L’inganno dei panda, dei pangolini, e il rock salvato dai Funko Pop

Vi spiego come proprio i Funky Pop mi permettano di credere fermamente che il rock goda di buona salute, anche se potrebbe risultare una forzatura


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“Papà lo sai che tra un po’ non potrebbero esserci più panda, che sono animali in via di estinzione?”

Oggi parto da qui. Da queste innocenti parole pronunciate da mia figlia Chiara, dieci anni ancora da compiere. Vedi alla voce “innocenza”.

Il mondo degli animali. Anche non volendo, lo so, la comunicazione funziona così, tocca prenderne atto, io sono legato a doppia mandata al mondo degli animali. Cioè, per quanto io abbia pubblicato una marea di libri, proprio domani esce l’ottantunesimo, e altri tre sono in via di finalizzazione, fuori entro l’autunno, abbia pubblicato migliaia e migliaia di articoli, scritto per la televisione, il teatro, il cinema, fatto radio, fatto un disco, fatto un film, collaborato con non saprei più quanti artisti, vinto premi, resto per molti quello che scrive pezzi sui cantanti parlando in realtà del mondo animale. L’ho fatto, ci sta, ci mancherebbe altro. Ma una volta ho messo la cravatta, una sola in vita mia, il giorno del mio matrimonio, faticherei a essere identificato come “quello con la cravatta”, seppur quello sia uno dei giorni più importanti della mia vita, lo dico tanto per frenare con un solo passaggio che avrebbe alzato il ditino per farmi notare che svilire il giorno del mio matrimonio non è carino e al tempo stesso per azzittire che provasse a dire in fondo vengo ricordato come quello che scrive di animali perché i miei pezzi sugli animali, chiamiamoli così, hanno avuto un notevole successo, il mio pezzo più letto di sempre, a oggi, credo abbia toccato quasi due milioni di views, è un pezzo finto scientifico che parafrasando quegli articoli acchiappaclick tipo “chi mangia Nutella è più intelligente”, “chi è disordinato è più intelligente”, “chi ha il sedere grosso è più intelligente”, articoli finti che in genere prendono le mosse da finti studi di finte  università americane, rovesciava quel canone dichiarando, con tono deciso, che chi guarda le donne col sedere grosso è più intelligente, pezzo ripreso da non saprei più dire quanti altri giornali, tutti seri nel parlarne e nel parlare dello studio cui io fingevo di fare riferimento, ma non è che per questo io sia identificato come quello che scrive articoli sui sederi grossi e su chi le guarda. No, capisco che parlare di cavalli che affogano imbarcando acqua dallo sfintere, di escrementi di piccoli orsacchiotti esotici, di testicoli delle zebre, di stupri perpetuati nel mondo delle libellule, ne cito alcuni, sia decisamente curioso e originale, ma ciò non di meno mi sento a disagio quando mi si associa solo a quello, come immagino capiti a Roberto Angelini, il cantautore romano che vediamo tutti i venerdì accompagnare le gesta di Zoro a Propaganda Live, lì dietro la sua chitarra, spesso ricordato come quello di Gatto Matto.

Ciò non di meno sono quello degli animali, e siccome sono anche quello dei libri, grazie a Dio, mi capita ogni tot di mesi di ricevere una mail, un messaggio, una telefonata di un qualche editore che, scherzando, si intende, ma come diceva la nonna di mia moglie “ride ride intanto accupp’”, cioè “ridendo e scherzando lo hai ammazzato”, mi propone di scrivere un libro tipo “Il bestiario della musica”, dove in sostanza io dovrei scrivere un tot di capitoli su artisti più o meno famosi associandoli a questo o quell’animale, ovviamente questo o quell’animale piuttosto bizzarro, o nell’atto di compiere qualcosa di bizzarro, il cavallo in sé non è affatto bizzarro, ma se io non ne avessi parlato per questa sua misconosciuta caratteristica di imbarcare a sua insaputa acqua dal sedere sicuramente la mia recensione di Dediche e Manie di Biagio Antonacci, pezzo che appunto di cavalli e acqua parlava a dismisura, non sarebbe stato un piccolo cult in seno al mondo dello spettacolo. Intendiamoci, l’idea del Bestiario della musica italiana è figa, qualcosa che, volendo fare quello colto che prova a dare una mano di smalto al proprio mestiere, mi potrebbe dar modo di accostarmi a un Dino Buzzati, o a un Goffredo Parise, nel primo caso inutile star qui a spiegare il perché, nel secondo il riferimento è ai suoi Sillabari, ma che nei fatti finirebbe, lo so bene, per incastrarmi definitivamente nel ruolo, e non credo io sia poi così intenzionato a finire incastrato nel ruolo del Gerald Durrell della musica, capirete che questi miei continui riferimenti colti, per altro spero avrete apprezzato che io abbia citato Durrell e non Darwin, se colti si deve essere tocca farlo con stile, è pur sempre un modo di compiacere la mia autostima, sono uno che ha studiato, che diamine.

Prima di andare oltre, per altro, vorrei anticipatamente rispondere a chi, sempre col ditino alzato, volesse darmi dello sciocco per questo mio vezzo di spolierare le mie idee, i miei progetti, addirittura i miei progetti che dichiaro resteranno incompiuti, gesto che io potrei difendere manifestando una intenzione di democratica generosità, le idee sono di tutti, sono nell’aria, ma che nei fatti non risponderebbe al vero, le idee sono di chi le ha, le idee si pagano. Il fatto è che queste idee di cui parlo, nel corso dell’ultimo anno avrò buttato sul tavolo materiale per non so quanti libri, documentari, serie tv, sono idee mie, e tali restano. Nel senso, certo che qualcuno potrebbe prenderle e farle proprie, non è che scriverle per primi e renderle pubbliche equivalga a metterci su il cappello o il copyright, ma sono mie perché, giorni fa parlavo di matrici e imitazioni, di originali e wannabe, fanno parte della mia poetica, le ho pensate io in questo modo storto che ho di pensare, contorto, illogico, prova a farle tue se ci riesci, son qui che ti aspetto sul divano, in ciabatte, pronto a riprendermele senza neanche alzare gli occhi dallo smartphone sul quale mi sto guardando qualche video. Un bestierio della musica, se mai ci sarà, posso farlo io, è scritto, quindi con buona probabilità o non ci sarà o io potrò finalmente comprarmi quella Harley Davidson che sogno sin da ragazzo.

Tornando agli animali, invece, e più nello specifico ai panda citati da mia figlia, panda che un paio di anni fa abbiamo visto allo Zoo di Berlino, sì, quello di Christina F., mentre dormivano pigri tra i bambu, “i panda stanno per estinguersi perché sono troppo pigri,” ha infatti aggiunto Chiara, senza specificare che nei fatti sono troppo pigri per accoppiarsi, perché suppongo che ancora non sia stata informata che per procreare tocchi accoppiarsi, così a occhio, e perché se anche fosse stata informata, quest’anno a scuola, causa pandemia sono saltati tutti i progetti esterni, compreso quello sull’educazione sessuale, mi sovviene, ma anche lo sapesse, voglio supporre che chiunque le abbia detto che i panda stanno per estinguersi causa pigrizia, abbia evitato di aggiungere nell’accoppiarsi, non perché io sia un retrogrado bigotto che vuole tenere sua figlia all’oscuro dei fatti di questo mondo, figuriamoci, faccio libri e monologhi sul corpo e gli stereotipi legati al corpo e alla sessualità, più perché immagino che questi discorsi siano usciti da un qualche cartone animato o da un qualche filmetto per bambini, e ai miei tempi certi temi non si affrontavano mica così, nei cartoni animati e nei filmetti per bambini. A dirla tutta ai miei tempi certi temi non si affrontavano proprio, mai parlato di sesso a scuola e mai parlato di sesso a casa,  figuriamoci, quel che c’era da apprendere lo si apprendeva da ragazzi più grandi, spesso non esattamente esperti in materia, e magari si contava più che altro su una sorta di istinto animale, ma ci siamo capiti, era solo per dire a voce alta quel che stavo pensando.

Il fatto è che girellando per i social sono incappato su un video di quelli che non possono non incuriosirti, a prescindere che tu sia o meno colui che viene ricordato per articoli in cui artisti piuttosto famosi a vezzi e vizi di animali più o meno noti, il cavallo e il wombato, e che ti venga costantemente chiesto di scrivere un Bestiario della musica, perché sono video curiosi, simpatici, rilassanti, e perché gli animali, a ben vedere, di tutto quello che ci sta capitando da un anno e passa a questa parte sembra gliene importi poco, loro continuano a fare cose buffe e tenere, violentissime e impietose, così, perché sono animali.

Mi vedo quelle piccolissime scimmiettine con gli occhi giganteschi, tipo Mostrino di Madagascar, lì che mangiano un acino d’uva come noi potremmo fare, a fatica, azzannando un bistecca di quelle spesse quattro dita, e mi intenerisco, o guardo un tasso del miele, mica ho scelto a caso questo animale come mio simbolo, che affronta da solo sei, sette leoni, senza manifestare la benché minima paura, anzi, passando decisamente per pazzo ai loro occhi, e ripenso a me che affronto a brutto muso i giganti del sistema musica, spavaldo, trattenendo a fatica un sorriso a trentasei denti. Girellando per i social sono incappato su un video di quelli che non possono non incuriosirti, un video dedicato a un animale dal nome curioso, nome che ovviamente già conoscevo, ma che non saprei ricondurre a una parte specifica del pianeta, non credo di averne mai visto uno di persona, neanche in uno zoo di quello che ospitano, si fa per dire, animali esotici. A occhio potrei dire l’Australia, ma solo perché so che l’Australia è piena di animali strani, basti solo pensare che è da lì che arrivano canguri, koala e ornitorinchi, e che da quelle parti arriva, che so?, il Diavolo della Tasmania, ma siccome siamo nel 2021, e anche chi non ha più un casa I Quindici o Conoscere, io appartenevo alla seconda categoria, sto parlando di enciclopedie diffusissime negli anni Settanta e Ottanta, roba estremamente pop, può serenamente ricorrere a Google o Wikipedia, vado a scoprire che di animaletto che vive nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana si tratta, per altro parente stretto di armadilli, bradipi e formichieri, seppur carnivori, e scopro anche che ne esiste una versione tipica del Borneo, quindi, avendoci fatto un lungo viaggio, con pernottamenti nella foresta primordiale e varie “gite” piuttosto spericolate, capace che ne abbia anche visti, vattelo a ricordare. Il video che mi è capitato sottomano riguardante il pangolino, però, è curioso, perché ci fa vedere questo strano animaletto, ho letto che in effetti è lungo meno di mezzo metro, coperto dalla caratteristica corazza dentata, per capirsi il pangolino è quell’animale che, se attaccato, si appallottola, un po’ come quegli strani insetti che si trovano in estate nelle case di campagna, quelli che da noi, nelle Marche, chiamiamo porcellini di Sant’Antonio, e che in effetti sono classificati come Armadillidium Vulgare, vedi che a associare animali a animali, o animali e cantanti, me la cavo sempre piuttosto bene?, ecco, il video ci fa vedere questo strano animaletto che cammina piuttosto velocemente, la testa in avanti, il corpo che si sviluppa in orizzontale, la coda tesa, come fosse, con la testa, poppa e prua di una nave che solca il mare, solo che nel camminare, il pangolino, utilizza solo le due zampe posteriori, come un uomo. Sì, zoomando sulla parte bassa dell’animaletto, si vede perfettamente che il pangolino è bipede, un bipede strano, perché ha il corpo sviluppato in orizzontale e non eretto, e fa anche piuttosto sorridere vedere che, nel camminare, il pangolino tenga le due zampette davanti strette tra loro, come vedevano fare a un Andreotti, per dire.

Sapendo del suo amore per gli animali, ne disegna a decine, tutti i giorni, e cambia in continuazione il suo animale preferito, una volta il pinguino, una volta il camaleonte, anche a seconda di quel che le capita di vedere, ho mostrato il video a Chiara, e per contiguità agli altri tre miei figli. Tutti se ne sono entusiasmati, al punto che Chiara ha dichiarato che ora il pangolino è il suo secondo animale preferito, credo il primo sia ancora il camaleonte, vediamo quanto reggerà. Poi, presa una pausa di riflessione, e forse ispirata dai pantaloni indossati da sua sorella maggiore, Lucia, pantaloni marroni con su stampate immagini di Panda che impugnano pistole, alla Banksy, ha detto la frase sui panda e la loro prossima estinzione.

Quando scrivo so di passare spesso per cinico. Dico cose anche dure, durissime, e spesso non mi faccio scrupolo nel dirle, non provo empatia nei confronti di coloro di cui parlano, ma quando parlo coi miei figli evito costantemente di esserlo. O meglio, lo sono, in alcuni momenti, ma provando a stemperare il cinismo con l’ironia, perché resto convinto che usare l’ironia per parare i colpi sia cosa buona e giusta, non condivido affatto la stigmatizzazione dell’ironia avvenuta negli ultimi venti anni, ma resto molto empatico. Solo che quando ho sentito mia figlia piccola parlare così non sono riuscito a trattenermi, e con fare rassicurante, ma anche vagamente sarcastico, ho detto: “Stai tranquilla, i panda sono in via di estinzione da quando ero piccolo io, cinquant’anni fa, non credo che sia proprio una cosa di questi giorni”.

Lei, ovviamente, è mia figlia, mi conosce da circa una ventina di minuti dopo che è nata, tanto ho dovuto aspettare prima che me la portassero, mia moglie ha fatto un parto gemellare con cesareo e, a differenza degli altri due precedenti, non ho potuto assistere, non ha abboccato alla mia provocazione, e ha proseguito con la faccenda allarmante della pigrizia, alla base della futura estinzione, ma la cosa mi ha fatto riflettere, per questo ne scrivo.

Perché è vero che ero un bambino molto piccolo quando ho sentito per la prima volta dire che il panda era in via di estinzione, decisamente molti anni prima di poterne vedere uno vero, di panda, e probabilmente il mio sentire questa cosa dell’estinzione era dovuto al mio aver chiesto a qualcuno, ai miei o alle maestre, perché sul simbolo del WWF ci fosse la faccia di un panda, di qui la risposta di rito: è in via d’estinzione. Lo sento dire da quasi cinquant’anni, ma alla fin fine il panda è ancora lì, in piccolo numero, a sbocconcellare pigramente il bambù, in Cina o dove si trova. Non ha fatto la fine del Dodo, per dire, sì, sono stato a Mauritius, ho letto i libri di Durrell, mica lo citavo a caso, conosco il Dodo prima che se ne appropriasse Morellato per i suoi ciondoli.

Questo, la questione dei panda, della loro prossima e ventilatissima estinzione, questa loro pigrizia nel non volersi riprodurre ma forse anche nel levarsi di torno, mi sentirei di aggiungere, mi fa venire in mente la faccenda del rock, dato per moribondo e per morto da almeno venti anni, ma alla fin fine ancora vivo e vegeto, a farci battere il cuore.

Non passa giorno, quasi, che non arriva questo o quell’epigono della storia del rock a dichiarare che no, il malato non passerà la notte o che, tranquilli, una tachipirina e tanto riposo e passerà tutto. E via di dibattiti e commenti.

Io non ho la palla di vetro, non è questo il mio mestiere, occuparmi di cosa ci riserva il futuro. Non so quanti esemplari di panda ci sono al mondo, numero tale da aver indotto ormai decenni fa qualche zoologo a annunciare la prossima estinzione, so che di rockettari ce ne sono ancora tanti, seppur tendenzialmente più sopra la soglia dei cinquanta che sotto, ma vedo anche che ci sono ragazzini e ragazzi che apprezzano il genere, magari attratti più da un Dave Grohl coi Foo Fighters che da Jimi Hendrix, bene così. Fosse anche che ci arrivano dai Greta Van Fleet o dai Green Day nessun problema, ci sarà sempre un Lemmy, un Joe Perry, un Jerry Garcia pronto a accoglierti in un passaggio successivo.

Ci pensavo giorni fa, quando sono capitato per motivi che sfuggono a ogni logica su una pagina che pubblicizzava quegli strani pupazzetti che portano il nome di Funko Pop, avete presente immagino di cosa io stia parlando, quei pupazzi con la testa gigantesca che vengono venduti dentro scatole con una parete trasparente e che riproducono, stilizzati, personaggi noti del mondo dello spettacolo, dello sport e affini. Guardando quella pagina, così, distrattamente, mi sono reso conto che buona parte dei personaggi più riconoscibili, non tanto per me che sono un uomo anziano, uno che cita Durrell e Jerry Garcia, ma riconoscibili in assoluto, perché con tratti più facilmente distinguibili e riconoscibili, al punto che di alcuni nomi, penso a Bowie, a Rob Zombie, ci sono più e più versioni, buona parte dei personaggi più riconoscibili vengono dal mondo del rock, e siccome ho dubbi che questi oggetti siano rivolti a un pubblico di boomer, è evidente che il mercato assecondi le domande proponendo offerte.

Lo so, usare i Funko Pop, dopo essere partito dai panda in via di estinzione e essermi a lungo soffermato sui pangolini e il loro camminare su due zampe per asserire fermamente che il rock gode di buona salute potrebbe risultare una forzatura, e probabilmente la è, ma siccome di pensare che in giro c’è una barbie di Achille Lauro e che qualcuno guarda a lui come a un rockettaro mi immalinconisce, sappiate che sono appena andato su Amazon a comprarmi un Funko Pop di Lemmy, gli occhiali da sole, i baffi a maniglia e il classico cappello da cowboy con le spade incrociate, i quindici euro più appaganti spesi negli ultimi tempi.