Ode per Andrea Delogu, artista e diva

L’evoluzione del suo personaggio conferma che Andrea Delogu è una grande artista, di quelle che sanno praticare più discipline, tutte compiutamente, come gli artisti d’oltremanica o oltreoceano


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Fare paragoni è un espediente di chi si trova, più o meno volontariamente, a scrivere di una qualche forma d’arte. Devi provare a far capire a chi ti legge cosa Tizio o Caio faccia, e mi rendo conto che avrei anche potuto scrivere Tizia e Caio, tanto per non scontentare nessuno, maledetto patriarcato, e un paragone ti si para lì davanti come una comoda scorciatoia, la imbocchi e arrivi prima dove volevi arrivare. Ovviamente è una forzatura, anche le strade del resto non seguono necessariamente le curve che la natura ci ha già regalato di suo, spesso ci porta addirittura, scusate questo mio reiterare sul fronte urbanistico, fuoristrada, ma noi che scriviamo per raccontare una qualche forma d’arte finiamo sempre per ricorrervi, la prima destra, poi la seconda a sinistra e sei arrivato a destinazione.

Fare paragoni con icone, miti, personaggi inarrivabili, lo dice la parola stessa, è invece addirittura deleterio, dannoso, una sorta di suicidio, per chi scrive, che diventa il più classico degli omicidi/suicidi, dove l’altra vittima è l’oggetto del paragone, la non icona, il non mito, colui o colei che ancora non è inarrivabile e che si troverà, giocoforza, schiacciato da cotanto nome, volevi fare un gesto carino e finisci per rovinare tutti.

Lascerò quindi, almeno in questa parte di questo mio scritto, un paragone dettato magari anche dalla suggestione della recente scomparsa, quel senso di vuoto incolmabile che, proprio perché incolmabile cerchiamo in ogni modo di colmare, anche goffamente, sempre e comunque in buona fede e con tutte le migliori intenzioni, e proverò a concentrarmi solo su colei, perché è di una artista donna che sto per parlare, il titolo dovrebbe avervi già abbondantemente fatto capire anche di chi io intenda parlare, nome e cognome stan lì per quello, seppur il nome potrebbe trarre in inganno il lettore distratto e sprovvisto di tv o device, cui questo pezzo, pezzo sottoforma di Ode è dedicato, Andrea Delogu.

Ora, ho conosciuto Andrea Delogu anni fa, quando lei era la frizzantissima voce di un programma di Radio 2 della Rai che rispondeva al titolo di Sociopatici e io ero un critico musicale di mezza età che dopo un certo periodo di standby tornava a occuparsi attivamente di musica, non lesinando randellate a destra e a manca. L’ho conosciuta prima come voce che parlava alla radio, poi come voce che mi chiamava al telefono, per invitarmi a intervenire nel programma, infine come persona in carne e ossa, quando la mia ospitata al programma è avvenuta di persona a Sanremo 2016, sul track della RAI posto a poche decine di metri dal Teatro Ariston. La cosa che mi ha colpito di più, e so che se conoscete Andrea Delogu per averla vista oltre che sentita potreste mettere in dubbio la totale sincerità di quel che sto per dire, ma vi prego, fidatevi di me, del resto è questo che deve sempre avvenire tra scrittore e lettore, in virtù di un mutuo patto non scritto, io scrivo e voi che leggete mi credete, poco importa che io dica o meno i fatti per come sono andati, dico comunque una verità, la cosa che più mi ha colpito, quindi, è stato quel suo piglio ironico, spigliato, si potrà dire piglio spigliato?, acuto e popoular al tempo stesso, quel suo essere quindi alta, come in effetti è nella vita di tutti i giorni, senza farlo pesare, maschiaccio nei modi, pur senza perdere un briciolo di femminilità, anzi, padrona della scena riuscendo a veicolare messaggi che solitamente da quelle parti, parlo dei canali RAI, attenzione, faticano a trovare ospitalità, figuriamoci a trovarcela più e più volte. Ignoravo, allora, che Andrea Delogu era in effetti tutto questo e molto di più, e lo ignoravo per due semplici e lapalissiani motivi, non avevo avuto modo di constatarlo perché molte delle frecce nella sua faretra non le aveva ancora appoggiate al suo arco e scoccate, e perché quella femminilità non scalfita dal suo atteggiamento da maschiaccio, poi sarebbe magari il caso che spiegassi meglio cosa intendo con questo, in qualche modo mi aveva distratto, occupando militarmente parte della mia percezione di lei.

Avanti veloce. Molto avanti, molto velocemente. Ho appena finito di vedere Divorzio a Las Vegas, film commedia di Umberto Riccioni Cateni che ha appunto per protagonista Andrea Delogu e Giampaolo Morelli, in compagnia di Gianmarco Tognazzi e Ricky Memphis. Ho visto il film, confesso, per curiosità, certo, ma anche amicizia. Negli anni, infatti, Andrea è passata per me dal livello “conoscenza causa lavoro” a quello di amica, e ne sono rimasto estremamente colpito, per motivi che esulano dal film in sé. Che Andrea Delogu fosse una artista poliedrica, infatti, lo sapevo già da tempo, l’ho seguita farsi largo nel mondo della radio, cambiando compagnie e programmi, l’ho vista farsi una posizione di tutto rispetto nel mondo della televisione, dove è scandaloso, lo dico a voce altissima, che non le abbiano ancora affidato un ruolo di primo piano in quel di Sanremo, dove poteva serenamente ambire a affiancare uno dei presentatori che si sono susseguiti nel tempo come quello di condurre il DopoFestival, lei che a Sanremo ha comunque sempre portato avanti il programma di punta in Radio Rai, e ancora più che non le abbiano affidato le chiavi del Concertone del Primo Maggio di Roma, lungi da me buttare sul tavolo un qualche antagonismo con la conduttrice delle ultime edizioni, ma direi che dar spazio a chi se lo è conquistato sul campo senza voler cannibalizzare tutto credo sarebbe stata cosa buona e giusta, l’ho vista accompagnare Marco Giusti in Stracult e soprattutto affiancare i giganti Renzo Arbore e Nino Frassica per il trentennale di Indietro Tutta, una vera e propria investitura al ruolo di starlette televisiva, assai più di quello di aver condotto un Dance Dance Dance, per altro lavoro portato a casa con ottimi risultati sia sul piano della resa che degli ascolti, perché quando a chiamarti sono dei giganti, lì  a trattarti da pari a pari, beh, significa che quel che la gente ha già intuito da tempo, che hai stoffa, è una certezza inconfutabile, da scolpire sulla pietra a lettere maiuscole, l’ho letta nei suoi libri, perché Andrea Delogu ha anche scritto un romanzo, La collina, che racconta sotto forma di fiction la storia della sua famiglia in quel di Sanpatrignano, seppur appunto romanzato, e Dove finiscono le parole- Storia semiseria di una dislessica, libro per la mia famiglia fondamentale, a proposito di dislessia andatevi anche a vedere e sentire il suo TedX, donna dalle mille capacità, libri e tutto il resto che dimostrano come a volte ci siano persone baciate dal talento di saper fare le cose, e di come Andrea sia decisamente una di queste. Che quindi Andrea Delogu fosse una artista poliedrica lo sapevo già da tempo, mi ero perso il suo esordio a teatro, certo, ma sapere che stava girando un film, quando mi ha detto che avrebbe girato un film, non mi ha colto più di tanto di sorpresa, quel che però mi ha colpito è come l’Elena portata da Andrea sullo schermo, non spoilererò la trama, non assomigli affatto a lei, se non ovviamente fisicamente. Entrare nei panni, in un paio di scene anche uscirne da quei panni, la faccenda è nota, se ne è parlato parecchio, anche a ragione, e se siete sui social vi saranno anche capitate sott’occhio le pagine dei suoi adoratori che su quelle scene hanno pontificato, ma entrare nei panni di un personaggio, lasciando fuori dalla porta se stesse è quello che una attrice dovrebbe saper fare. Una cosa che però in Italia ci sfugge spesso, perché i ruoli sono quasi tutti uguali e interpretati sempre dagli stessi attori e attrici, ma vedere questa commedia, e seguire l’evoluzione del suo personaggio mi ha davvero confermato quel che da sempre sapevo, Andrea Delogu è una grande artista, di quelle che sanno praticare più discipline, tutte compiutamente, mettendo del loro, certo, ma andando di volta in volta a mettersi al servizio del programma, del testo, dell’opera che devono interpretare, come in genere siamo abituati a vedere negli artisti d’oltremanica o oltreoceano.

Magari qualcuno potrà dire che il mio sguardo è offuscato dall’affetto e dall’amicizia, e potrebbe anche starci, da amico confesso che il sapere appunto che in un paio di scene del film Divorzio a Las Vegas l’avremmo vista come mamma l’ha fatta e natura l’ha trasformata mi metteva un filo a disagio, proprio perché è un’amica e vorrei continuare a guardarla senza avvampare, cosa già messa a dura prova dal suo modo, certo ironico, di usare i social, ma nei fatti nel corso di questi anni, da che cioè sono stato prima un suo ospite telefonico a Sociopatici, poi di persona a Sanremo, poi lei è stata ospite di un paio di mie interviste video, in una delle quali, per altro, si è presentata indossando una leggera imbragatura di cuoio, sadomaso, così, con leggiadria, come con leggiadria mi ha donato un paio di sue scarpe tacco dodici ai tempi del crowdfunding Monina Sì vs Monina No, “vedrai come si affretteranno a prenderle i feticisti dei miei piedi”, passando per le volte che ci si è visti in contesti istituzionali, dagli altri Sanremo al Primo Maggio stesso a Roma, mai abbastanza, certo, l’ho vista crescere e diventare sempre più potente, a fuoco, artista a tutto tondo, compiuta. Naturale, stesse a me decidere, affidarle Eurovision, che in passato ha condotto come inviata italiana, sarebbe la cosa più naturale, ma ancora più naturale, temo, sarà provare a scrivere qualcosa per lei, un monologo, una piece, qualcosa che possa farle interpretare un altro personaggio, darle ulteriormente modo di farci vedere quanto è brava a fare qualsiasi cosa.

Tornando all’incipit di questo pezzo, i paragoni che non si dovrebbero fare, quelli che possono essere dannosi. Non credo serva qui farne, ho detto quel che avevo da dire, e comunque sì, se mai dovessi fare un nome che penso potrebbe in futuro seguire le orme poliedriche di, beh, non ho proprio dubbi, è Andrea Delogu, artista e diva.