“Tavola tavola, chiodo chiodo…” con un sublime Lino Musella

Lo spettacolo ricostruisce con tenerezza l'immensa visionarietà di Eduardo De Filippo attraverso appunti, articoli, corrispondenze e carteggi del maestro. In scena al Teatro San Ferdinando fino al 21 novembre


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E’ semplicemente sublime e imperdibile lo spettacolo Tavola tavola, chiodo chiodo…diretto e interpretato da Lino Musella, tratto da appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo su progetto dello stesso MusellaTommaso De Filippoin scena al Teatro San Ferdinando fino al 21 novembre. L’attore è accompagnato da Marco Vidino che esegue dal vivo, tra brani inediti e di repertorio, le musiche dello spettacolo.

Con il talento e la sapienza interpretativa di Musella si ricostruisce,in un’ora e 40 minuti di spettacolo,la ricca e gigantesca storia sia umana che drammaturgica del grande maestro Eduardo che si può apprezzare attraverso una narrazione intensa scandita dalle parole e dalla musica di Vidino. 

Musella, Premio Ubu 2019 come migliore attore vanta numerosi altri riconoscimenti teatrali e cinematografici. In questo lavoro ripercorre la storia e identifica l’emblema eduardiano in quella che fu la nascita del Teatro San Ferdinando ricostruito e voluto con forza e determinazione dal drammaturgo. 

Tavola tavola, chiodo chiodo …sono le parole con cui termina la dedica che Eduardo riserva a Peppino Mercurio, il suo storico macchinista, – si legge nelle note allo spettacolo – e che fa incidere su una lapide tuttora posizionata sul palcoscenico del San Ferdinando. Un omaggio al suo sodale capomastro che tavola su tavola, appunto, aveva ricostruito quello stesso palcoscenico distrutto dai bombardamenti nel ‘43”.  

La ricostruzione del teatro che Musella puntella attraverso pezzi di vissuto alternati a frammenti di pura tenerezza, è coinvolgente e lascia addosso un preciso senso di appartenenza verso questo nostro Teatro che trasuda memoria ed è testimonianza di quella ostinata e rigorosa passione che ha caratterizzato la personalità di Eduardo De Filippo. Ostinazione accompagnata a passione che lo spingono a resistere, resistere, resistere nonostante i costi eccessivi da sopportare e nella consapevolezza dell’artista di sentirsi troppo spesso solo e deluso. 

Un atto poetico e perciò politico, che racchiude in sé denuncia e tenerezza, ironia e amarezza – ha commentato su Facebook il regista Carlo Cerciello–  componenti che fanno del teatro una contagiosa “malattia”. 

Un “assolo con musica”, una dignitosa e precisa invettiva che “Eduardo rivolge, ad esempio, alle Istituzioni, sia negli scritti che indirizza nell’ottobre del 1959 al Ministro del Turismo e Spettacolo, Umberto Tupini, sia quando nel 1982 a Palazzo Madama si rivolge direttamente ai suoi colleghi senatori, ma anche note private riferite ai suoi sodali (come quelle dei carteggi relativi all’impresa estenuante per la ricostruzione e il mantenimento del Teatro San Ferdinando) e alcuni estratti di articoli di giornali, a sua firma o a lui riferiti”. 

Ed è questo il senso più forte di un riannodare i fili di una narrazione che scorre impetuosa e conserva grandeattualità, che rimanda al progetto di vita del commediografo che si proietta e si riflette con convinzione anche nel sociale. 

Una pagina che Musella affronta con una recitazione asciutta senza ammiccamenti, il corpo e le parole diventano simbolici frammenti non ideologici che restituiscono al pubblico ancora di più la grandezza dell’artista e dell’uomo Eduardo. Ed è così emozionante e sincero quel carteggio tra Eduardo e gli adolescenti del carcere minorile dell’Istituto Filangieri che si affidano a lui per rinascere e trovare una strada da percorrere nella vita

«In questo tempo mi è capitato – scrive Musellanelle sue note– di rifugiarmi nelle parole dei grandi: poeti, scrittori, filosofi, drammaturghi, e su tutti Eduardo De Filippo, per cercare conforto, ispirazione o addirittura per trovare, in quelle stesse parole scritte in passato, risposte a un presente che oggi possiamo definire senza dubbio più presente che mai». «E’ nato così in me – prosegue il regista e attore– il desiderio di riscoprire l’Eduardo capocomico e, mano mano, ne è venuto fuori un ritratto d’artista non solo legato al talento e alla bellezza delle sue opere, ma piuttosto alle sue battaglie, potremmo dire “donchisciottesche”, condotte instancabilmente tra vittorie e fallimenti».

Come non mai Tavola tavola, chiodo chiodo…apre un ulteriore squarcio sul mondo dello spettacolo e sulle sue sorti ed è la sapiente bravura interpretativa di Lino Musella a condurci nella visionarietà eduardiana così immensa e totale. Ed è significativo l’apporto di Tommaso De Filippo, sempre più impegnato nella cura dell’eredità culturale della famiglia, e di Maria Procino che ha collaborato nella ricerca storica. “Tutto questo nel solco della lezione di Eduardo, prima, e di Luca, poi, che non hanno mai tralasciato, quale attitudine privilegiata nel loro lavoro, un costante impegno alla creazione di occasioni concrete di dialogo tra le diverse generazioni, impegnate in scena e per la scena”. 

Lo spettacolo è prodotto da ElledieffeTeatro di Napoli-Teatro Nazionale, ha debuttato nell’ottobre scorso al Teatro San Ferdinando ed ha purtroppo dovuto soffrire l’immediata interruzione della programmazione per la chiusura dei teatri dovute alle disposizioni governative anti-Covid. Le scene sono di PaolaCastrignanò; il disegno luci di PietroSperduti; il suono di MarcoD’Ambrosio; i costumi di SaraMarino; le foto di scena di MarioSpada. Collaborazione alla drammaturgia AntonioPiccolo

«Faccio parte di una generazione nata tra le macerie del grande Teatro – conclude Lino Musella– e che può forse solo scegliere se soccombere tra le difficoltà o tentare di mettere in piedi, pezzo dopo pezzo, una possibilità per il futuro, come ermeticamente indicano quelle parole incise nel Teatro di Eduardo, che in realtà suggeriscono un’azione energica e continua. Questo grande artista è costantemente impegnato a ‘fare muro’ per smuovere la politica e le Istituzioni e ne esce spesso perdente, in parte proprio come noi in questo tempo, ma anche da lontano non smette mai di alzare la sua flebile, roboante voce e mi piace pensare che lo faccia proprio per noi».