Che sia ripartenza, io a Mancini e Morandi preferisco Elisa Bonomo e Chiara VIdonis

So di essere poco obiettivo, o di risultare tale, ma credo che Chiara sia una eccellenza della nostra musica, al pari di Elisa, due forze della natura dotate di un talento compositivo fuori dal comune


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Spero abbiate apprezzato che non ho ancora parlato praticamente neanche di sfuggita di calcio, e nello specifico degli Europei e della nazionale di Roberto Mancini, non che mi sia mancata occasione.

Non è stato un gesto di generosità, lo confesso, se non intesa egoisticamente verso me stesso.

Sarebbe infatti stato più forte di me, sono di Ancona e tifo Genoa, lui è di Jesi e è stato una bandiera della Samp, non ne sarebbe potuto uscire niente di buono. Metteteci pure che il calcio contemporaneo mi fa orrore, che non conosco praticamente nessuno o quasi tra quelli convocati, giusto Immobile, Insigne e pochi altri, che rigetto con tutto me stesso qualsiasi spirito patrio, le bandiere mi fanno anche più orrore del calcio moderno, anche quando si parla di calcio, che ho considerato il gesto di non inginocchiarsi, prima, e la dichiarazione di farlo poi in solidarietà non con coloro a cui quel gesto era rivolto ma a chi quel gesto avrebbe fatto, il Belgio, l’esternazione di ignavia più potente che un gruppo di gregari in assenza di campioni potesse concepire, ignavi, gregari e anche piuttosto ignoranti, se è vero che uno dei pochi laureati del gruppo, capitan Chiellini, parla di nazismo invece che di razzismo, ma tutti hanno parlato solo della favola del gruppo di gregari che ha un grande cuore, questo del resto è lo storytelling che ha accompagnato le fasi iniziali degli Europei, e, in conclusione, che questo fatto che per vedere tutte le partite avrei dovuto pagare di nuovo Sky, ecco, metteteci tutto questo e avrete di fronte il quadro completo, un quadro che mostrava in maniera ineludibile come parlare di calcio sarebbe stato per me voler parlare male del calcio, e farlo mentre tutti di colpo si appassionano di calcio avrebbe voluto dire fare ancora una volta a parte del bastian contrario, quello che mentre tutti tifano Maneskin spendono parole pregne di lodi per i ragazzi islandesi, quella roba lì.

Quindi non ne ho ancora parlato, e spero che almeno per questo mi vogliate un po’ più bene del solito. Spero tornino a casa bastonati a dovere, non li trovo di valore come calciatori né come persone, del resto non trovavo neanche che fossero di valore i suddetti Maneskin, c’è anche caso che il mio guardare con ostilità qualcuno gli porti fortuna, non lo escluderei a priori, preparate lo champagne.

Certo, ne ho appena parlato dicendo che non ne ho ancora parlato, usando un trucchetto da quattro soldi, ma nei fatti non ho detto nulla di specifico, non ho parlato di Bastoni, di Jorginho e del suo rapporto irrisolto con Mandorlini, vi rendete conto, Mandorlini?, non ho parlato delle Meches di Mancini né di come la campagna pubblicitaria della nostra regione, mia e sua, affidata a lui come testimonial sia stata riconosciuta dall’Unesco come una delle più immani cagate di sempre, affidata a un grafico incapace di cogliere l’ovvietà che se usi un lettering trasparente su un fondale scuro non potrebbe leggere quell’EMOZIONARE neanche uno di quegli strani supereroi dotati di supervista, lasciando che lo slogan rimanga un andreapazienziano “Marche. Pronti a farti.”. Del resto, le Marche hanno Acquaroli come presidente, mica potevamo pretendere un barlume di lucidità.

Quindi, no, niente calcio.

Niente nazionale.

Niente Mancini.

Eppure parlare di calcio, oggi come oggi, sarebbe dovuto essere quasi un obbligo, come fare la foto al primo giorno passato sul lettino in spiaggia, il costume in primo piano, i piedi a fare da mirino, il mare sullo sfondo, o come la condivisione di un meme particolarmente fortunato quando certi meme fortunati diventano virali e fondamentali per sentirsi parte di un tutto.

Sì, perché se davvero vogliamo parlare di ripartenza, di rinascita, vogliamo, in poche parole, ipotizzare che tutto riprenda il solito corso, quello cui eravamo abituati prima della pandemia, magari con qualche piccolo accorgimento in più e qualche piccola zavorra in meno, un anno e mezzo di isolamento e immobilismo mica lo lasceremo passare invano, no?, ecco, se davvero vogliamo parlare di ripartenza non vedo come non si possa ripercorre quei sentieri sicuri e ben segnalati che così tante volte abbiamo battuto in precedenza, certi che come quando si va in bici, due colpi ai pedali, un minimo di sbandamento e poi zac, ecco che tutto torna alla mente, tutto riprende secondo le regole.

Cosa ci mostra quel sentiero?

Semplice, due grandi classici, intorno ai quali sono ruotati sin dal tempo dei tempi i discorsi fatti nei bar, prima, nei social poi, calcio e figa.

Ci avrei potuto mettere anche i motori, è vero, ma non ho grande interesse verso le auto, ho sempre trovato noiosissima la Formula 1, dedicato il minimo sindacale del mio tempo alla scelta della mia “prossima macchina”, sempre destinata a rispondere a certi requisiti fondamentali: sette posti, grande bagagliaio, pratica da guidare e non troppo bassa, quindi niente motori, solo calcio e figa.

E siccome ho scelto, per il vostro bene e anche un po’ per il mio, di non parlare di calcio, così da evitare di trovarmi a vestire i panni del Cavaliere Mascherato, e di conseguenza del gigiproiettiano Cavaliere Nero, eccomi che non mi rimane che parlare di figa.

Solo che parlare di figa oggi, converrete, è forse anche più ostico che parlare di calcio non provando nessun trasporto per Barella, Berardi e Mancini.

Perché la parola figa, parola sgradevole, da un punto di vista fonetico, urticante, da un punto di vista semantico, impraticabile, da un punto di vista sociale e etico, è stata comunque messa al bando dal tribunale del politicamente corretto, anche con una certa ragione, indicare le donne con la parola gergale atta a indicarne i genitali è faccenda sgradevole, sessista, figlia di una visione patriarcale del mondo, roba appunto da bassa macelleria, e perché associare donne a calcio e motori, volendo, è anche peggio, come se si parlasse di interessi legati a una forma di intrattenimento, fosse anche un intrattenimento vagamente circondato da un’aura sacra, avete presente tutti di come certa gente parli della propria squadra del cuore, Califano, grande esperto di figa, anche al calcio e la tifoseria ha dedicato almeno un paio di canzoni precise come bisturi in mano a un neurochirurgo di prestigio.

Quindi no, non va bene neanche questa opzione, non rimane che occuparsi ancora una volta di musica, questo passa il convento. Anzi, della musica che passa il convento, quella cioè che rischia davvero di diventare la colonna sonora di questa estate di ripartenza.

E siccome si parla, appunto, di ripartenza, non si può che partire proprio da chi la parola ripartenza la reitera come un mantra per tutta la durata della canzone, leggi alla voce Gianni Morandi nostro, che per una volta si affida alle cure sapienti di Jovanotti, come autore, e di Rick Rubin, al fianco di Jovanotti stesso come produttore. Lo so, lo so bene, dire che Rick Rubin ha prodotto Gianni Morandi vi avrà fatti partire per un trip di quelli da cui a fatica si farà ritorno, ma così è, o così ci hanno raccontato (Morandi ha un pochino rivisto la cosa, sui social, dicendo che la canzone gli è arrivata neanche una settimana prima dell’uscita, e che ci ha lavorato al volo a Milano con Pinaxa, Rubin non pervenuto). Un rockino surfino divertente e ruffiano, L’Allegria, questo il titolo, con un gioco di parole che non spoliero ma è destinato a diventare a suo modo un classico (un classico trash), questo nonostante non sia entrato neanche tra i primi cento posti in classifica a settimane dalla sua uscita. Una roba che potrebbe entusiasmare un Quentin Tarantino, quello il genere, del resto erano mesi che dicevo che questa sarebbe stata l’estate del ritorno di quel rock’n’roll lì, quello del dopoguerra, quando l’Italia ha scansato le macerie e iniziato a costruire il proprio boom. La pensano alla stessa maniera anche Fedez e Achille Lauro, è evidente, che hanno chiamato a certificare il tutto un gigante di quell’epoca, lontanissima invero da ogni idea di rock ‘n’roll, come Orietta Berti. La loro Mille è il corrispettivo ggiovane di L’Allegria, con loro due, uno con le e messe a cazzo, alla milanese, l’altro biascicato come un coatto quale è, parlando di sesso e droghe, mentre lei svetta col suo candor. Sempre swing e surf, solo un po’ più mascherato e un ritornellone oriettabertiano che più oriettabertiano non si può.

L’idea che nel 2021 si ricrei la nostra dicotomia, altro che Beatles vs Rolling Stones, cioè Morandi vs Orietta Berti, fa tenerezza, e solo il cinismo di un Cristiano Ronaldo che alla conferenza stampa prima di Portogallo Ungheria blasta la Coca Cola facendola crollare sul mercato, lo slogan di Mille è basato sul concept, Dio perdonami, “labbra rosso Coca Cola” ci salva in corner. Nei fatti Mill è prima e L’Allegria non pervenuta, come avrebbe mai potuto il settantasettenne Morandi sconfiggere la di un anno più anziana Orietta Berti, visto che lui si è affidato a un altro matusa come Jovanotti mentre lei a Fedez e Achille Lauro? Nessuna partita, era evidente.

Certo, intorno è tutto un florilegio di reggaeton e brani latini, fare l’elenco è quasi avvilente, una serie di duetti e feat da far paura, perché paura fanno le canzoni che ne sono sortite. Roba che ti viene da riesumare la salma di Bruno Martino e convincerlo da morto che vedere cadere mille petali di rose è quello cui dovremmo tutti ambire, l’estate è una cosa indegna, se questa ne è la colonna sonora.

Fortunatamente lo sguardo attento può sempre poggiarsi altrove, e l’altrove su cui vi consiglio di poggiarlo, lo sguardo, è appunto Altrove, di Elisa Erin Bonomo, secondo singolo di avvicinamento al suo nuovo album, atteso per l’autunno. Un brano nel quale la cantautrice veneta guarda al resto del mondo, si apre cioè a sonorità decisamente più world di quanto non abbia fatto in precedenza. Qui trovate il video, https://youtu.be/wa5oH5XVdF8. E visto che di Elisa Bonomo vi avevo parlato tempo fa, a proposito di un suo ritorno sulle scene, in compagnia di una collega che a sua volta stimo tantissimo, Chiara Vidonis, impegnate nel duetto di Nuvola, eccomi a suggerirvi anche l’ascolto del ritorno sulle scene di quest’ultima, un ritorno che ho atteso letteralmetne con passione per qualcosa come sei anni. Il suo nuovo brano, una delizia per le orecchie e per il cuore, si intitola Lontano da me, Dio quanto l’ho aspettata. So di essere poco obiettivo, o di risultare tale, ma credo e lo credo al punto di giocarmici il nome e la faccia, che Chiara sia una eccellenza della nostra musica tutta, al pari di Elisa, due forze della natura dotate di un talento compositivo fuori dal comune, di una capacità interpretativa di livello e di una originalità tale da giocarsela coi classici dis empre. Lontano da me potrebbe essere un brano del più ispirato Graham Nash, per leggerezza profonda, qui potete ascoltarlo https://www.youtube.com/watch?v=gXhre0kflJU. Insomma, una salvezza c’è,  altrimenti potete sempre farvi andar bene Elettra Lamborghini e la sua Pistolero, quella per accompagnare la frittatona di cipolle con birra fredda e rutto libero credo vada benissimo.