La morte di Syd Barrett arriva come quelle novità sulle quali siamo preparati. Il parente straziato da una malattia, la povera vittima di un incidente, il destino già scritto come infausto. 60 anni sono pochissimi, e pochissime sono le primavere sulle spalle di Syd quando compare negli Abbey Road Studios quell’ultima volta, insieme agli elementi della sua creatura, quando fa un ultimo tentativo di partecipare alle registrazioni dell’album Wish You Where Here.
La storia è nota a tutti: nel 1975 i Pink Floyd stanno registrando uno degli album più belli della storia della musica. Nella sala regia compare un ragazzo fuori forma, senza sopracciglia né capelli, con lo sguardo assente. Sette anni prima c’è stato quel maledetto split, con l’uscita di scena dalla band del suo fondatore. Ora Syd è di nuovo con i suoi vecchi compari, che stentano a riconoscerlo. Lui tenta di inserirsi nel progetto: “Quando faccio entrare le chitarre?”. Loro, però, hanno già finito.
Syd Barrett scompare nel nulla e i Pink Floyd non lo vedranno più, ad eccezione di Roger Waters. Nel nulla, Syd, ci rimane fino alla sua morte. 60 anni sono pochissimi, e lui in quei pochissimi giorni che gli sono rimasti è tornato a vivere a Cambridge, nella sua casa di sempre al numero 6 di St. Margareth’s Square. Dipinge, Syd, mentre qualcosa lo divorerà fino alla fine. Si parla di tumore al pancreas, c’è chi parla di diabete, c’è chi dice che la morte sia arrivata a seguito degli eccessi con le droghe.
Sì, perché la storia di Syd Barrett è quella di un uomo diventato il demone di se stesso. Negli anni d’oro il suo stato mentale peggiora progressivamente fino a diventare un problema per il suo stesso progetto. Lui, il fondatore dei Pink Floyd, si ritroverà ad assistere a un loro concerto dalla parte del pubblico, fuori dal palco per decisione unanime. In quel 18 marzo 1968, da sotto quel palco di Richmond, la morte di Syd Barrett è in progressivo avvicinamento.