Affronto il destino come un Quokka: come sopravvivere ai tormentoni estivi

Spesso ricorro al mondo animale per non dover realmente affondare il coltello nella carne putrescente di certe opere, sto metaforizzando, e anche di certi artisti

Photo by Matthew.crompton


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Credo anche i sassi sappiano che nutro una certa passione per il mondo animale. Intendiamoci, non sono un esperto del settore, un Durrell lì a cercare di avvistare specie mai viste o scoprirne di nuove, diciamo che mi limito a seguire documentari, e soprattutto quei documentari che fanno vedere animali particolari, simpatici, di quelli le cui caratteristiche possono poi tranquillamente finire dentro uno dei miei articoli, magari per aiutarmi a raccontare un album che ritengo poco interessante dal punto di vista artistico, ma di cui è il caso di parlare perché l’artista che lo firma è comunque sufficientemente mainstream. Come dire, meglio parlare di animali, a volte, che occuparmi di musica, specie quando in effetti la musica non c’è, o è talmente svilita da essere ridotta in fin di vita. So che il tutto spesso suona come uno sfottò, una provocazione, perché parlare di animali che cagano a forma di triangolo, che si mordono le palle, che annegano imbarcando acqua dal culo o le cui femmine fingono di essere morte pur di non farsi fecondare dai dolorosi peni spinosi dei maschi della loro razza è in effetti qualcosa che risulta indubbiamente irrituale, anzi, irriverente, ma è a fin di bene, il bene della musica, fidatevi di un vecchio entomologo.

Quindi sì, nutro una certa passione per il mondo animale, e spesso ricorro a quel mondo per non dover realmente affondare il coltello nella carne putrescente di certe opere, sto metaforizzando, e anche di certi artisti.

Come se all’interno del mio repertorio di pezzi scritti ci fosse un sottogruppo che potrebbe intitolarsi “bestiario musicale”, e prima o poi, lo giuro, mi ci dedicherò in maniera più articolata, anche editorialmente.

Ora, nelle ultime settimane, diciamo da che l’estate è cominciata a essere qualcosa in più che una ipotesi, finalmente il caldo, finalmente la fine del coprifuoco, finalmente la fine delle scuole e tutto quel che ne consegue, il mercato discografico si è intasato di singoli di dubbia fattura.

No, sto sbagliando tutto. Ho parlato di animali che fanno cose bizzarre, e ora parlo come fossi un esperto di artigianato medievale. Non va bene.

Ci riprovo, tenendo ancora un attimo fuori dal discorso gli animali, stavolta sarà loro dedicato il finale, portate pazienza o amici di Quark o di Cortazar.

Prendete un brano.

Un brano che presenti almeno quattro, cinque firme, almeno una delle quali sia possibilmente scelta nel mazzo che contempla Dardust, Federica Abbate, Davide Petrella.

Un brano che presenti almeno un feat, possibilmente prevedendo che se il brano è a firma di un artista pop, includendo nel pop anche l’indie, ormai da tempo annesso d’ufficio, il feat sia di un artista che proviene dall’area urban, intendendo con questo rap e trap, poco cambia, e che, viceversa, se il brano è a firma di un artista di area urban, trap o rap poco cambia, il feat sia si un artista proveniente dal pop, includendo nel pop anche l’indie, ormai da tempo annesso d’ufficio.

Nella tastiera del mio PC, sono un uomo del Novecento, con studi classici alle spalle, non particolarmente bravo con le tecnologie, non trovo quella specie di e rovesciata che ho appreso dalla linguista Vera Gheno si chiama “schwa”, da pronunciare come una sorta di e aspirata, posso sbagliarmi, quella che si usa per intendere chi non si riconosce nei sessi binari o che si usa per indicare un insieme di persone che comprendano tutti i sessi, senza però voler dare al tutto la classica declinazione maschile, quindi, onde evitare il ripetere ogni volta femminile e maschile (o maschile e femminile, perché immagino che la cavalleria in questo contesto risulterebbe comunque sessista) e non volendo ricorrere, Dio me ne tenga alla larga, all’asterisco, ho finto che i duetti siano tutti tra uomini, così ovviamente non sono, figlio del patriarcato che non sono altro.

Proseguo.

Prendete un brano.

Un brano che presenti tra i produttori almeno una scelto nel mazzo che contempla il già citato Dardust, con questo nome o uno degli altri a sua disposizione, DRD, Dario Faini e non ricordo quale altro, Takagi e Ketra, Ketra anche in solitaria, come quando lavora coi suoi Boomdabash, Katoo, new entry, e pochi altri.

Un brano, sto finendo, che si muova su suoni particolarmente ricollegabili a un’idea posticcia e dozzinale dell’estate, quindi suoni sudamericani e latini, lì fa sempre caldo, si saranno detti, reggaeton su tutti, recentemente anche un rock ‘n’ roll vagamente surfeggiante, alla maniera californiana, forse perché dopo la fine della guerra, vedi alla parola “pandemia”, il rock ‘n’ roll ha storicamente funzionato, poco conta che sia lavoro fatto col culo, mica vorremo star qui a sottilizzare.

Un brano, e qui chiudo davvero, che parli di mare, notte, spiaggia, roba da bere, possibilmente citando il tipo di cocktail, posti esotici, amori che magari finiranno, ma al momento son tutta passione, il tutto condito da e rigorosamente pronunciate con gli accenti sbagliati, Milano in questa ha fatto più danni che con le apericene, e parole sbrecciate come a pronunciarle fosse un figlio illegittimo tra Alessandro Borghese e il Tomas Millian doppiato da Ferruccio Amendola, quando faceva il Monnezza.

Ok, un brano di che artista?

Volete davvero nomi?

Beh, sempre gli stessi, in un turn over piuttosto serrato, e con un incrocio degno di certi calciomercato particolarmente votati alle plusvalenze. Rocco Hunt che duetta con Ana Mena, che aveva duettato con lo stesso Rocco Hunt, ma prima ancora con Fred De Palma, che però quest’anno duetta con , Giusy Ferreri che canta per Takagi e Ketra, Baby K che stavolta duetta coi Boomdabash, che prima avevano duettato con Loreadana Bertè, quest’anno con Emma, e poi con Alessandra Amoroso, quest’anno a casa, ma l’anno prossimo vedrete, che si prende San Siro, spodestando il Boss, Annalisa, che in passato ha duettaco con Benji e Fede che si accasa col solo Fede, al secolo Federico Rossi, Nina Zilli con Clementino J Ax che duetta con Jake La Furia, prima a fianco di Guè e DonJoe nei Club Dogo, poi di Emis Killa, Noemi che duetta con Carl Brave, che aveva duettato con Francesca Michielin e Fabri Fibra, Fedez addirittura con Achille Lauro e Orietta Berti (questo è il blockbuster dell’estate 2021 insieme a Boomdabash e Baby K, è un fatto).

Discorso a parte meriterebbe la già citata Francesca Michielin, che alla ricerca di se stessa ha duettato con chiunque, forse anche con me, e che questa estate tiene compagnia a Samuel, momentaneamente orfano dei Subsonica e dell’ispirazione, e Gaia Gozzi, che dà vita a uno di quei duetti posticci con star straniera che sa tanto di progetto fatto a tavolino, stavolta invece che il solito Pitbull, titolare credo di mille feat, le tocca Sean Paul. A chiudere il cerchio, non certo magico, le libere battitrici e i liberi battitori come Elettra Lamborghini, Madame, SanGiovanni (gli altri di Amici, converrete, hanno nomi troppo del cazzo per citarli) e quel Gianni Morandi, coadiuvato da Jovanotti e da un quantomai ectoplasmatico Rick Rubin, di nome e vai a sapere se anche di fatto. Di Ornella Vanoni soggiogata da Colapesce e Dimartino, in questa spero non nuova tendenza a duettare con gli artisti anziani, ho già scritto, non fatemici tornare sopra.

Manca giusto Alvaro Soler e il tipo di Despacito, che in realtà ci sarebbe pure Alvaro Soler, ma sembra che questa invasione di tormentoni italiani almeno questa piaga ce la faccia evitare.

Ok, avete preso questo brano, questi brani. Li avete magari anche ascoltati.

Ecco, di fronte a tutto questo, mi sono chiesto, che animale o gruppo di animali avrei mai potuto tirare in ballo. Scelta difficile, difficilissima, perché non credo ne esista una talmente iconica da racchiudere tutto questo, e anche esistesse, sarebbe da augurarle una subitanea estinzione, come per i Dodo proprio da Durrell scoperti.

Non avendo quindi un animale capace di raccontare tutto questo, ma non volendo addentrarmi in discorsi musicali, non ne vale la pena, anzi, sarebbe proprio avvilente, non mi è rimasto da far altro che cercare un animale che potesse in qualche modo rappresentare me, sì, me, il critico musicale integerrimo, di fronte a tutto questo, e ancora una volta la natura e il mondo degli animali mi sono venuti in soccorso, salvandomi.

Scorrendo l’elenco dei singoli che stanno uscendo, quell’elenco impietoso di nomi, di feat, di produttori, di titoli, non posso che assumere, in fondo mi voglio molto bene, l’espressione poco lucida e al tempo stesso felice, di quella felicità tipica di chi non è sufficientemente intelligente, e vive tutto con leggerezza inconsapevole, di stupidera. Ecco, io, adesso, mentre scrivo, sono un Quokka, il marsupiale australiano considerato a ragione l’animale più felice del mondo, quello che se andate a cercarlo su Google Immagini vedrete in posa per tanti selfie, lì, sorridente, inconsapevole, felice, stupidotto. Sono anche io disponibile a farmi tutti i selfie del caso, se mi incontrate chiedetemeli. Almeno per questa estate non intendo opporre resistenza, non potrei mai vincere, preferisco sorridere in balia della stupidera. W le hit estive, quindi, e soprattutto w gli quokka.