Finalmente a Teatro. Il Mercadante riapre con “Spacciatore, una sceneggiata” ed ospita 50 lavoratori della Whirlpool di Napoli

Il Teatro Nazionale solidarizza con i lavoratori della Whirlpool di Napoli in lotta da oltre un anno per la difesa del proprio posto di lavoro.


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Finalmente a Teatro. E l’emozione di varcare la soglia del Mercadante di Napoli si è sciolta nei giorni scorsi in un applauso liberatorio e appassionato lanciato da Salvatore Ferrari. Il Teatro Nazionale alza non solo il sipario con lo spettacolo Spacciatore, una sceneggiata, di Andrej LongoPierpaolo Sepe su drammaturgia dello stesso Longoe la regia di Pierpaolo Sepe, ma risveglia le coscienze collettive solidarizzando con i lavoratori della Whirlpool di Napoli in lotta da oltre un anno per la difesa del proprio posto di lavoro. 

Infatti oggi, martedì 18, e domani mercoledì 19 maggio, alle 19.00, saranno ospitati 50 lavoratori del sito industriale di Via Argine in ciascuna delle due rappresentazioni dello spettacolo Spacciatore, una sceneggiatacon la regia di Pierpaolo Sepe. 

In scena fino al 23 maggio, era previsto lo scorso dicembre al Teatro San Ferdinando, nell’ambito della Stagione 2020/2021, diretta da Roberto Andò, fu annullato per le disposizioni anti-covid.

A raccontare la storia d’amore tra una ragazza perbene ed un giovane spacciatore, una compagnia di interpreti composta da Mariachiara Basso nel ruolo di Fidanzata, Ivan Castiglione in quello del Poliziotto, Riccardo Ciccarelli è Spacciatore, Roberto Del Gaudio il Padre, Daniela Ioia la Sposa, Stefano Miglio è Dragon Ball, Daniele Vicorito è Mercuzio. Le musiche e le canzoni sono di Francesco Forni; le scene diFrancescoGhisu; le luci di LuigiBiondi; i costumi di GianlucaFalaschi; aiuto regia è Valia La Rocca; le foto di scena di Guido Mencari; la produzione è del Teatro di Napoli–Teatro Nazionale.

Nell’impianto di Spacciatore, dei canoni, dei meccanismi e dei ruoli protagonisti di “isso, essa e ‘o malamente” come nella sceneggiata popolare, non c’è traccia. Gli interpreti sono figure sbiadite di una rappresentazione che racconta una storia moderna di due ragazzi, lui di periferia e lei ragazza perbene di paese che studia a Napoli, che si incontrano tra i vicoli della città e si innamorano. Sono consapevoli dei rispettivi sogni ma inconsapevoli dei retroscena ambientali in cui, in particolare Spacciatore, interpretato da Roberto Ciccarelli, ha scelto di lavorare e guadagnare in modo facile. C’è sicuramente della sceneggiata quell’alternarsi tra canto e recitazione e il finale drammatico, ma questa volta in chiave di riscatto. 

Le tematiche come l’amore, il tradimento, la malavita – che allora era dedita all’illegalità del contrabbando e adesso si dedica invece allo spaccio di droga – ci sono, ma c’è anche la questione sociale: la fabbrica dismessa, il lavoro che non si trova.  Il padre disoccupato e il figlio che nel quartiere fa il “pusher” e chi come “la Sposa”, interpretata da Daniela Ioia, che a sua volta è vittima taglieggiata dal “poliziotto” corrotto affetto da più “dipendenze”, nei panni di Ivan Castiglione, e lei che poi non è così spietata ma solo innamorata segretamente di Spacciatore a cui offre il lavoro e lo tiene anche in grande considerazione.

Le parti buffe, più comiche ma anche del personaggio un po’ folle che vive ai margini della società ma dotato di grande umanità sono tutte espresse da DragonBallispirato al personaggio dei Mangaa cui dà corpo il bravo Stefano Miglio che abilmente usa diversi registri di voce e di mimica. 

La forte scenografia di Francesco Ghisu, con l’efficacia delle luci di LuigiBiondi, con l’allestimento in un suggestivo capannone industriale, simbolo della fabbrica dismessa che manda a casa i propri lavoratori e non li cerca più mentre l’affiliazione alla criminalità organizzata “non ti risparmia e ti verrà sempre a cercare per eliminarti”. E’ un termine di paragone sociologico interessante ma che non viene sviluppato nella drammaturgia che cerca invece una chiave per combinare, intrecciare e utilizzare diversi spunti suggeriti dalle fiction di malavita ambientate nelle nostre periferie che poi è diventato anche genere teatrale come è accaduto nella costruzione narrativa e drammaturgica di Gomorra di Roberto Saviano e messa in scena dal regista Mario Gelardi. Saranno interessanti i commenti e le reazioni dei 50 operai della Whirlpool che assisteranno oggi e domani allo spettacolo.

E’ sicuramente stimolante che i protagonisti siano definiti con i propri ruoli come “Spacciatore”, “Fidanzata”, la “Sposa”, il “Padre”, il “Poliziotto”, “Dragon Ball”, l’unico ad avere il nome è “Mercuzio”dal personaggio immaginario del dramma di Shakespeare, Romeo e Giulietta. Mercuzio, interpretato da Daniele Vicorito, è l’amico buono di Spacciatore, innamorato anche lui di questa ingenua Fidanzata e che avrà la peggio, come tutti i personaggi buoni del melodramma. Spacciatore per amore di Fidanzata, a cui è stato rivelato da Sposa che vende droga, si tira fuori dal giro su cui cade però la nemesi del Padre, interpretato da Roberto del Gaudio, nel teorema che “la malavita ti verrà a cercare sempre”, e che tuttavia, il genitore, affronta in prima linea il poliziotto corrotto, e cercherà in tutti i modi di riscattare il suo ruolo di padre.

Insomma un melodramma che dura anche tanto, intervallato dagli spunti originali e divertenti del saltimbanco Dragon Ball, e non decolla anche se a guidare lo spettacolo, che diventa l’obiettivo del regista, è quello di stimolare la curiosità di chi è lontano dal palcoscenico da molto tempo. 

«Questo progetto nasce dall’urgenza di riavvicinarci al pubblico – spiega infatti il regista Pierpaolo Sepe – di sollecitare interesse e curiosità anche in chi è lontano dalle poltrone di un teatro da tempo. La sceneggiata vive di una dimensione popolare e di un linguaggio tale da poter coinvolgere anche angoli di una comunità distanti dalle colpevoli traiettorie artistiche, non sempre accorte al dialogo diretto con il mondo cui appartengono. È indispensabile, oggi più che mai, riempire i teatri di tutti i tessuti sociali e ricostruire tutti insieme il senso, da tempo smarrito, della funzione degli artisti e del pubblico. La sceneggiata come punto di incontro, come possibilità reale di raccontare il nostro tempo con la lingua di chi lo abita e lo determina».