Quando gli animali si rivoltano

Gli animali si ribellano al destino che noi, padroni del creato, abbiamo loro riservato


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Joaquin Phoenix in un corto e Sarat Calling con un libro ci ricordano che la questione animalista è alla base di tutte le altre rivendicazioni.

Il toro salta nella cavea e muggisce, agli ebeti urlanti, ubriachi di sangue, la sua disperazione. Chi è l’animale? Chi invoca pietà e chiede una ragione, una qualsiasi, di tanto scempio, di tanta beante idiota crudeltà? Chi alza il capo al cielo, col corpo pesto, insanguinato? O gli spettatori che sono deliziati da questo show inaspettato, da questa ulteriore scarica di adrenalina?

C’è una capretta sull’uscio della macelleria. Io sono seduta sulle scale del portone. Le zampe sono legate, tutte e quattro, in un unico nodo, come i gambi di un mazzo di fiori. Avrò sei o sette anni. Nei paesi, allora, gli animali si macellavano sotto gli occhi degli acquirenti. Il suo belato sommesso, desolato, intermittente, mi strazia. Pian piano, senza farmi scorgere, allento le corde. L’animale in un attimo si libera e inizia la sua fuga, mentre una folla di uomini urlanti la insegue.

Non so se l’ho salvata.

Non credo.

La mucca in fila al mattatoio riesce a fuggire. Vaga per gli spazi urbani, zigzaga tra le macchine, evita i pedoni, e anela, anela. Cosa? La libertà. Il benessere. La vita. Non vuole essere macellata, smembrata. Sa, ha visto, ha odorato la paura, sentito i lamenti. É manifestazione di un istinto, o un atto di resistenza più o meno consapevole? E’ un ‘eccezione alla regola che vuole gli animali come semplici oggetti da sfruttare, quindi supine, quasi compiaciute vittime del nostro antropocentrismo ottuso, o tutti, senza eccezione, cercano di fuggire, di rivoltarsi?

Resistenza animale. Gli animali si ribellano al destino che noi, padroni del creato, abbiamo loro riservato. E di questi episodi parla il saggio “Animali in rivolta” di Sarat Colling (Mimesis), leggendoli non come qualcosa di occasionale, istintuale, che sfocia nell’eccezione e nell’aneddotica, ma come un gesto di resistenza, valido per sé e non solo (è di pochi giorni fa la notizia che alcuni pappagallini organizzati in ‘pattuglie’ andavano ad aprire le gabbia di loro simili).

Cosa siamo noi? Cosa sappiamo noi? Dove inizia la coscienza, la consapevolezza? Il salto è stato drammatico, un aut aut, o la sua comparsa fluisce gradualmente. In senso lineare? O pervade tutto, in diverse forme, non secondo diversi livelli?

Quindi ogni essere a suo modo sente il dolore. Anche il carciofo, obietterà il cretino di turno. In qualche maniera sì, ma occorre pur mangiare.

Ma sappiamo che più il sistema nervoso si sviluppa, più si avverte la paura, il tormento.

Per loro, ha detto qualcuno, la sofferenza è come un rumore bianco, di fondo. Che cosa vuol dire questa sinestesia insensata?

Che ne sappiamo noi, se non che il dolore è dolore sempre, ovunque, e che non lo si infligge a chi può provarlo?

Nessuno può stabilire con certezza un confine tra noi e loro; la sofferenza è una e non varia, il volto stravolto dell’uomo martirizzato si trasforma e si sovrappone a quello del primate legato al tavolo di tortura (ops, esperimento). Identico e forse più puro l’amore, fatto di devozione, e la fame di libertà, il bisogno di compassione che trema in quegli occhi umidi.

Se gli animali non si rivoltassero, non servirebbero tutti quei dispositivi di contenzione adoperati negli allevamenti intensivi, nei capannoni, quei lager tenuti separati dagli abitati, i cui orrori vengono svelati dalle indagini sotto copertura. Cose, già morti, non vivi. Nature morte per il nostro palato. Per i profitti, il lavoro, l’enorme giro di soldi, l’occupazione, la speculazione, cui concorrono e si intrecciano molteplici filiere produttive, non solo la zootecnica, ma il vestiario, il farmaceutico, il chimico, ecc. ecc.

In barba alla giornata dei diritti degli animali, celebrata assieme a quella dei diritti dell’Uomo, il 10 dicembre.

In barba alla dichiarazione dei diritti degli animali dell’Unesco.

In barba all’inserimento di un articolo sulla protezione degli animali nella Costituzione.

In barba alle regole.

In barba alle pandemie, ai salti di specie, all’antibiotico resistenza, alla devastazione del pianeta, alla fame di milioni di persone cui vengono strappate le terre per il pascolo, o alla deforestazione…

Molti movimenti ecologisti, libertari, femministi, stanno ponendo al centro della loro riflessione la questione animalista, come sostrato di tutte le altre, come punto di partenza per focalizzare, a partire dalle radici, il fenomeno dello sfruttamento, della violenza dell’uomo sull’uomo. Perchè ogni volta che si è voluta affermare la supremazia , di un popolo sull’altro, di un sesso sull’altro, di un’etnia sull’altra, si è fatto ricorso alla loro deumanizzazione, alla loro ascrizione all’universo animale. I neri erano scimmie appena scese dagli alberi, gli ebrei erano blatte, topi, insetti. Le donne sono vacche o mucche o scrofe. E quindi è lecito opprimerli, sfruttarli, dando per scontato che è permesso, naturale, sfruttare, opprimere, seviziare gli animali in ogni modo possibile.

Mangiare carne, demandando l’uccisione dell’animale agli operatori del settore, è ancora dimostrazione di ferocia, machismo, potenza. Il malavitoso, il mafioso è carnivoro si pone al vertice della catena, nessuno è più predatore di lui.

Ad oggi il veganesimo- se non anche il vegetarianesimo- viene vissuto ancora come una moda, un vezzo, un fastidio, da ascrivere a una debolezza, dai tratti femminei, o patologici, qualcosa da ridicolizzare o su cui sorvolare, per pensare alle cose serie.

Pensiamo alle cose importanti, queste sono stupidaggini.

Invece sono la base. Lo dicono molti filosofi, molti scrittori, molti intellettuali.

Lo dice chi ha un’anima. E ne ha fatto il suo cavallo di battaglia Joaquin Phoenix, che, indimenticabile, ha voluto dedicare agli altri dannati della terra, l’oscar vinto interpretando uno dei dannati della terra.

E, il 22 aprile, giornata mondiale del nostro pianeta, è stato proiettato Indigo, un cortometraggio che documenta il salvataggio di una mucca e di un vitello da un macello di Los Angeles. Joaquin Phoenix è il volto di questo video, e ci racconta le sue emozioni e quelle dell’animale spaurito e tremante tra le sue braccia. E, mentre i titoli di coda scorrono, si leggono i dati della strage quotidiana su cui galleggia, come una zattera su un oceano di sangue, l’animale uomo:

Si stima che la produzione di carne raddoppierà entro il 2050. Ogni anno vengono macellati 80 miliardi di animali. Questo numero non tiene conto dei pesci. Come potremo allevare 160 miliardi di animali ogni anno? Facendo spazio nelle foreste. Ma abbiamo già distrutto il 50% delle foreste nel mondo, e gli alberi assorbono naturalmente i gas inquinanti”.