riposare.

Altra grave mancanza è la caratterizzazione dell’antagonista Vicious. Se nell’anime è una presenza fugace che talvolta appare nella mente di Spike, nell’adattamento live action è un personaggio presente, perde completamente di fascino e diventa uno dei tanti cattivi rancorosi che abbiamo visto in troppe serie tv.

Il cast non ne ha colpa: John Cho si adagia con convinzione nei panni di Spike Spiegel, così come Daniella Pineda nel ruolo della sarcastica Faye Valentine. Impossibile immaginare qualcuno migliore di Mustafa Shakir come il gigante buono Jet: è lui in tutta la sua maturità, forza e saggezza.

Il finale lascia presupporre che ci siano piani per un’eventuale seconda stagione (e anche John Cho si era detto entusiasta all’idea di tornare) destinata ad avere vita propria. E Netflix sembra porre piena fiducia al progetto.