Chloé Zhao vince il premio per la miglior regia con “Nomadland” agli Oscar 2021

Un risultato storico per la regista cinese: è solo la seconda donna ad aggiudicarsi questo riconoscimento in 93 anni di Oscar

Chloé Zhao

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Chloé Zhao ha vinto l’Oscar per la miglior regia, ed è naturalmente la prima donna asiatica ad aggiudicarselo, nonché la seconda donna soltanto ad aver ottenuto questo riconoscimento in 93 anni di storia degli Oscar, dopo Kathryn Bigelow nel 2010. Era uno dei premi più attesi, e anche ampiamente pronosticati di questi Oscar 2021. La statuetta si aggiunge a quelle già ottenute dalla regista di Nomadland nella stessa categoria a Golden Globes, Bafta, DGA Awards (il premio del sindacato dei registi), Independent Spirit Awards e tanti altri premi minori.

Alla lista andrebbero aggiunti, per comprendere appieno il successo della regista e di Nomadland, i tanti altri allori ottenuti come miglior film (di cui Chloé Zhao è coproduttrice). A partire da quel Leone D’Oro alla Mostra di Venezia da cui tutto è cominciato (a proposito, la lista di film passati in Laguna negli anni della direzione di Alberto Barbera capaci di issarsi agli Oscar più importanti si allunga, da Gravity a Birdman, Spotlight, La Forma Dell’Acqua, La La Land, Joker, solo per citare i principali).

Chloé Zhao, regista trentanovenne nata in Cina ma di studi americani, ha avuto la meglio su un gruppo di contendenti tra i quali il nome più prestigioso era certamente David Fincher, l’autore di Mank. Accanto a lui il danese Thomas Vinterberg, che si può consolare visto che il suo Un Altro Giro ha conseguito l’Oscar per il miglior film internazionale, Lee Isaac Chung, autore di Minari, uno dei film più apprezzati dai giurati dell’Academy e, infine, Emerald Fennell, la regista di Una Donna Promettente, vincitrice della statuetta per la miglior sceneggiatura originale e altra grande protagonista femminile della serata.

Il momento della premiazione di Chloé Zhao, annunciato in collegamento da Bong Joon-ho

Come è stato tante volte ribadito, infatti, agli Oscar 2021 per la prima volta in assoluto sono entrate due donne nella cinquina per la miglior regia, in una categoria avarissima di riconoscimenti al femminile, che prima di oggi aveva visto solo cinque candidate: Lina Wertmuller nel 1977 con Pasqualino Settebellezze, seguita da Jane Campion con Lezioni Di Piano (1994), Sofia Coppola per Lost In Translation (2004), la già citata unica vincitrice Kathryn Bigelow nel 2010 con The Hurt Locker e Greta Gerwig con Lady Bird (2018).

È il segno di un cambiamento epocale, che il palmarès di questi Oscar 2021 sta confermando. È il segno che tutto quanto l’Academy sta facendo dal 2015 in poi in tema di inclusività, nominando molti nuovi membri votanti tra donne e appartenenti alle minoranze – il numero di donne è raddoppiato, arrivando al 33% del totale degli elettori – comincia a produrre effetti tangibili. È il segno di un (faticoso) processo di cambiamento culturale che riguarda anche gli equilibri tra uomini e donne all’interno dell’industria del cinema.

È il segno, infine dell’importanza del progetto Nomadland e di quanto ci abbia visto giusto Frances McDormand. Infatti è stata lei, dopo aver letto il reportage Nomadland. Un racconto d’inchiesta di Jessica Bruder del 2014 (in Italia pubblicato dalle Edizioni Clichy), a proporlo a Chloé Zhao per trarci un film, certa che in quella vicenda di persone spazzate via dalla recessione del 2008 e costrette a ripensare dalle fondamenta la propria esistenza ci fosse una storia che doveva essere raccontata anche sul grande schermo. Aveva capito che Chloé Zhao era la persona giusta per dirigerlo dopo aver visto la sua precedente regia, The Rider: un film incentrato sulla storia di un moderno cowboy, un racconto crepuscolare ed elegiaco su di un’America interna fatta di paesaggi silenziosi e sterminati, molto vicino allo spirito di Nomadland, col quale condivide anche la scelta di tanti non professionisti nella parte dei protagonisti.

Chloé Zhao si è sintonizzata con naturalezza sulla storia di Nomadland, aderendo alle vicende di queste persone dall’esistenza precaria che si spostano su un furgone da un lavoro saltuario ad un altro, nomadi più per necessità che per scelta. Ha puntato su di una regia intimista, cogliendo la bellezza struggente degli scenari attraverso una fotografia spenta che spesso ritrae la luce incerta dell’alba o del crepuscolo, metafora delle incertezze di un paese passato attraverso un ventennio turbolento.

Chloé Zhao è riuscita a ritrarre lo smarrimento di un paese, componendo un film che tematizza il dolore della perdita, simboleggiato dalla morte del marito del personaggio interpretato da Frances McDormand. Nomadland è il racconto di un’elaborazione del lutto tanto individuale quanto collettiva, che attraverso il sommesso ottimismo capace di ricollocare ogni evento, anche il più tragico, in una cornice di senso più vasta, conferma la straordinaria tenuta emotiva, la resilienza di una nazione in grado di rialzarsi dopo ogni prova. Ed è probabilmente questa apologia non altisonante di certi valori riconoscibilmente americani ad aver decretato il successo di Nomadland e della sua regista. Della quale adesso si attende il prossimo film, un progetto su scala decisasmente diversa: Eternals, episodio della fase quattro del Marvel Cinematic Universe.