I giornali hanno scoperto l’ultima frontiera della ferocia umana, nuovissima perché l’hanno scoperta, in realtà vecchia come l’uomo. È la tendenza a risparmiare sulla sicurezza che origina sfracelli, si tratti di una funivia al Mottarone o del macchinario di una fabbrica che risucchia una ventiduenne operaia. Pratica vecchia come il mondo. Uno dei miei primi servizi, da cronista giudiziario, riguardò un caso di lavorante in uno zuccherificio fatto a pezzi da un impianto con manomissione degli strumenti di sicurezza: tutti assolti i responsabili, come da richiesta dello stesso pubblico ministero: “Una tragica fatalità”.
Tragica di sicuro, fatalità non tanto. Anche della funivia al Mottarone si era pensato a uno scherzo del destino, parendo troppo orribili tutte le altre ipotesi. Invece bastava pensare il peggio, come spesso è il caso, bastava la pista più semplice, da giallo di quart’ordine, la proprietà che disapplica il freno di emergenza per fare più soldi, sapendo che l’impianto è già pericolante. Così che la morale gesuitica può maledire il profitto, dire che è stata compiuta una carneficina di 14 persone in nome del profitto. Ma il profitto che c’entra? La sua demonizzazione è un rigurgito della morale clericocomunista o socialfascista, che è lo stesso. Profitto è il ricavo, giusto, meritato, di chi intraprende e rischia, mentre qui siamo al crimine, in forma organizzata. Se poi si vuol sostenere che ovunque ci sia una intrapresa c’è un profitto e ovunque sia profitto c’è morte, allora non resta che concludere che tutto, incluso lo Stato, diventa una entità luciferina, con il che si torna all’anarchismo più incontrollato e ottocentesco. Di vero c’è che nel postcapitalismo deregolato che cresce nella selva di regole inutili, delinquere a livello sistematico è pratica comune, imperniata su una matrice sostanzialmente criminale vecchia come il mondo ma oggi più tollerata anche perché geneticamente modificata con la politica dei permessi e dei controlli.
Dite che non esiste profitto senza stragismo? La manomissione degli impianti di sicurezza è altra cosa dal guadagno e chi gestiva lo sapeva benissimo e aveva messo in conto le conseguenze. Al punto che hanno tutti mentito fino a quando, messi alle strette, gli è stato consigliato di confessare, soluzione dettata non da rimorso tardivo ma da una precisa strategia difensiva. Per limitare i danni, insomma. Da qui, la riumanizzazione dei boia, “non dorme più, è molto provato”, il pentimento annunciato, “me la vedrò con Dio”, chissà la richiesta di perizia psichiatrica, all’insegna del “non sapevano quel che facevano”. Per guadagnare tempo, oblio e sconti di pena.
Fai il male e se ti va male menti, definisciti vittima, fai il pazzo; poi, se tutto è inutile, dì che ti penti: per un po’ ti malediranno, rifiuteranno il perdono, ma alla lunga, debitamente addestrati, cederanno perché gli converrà e perché la nostra cultura del crimine umanitario ha bisogno di crederci pur di tirare avanti. La malapianta umana non la raddrizzi, così è nata e così resta. Alcuni provocatori francesi, a quanto pare, sono riusciti a esultare via social per questa sciagura, ma sarebbe assurdo concludere che tutti i francesi sono infami: le miserie dell’umanità stanno ovunque e la Rete le fa sgorgare. Ci sono, da sempre, mostri che diventano feticci sessuali come i giovanotti che squartano i genitori, e ci sono cannibali che distruggono mogli e figli, e poi gli stupratori seriali, da elicottero, da villa dei sette peccati, che possono andare avanti anche degli anni e tutti lo sanno e nessuno muove un dito. Poi, quando li fermano, il gioco è scoperto: lasciar ribollire l’indignazione un po’ sul qualunquista, e successivamente cominciare a instillare qualche dubbio, qualche rilettura, mah, in fondo anche lui era un buono, uno vittima di se stesso, delle circostanze, perché negargli una seconda occasione? E gliela danno, ma non serve.
Profitto male dell’uomo, ma senza profitto non fai le cose meravigliose che ti fanno vivere, non inventi l’automobile e il computer, non passi dalla caverna alla casa “intelligente”, non voli a millecinquecento metri di altezza in una funivia. Possibilmente rispettando il diritto dei turisti a non lasciarsi spiaccicare. Non chiamatelo profitto, chiamatelo avidità, crimine, irresponsabilità, impunità ma non profitto: il profitto che fa schifo è quello del calciatore Donnarumma che rifiuta un ingaggio da 8 milioni a stagione parendogli poco; sono i 37 milioni annui per Ronaldo, più i 43 che gli vengono da Instagram per farsi i selfie. Sono le ciabatte orrende, di plasticona, di Chiara Ferragni vendute a duemila euro, solo una delle molteplici attitudini affariste dei cosiddetti Ferragnez, che la sinistra ha adottato quali paladini delle minoranze e dei quali l’Espresso svela gli altarini affaristi, di una avidità spaventosa.
Sono tante altre cose perfettamente regolari ma non per questo meno rivoltanti. Volendo, è anche quello di chi va all’Isola dei famosi per giocare al Neanderthal, ma non è un gioco, gli frutta diecimila euro la settimana per alimentare il gossip più puttanesco. Eppure c’è gente che vive di quello, che ne fa un lavoro a tempo pieno, cioè non lavora. Nell’ammirazione generale di milioni che vorrebbero essere al loro posto. Pare ci sia chi, gestendosi al meglio, cioè dando di sé l’immagine più squallida possibile, abbia fatto incetta di proprietà immobiliari. Sempre pronti a schierarsi contro le discriminazioni, le minoranze, e, ovviamente, il profitto, demoniaco di per sé.
Condivido, caro Del Papa, parola per parola, tranne che per la ferocia. Che in questo caso non mi pare c’entri, c’entrano invece l’interesse, cui sopratutto date le circostanze può essere aggiunto l’aggettivo sordido, e la furbizia cui l’interesse deve appoggiarsi per raggiungere i suoi scopi, ancor più sordidi per l’occasione.
Purtroppo interesse e furbizia sono moneta corrente per gli esseri umani, e non ci saranno mai controlli sufficienti per evitare che, con l’aggiunta del caso, si verifichino tragedie come questa. Ripeto purtroppo.