Una Donna Promettente, la vendetta di Carey Mulligan nel film da Oscar di Emerald Fennell

Vincitore di un Oscar per la sceneggiatura originale, il film d'esordio alla regia della britannica Fennell è un'opera controversa che chiama in causa lo spettatore parlando di temi scottanti, violenza sessuale, rapporti di genere, maschilismo

Una Donna Promettente

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Arriva finalmente nei cinema oggi Una Donna Promettente, esordio alla regia di Emerald Fennell, finora nota come sceneggiatrice (la serie Killing Eve) e attrice – è stata Camilla Parker Bowles nella serie The Crown. Il film ha ottenuto grande notorietà grazie agli ultimi premi Oscar dello scorso aprile, con ben cinque nomination, una statuetta per la sceneggiatura originale alla stessa Fennell e una storica candidatura femminile alla regia, categoria in cui a vincere fu un’altra donna, la Chloé Zhao di Nomadland.

L’attesa è stata anche più lunga del previsto perché nello scorso maggio, quando Una Donna Promettente sarebbe dovuto uscire, la Universal decise di posticiparne la distribuzione a seguito delle proteste legate alla scelta di far doppiare a un uomo il personaggio interpretato dalla transgender Laverne Cox (Orange Is The New Black) – il rinvio è servito appunto per far ridoppiare la sua parte.

Non è questo l’unico elemento problematico di un film divisivo che parla frontalmente di temi scottanti, violenza sessuale, rapporti di genere, maschilismo, una “cultura” della violenza che soggiace sotto l’apparenza della civiltà e delle buone maniere. Scegliendo, per raccontarlo, il punto di vista fieramente parziale della donna protagonista della storia.

Cassandra (Carey Mulligan, anche lei in nomination per una interpretazione non semplice) in un certo senso non è nemmeno la protagonista. Non è lei ad aver subito uno stupro, bensì l’amica del cuore Nina, negli anni degli studi alla facoltà di medicina. Nina fu violentata da un compagno di corso davanti a tutti gli amici durante una festa in cui lei era troppo ubriaca per poter dare il proprio consenso. E dopo la tragedia cadde in depressione finendo per morirne. Anche la vita di Cassandra – il cui nome non è casuale – uscì sconvolta da quell’esperienza, con l’abbandono dell’università – è lei la studiosa “ragazza promettente” del titolo – e una esistenza interamente votata a una sola missione: vendicare quanto accaduto a Nina.

Cassandra, che ormai giunta ai trent’anni ha un modesto lavoro in una caffetteria e vive a casa coi genitori –  con loro grande sgomento –, quasi ogni sera va per locali fingendo di essere completamente ubriaca. C’è sempre un “bravo ragazzo” di buon cuore che le si avvicina chiedendole se vada tutto bene: ma sempre si tratta di gente che cerca di approfittare della situazione, almeno fino a quando, rendendosi conto che Cassandra non è alticcia, sono messi dalla donna di fronte alle loro responsabilità e alla loro mediocrità.

La situazione prende una piega più decisa quando Cassandra viene a sapere che Al (Chris Lowell), il colpevole della violenza, sta per sposarsi. A quel punto Cassandra medita una vendetta in grande stile, fingendo di essere l’attrazione speciale femminile dell’addio al celibato di Al e dei suoi amici. Nel frattempo incontra anche un vecchio collega dell’università, ora pediatra, Ryan (Bo Burnham), sinceramente innamorato di lei. Potrebbe essere l’occasione per ricominciare un’esistenza normale, come persino la madre di Nina l’invita a fare. Ma forse anche Ryan, come tutti gli altri uomini, è destinato a deluderla.

Una Donna Promettente è un film di parte: lo si percepisce sin dai titoli di testa, in cui si vedono a ralenti un gruppo di uomini in un locale, ballare laidi, volgari, sudati, ossessivamente a caccia di una preda per la notte. Il film li vede con lo sguardo della protagonista: e non sarà un caso che il primo ad abbordare Cassandra è un tizio con la faccia pulita di Adam Brody, il Seth Cohen di The O.C., insomma l’esemplare tipo nell’immaginario del bravo ragazzo sensibile, che in realtà nasconde tutt’altro. La Fennell però amplia il suo sguardo oltre l’universo maschile, puntando il dito contro una cultura condivisa che non riguarda solo gli uomini. La violenza di Nina, infatti, è stata “dimenticata” e quindi giustificata, sia da un’altra studentessa dell’epoca, che Cassandra incontra per porla di fronte alle sue fasulle giustificazioni (non fanno che dire tutti quanti che “eravamo ragazzi”), sia, addirittura, dalla preside di facoltà, che all’epoca minimizzò l’accaduto.

Una Donna Promettente procede in maniera quasi didattica, con un rivolgimento finale che ha il sapore di quelle soluzioni di sceneggiatura scritte per essere fin troppo esemplari e memorabili. Eppure il film riesce nel suo intento, che è quello di narrare una storia sgradevole che sotto i colori sgargianti di una commedia pop nasconde l’anima seria di un thriller che chiama in causa lo spettatore. Sarà anche per questo che, quasi sempre, Cassandra è al centro dello schermo: sia perché si autonomina coscienza morale del racconto, sia perché, in qualità di soggetto principale dell’inquadratura, diventa impossibile per lo spettatore non incrociarne lo sguardo e fingere che non esista, lei e il tema di cui si fa portatrice.

Ed è esattamente qui il dato più fortemente politico del film di Emerald Fennell, nel ribaltamento della gerarchia della visione: in cui a una protagonista motore della storia che non si vede mai e di cui tutti dimenticano persino il nome (Nina), ne corrisponde un altro, Cassandra, che è impossibile non vedere, dato che occupa quello spazio che i maschi credono loro di diritto.