Sanremo 2021, terza serata: le pagelle di Michele Monina

Emma non fa cambiare il mio giudizio su Achille Lauro: 2. Orietta Berti e La Rappresentante di Lista ancora eccellenti


INTERAZIONI: 956

AMADEUS 4

Il bello dei narcisisti, è che a trovare una scusa per giustificare i propri comportamenti, quelli che li hanno portati a commettere errori plateali e grossolani, sono dei campioni. Così, di colpo, Amadeus dice che l’emorragia di ascoltatori che si sta riscontrando è in realtà un grande risultato, sostituendo la sua massima “tutti vogliono Sanremo” con un più prosaico “quando la gente è arrabbiata come ora non ha voglia di seguire Sanremo”. Nei fatti il programma arranca, nello svolgimento come negli ascolti, perché è fatto molto male. Lento, poco divertente, troppo parlato, troppo frammentato. Certo, era difficile farlo quest’anno. Potevano semplicemente non farlo.

FIORELLO 4

Era successo l’anno scorso, quando dopo le critiche improvvide di Tiziano Ferro, in qualche modo ingelosito dal tanto, troppo spazio concessogli dal suo amico Amadeus, lo aveva attaccato via social. Lui, Fiorello, aveva reagito non presentandosi sul palco dell’Ariston, faccenda poi venduta come prevista dal copione e dalla presenza, vado a memoria, di Benigni. Stavolta non c’è Ferro, ma ci sono i dati impietosi dell’Auditel, e anche stavolta Fiorello scappa. Non lo fa fisicamente, ma è evidente che a modo suo ha un po’ tirato i remi in barca, lasciando al suo amico la patata bollente. Lui canta. Come non capirlo? Quando il gioco si fa duro, solo quelli troppo ostinati vanno a prendere le botte.

ZLATAN IBRAHIMOVIC 7

Zlatan è Zlatan, non dico niente di nuovo. Ma ora è ancora più Zlatan, perché giocando con Sinisa, parlando di malattia, ma provando a essere profondo e leggero al tempo stesso, ha dimostrato un cuore grande dietro un grande personaggio. Non so se cantare Io Vagabondo sia stata la mossa più raffinata, perché l’ha fatta davvero male, e perché io onestamente rabbrividisco all’idea che abbiano fatto fare Io vagabondo a quello che tutti i tifosi avversari chiamano “zingaro”. Resta che la scelta di chiamarlo lì al fianco di Amadeus è forse la sola giusta che l’omino della Tim ha azzeccato.

ACHILLE LAURO CON EMMA 2

Sarà che da bambino ho sempre fatto il tifo più per gli indiani che per i cowboy. O che da che son grande ho sempre avuto diffidenza per le guardie. Credo che sulla carta un cialtrone come Achille Lauro, uno che in una storia gialla non sarebbe certo l’assassino, quanto piuttosto il truffatore di piccolo calibro che per altro viene colto con le mani nel sacco già al primo momento, dovrebbe starmi molto simpatico. E non dico neanche che le cose non stiano così. Solo che qui non parlo di simpatia o antipatia, ma di spettacolo, e stando a quel che ciancia lui, di arte. E in questo, torniamo alla faccenda del cialtrone e del piccolo truffatore, questo continuo scopiazzare gli altri, spacciando le scopiazzature per citazioni, questo straparlare, forte del fatto che ti stai rivolgendo a una manica di analfabeti di ritorno, questo venderti come artista di primo piano, vai a Sanremo a fare cinque canzoni che  devono per forza essere oggetto di qualche marchetta e le chiami “quadri artistici”, quando canti in playback e anche in playback canti male, tutto mi spinge a dire che simpatia o non simpatia Achille Lauro non sia altro che un venditore di fumo, ma di quelli che alla prima scena di Suburra finisco sbranati da un rottwiler, neanche arrivano ai titoli di testa, prescindibile e destinato all’oblio. Sulla presenza di Emma in questa situazione già sufficientemente imbarazzante soprassiedo, non mi piacciono i troppo semplici giochi di parole, cinquanta sfumature di marrone.

NEGRAMARO 7

Ho sempre trovato il modo di cantare di Giuliano Sangiorgi fastidioso, per quel reiterare enfaticamente i falsetti, Dio santo, quanti falsetti. Per contro ho sempre trovato molto coerente con la musica dei Negramaro la voce di Sangiorgi. Non saprei come spiegarlo, come se un colore che non ci piace di colpo, su una tela, a fianco di altri colori, acquistasse un senso, desse vita a qualcosa di bello. Sentirlo oggi cantare 4/3/1943 mi ha colto di sorpresa, perché distrattamente me lo ero perso in scaletta e perché, stranamente ho trovato tutto profondamente a fuoco. Un omaggio sentito e degno di tal nome. Più, per dire, di quanto non è accaduto, non solo da oggi, con Meraviglioso di Modugno, quel cambiare un accordo nel ritornello, rendere triste una canzone di speranza, un peccato di cui nessuno, mi sembra, gli abbia ancora chiesto conto.

NOEMI CON NEFFA – Prima di andare via 5

L’accoppiata è inedita, sulla carta esplosiva. Perché entrambi gli artisti in questione hanno a cuore la musica black, e il brano di Neffa, riportato fuori dalla memoria, dovrebbe dar modo a entrambi di dimostrarlo. Forse i colori che ne escono non sono così vicini a quelli presentati da Noemi in gara, il che potrebbe spiazzare gli ascoltatori, ma quando la musica è buona musica non si può che goderne, avevo pensato leggendo l’accoppiata. In realtà le cose non vanno poi così bene. Neffa molla Noemi da sola a scendere le scale, la mano tesa senza incontrare la sua. Poi inizia a cantare, e nel dire inizia dovrei dire “non inizia”, perché parte in ritardo nettissimo, costringendo Noemi a uniformarsi. Risultato un bel casino. Peccato, perché, seppur fuori tempo, la voce di Noemi ci starebbe assai bene sopra. Chi mal comincia…

FULMINACCI CON VALERIO LUNDINI E ROY PACI – Penso Positivo 7,5

First reaction: shock. Quando è iniziato Penso Positivo, con Fulminacci a rappare mentre suona la batteria, confesso, sono saltato sulla sedia. Mai avrei pensato a qualcosa del genere. Che poi è andato in crescendo wagneriano, con Lundini che ha un certo punto ha fatto Lundini, complicando alla sua maniera lo special, e Roy Paci a metterci il valore aggiunto inestimabile della sua tromba. Una vera e propria bomba che ci regala un Fulminacci decisamente in gran forma, finalmente giovane anche nella forma, incredibilmente sul pezzo.

FRANCESCO RENGA E CASADILEGO – Una ragione di più 6-

Renga anni fa ha fatto i conti col repertorio del nostro Bel Canto, portando in giro il progetto Orchestra e voce, lui a cantare canzoni del nostro passato accompagnato dall’orchestra diretta dal maestro Valentino Corvino. Stavola a accompagnarlo non è solo l’Orchestra di Sanremo, ma anche Casadilego, questa sorta di incognita coi capelli verdi e per l’occasione vestita come una matrioska da uno stylist cui deve stare decisamente sul culo, che è stata acclamata come la nostra Joni Mitchell un attimo prima di sparire dai radar. Non è Joni Mitchell, è chiaro, ma i due insieme funzionano, e la canzone fila via che è un piacere. Bene.

EXTRALISCIO E DAVIDE TOFFOLO CON PETER PILCHER – Casatchock- Rosamunda 7,5

Dovendo cercare una definizione precisa, di quelle che si potrebbero copia-incollare e utilizzare come dicitura di una enciclopedia, toh, magari enciclopedia no, ma enciclopedia online sì, tipo Wikipedia, dovendo cioè ipotizzare il giusto giro di parole, quello più scientifico, definitivo, inappuntabile, capace di rendere alla perfezione l’idea, il concetto, il disegno dietro una scelta come quella di portare Casatchok, versione particolarmente filosovietica da Festa dell’Unità mescolata con Rosamunda nella versione di Gabriella Ferri nella serata delle cover del Festival della Canzone Italiana di Sanremo e di portarla con come ospite non un qualche cantante famoso, che magari potrebbe aiutare nel televoto, un arista caro alla critica, vedi alla stessa voce, ma un suonatore noto solo agli appassionati, di cui, così, a memoria, anche io che sto scrivendo le pagelle, pagelle che ne riportano il nome poche righe più su, fatico a ricordarmi il nome, ecco, dovendo cercare una definizione precisa di questo modo di muoversi, di comportarsi, questa che Manuel Agnelli definirebbe attitudine, a me non viene di meglio che dire “sbattersene il cazzo”. E tanto è. La cover più divertente e sopra le righe di sempre.

FASMA CON NESLI – La fine 7

La presenza di Fasma nel cast di Sanremo sarebbe per me un mistero, non fosse che quest’anno il mistero è talmente fitto, viste altre presenze, che porsi una singola domanda sarebbe pretestuoso. Si salva giusto in corner portando nella serata delle cover un gioiello come La Fine, e facendolo con colui che l’ha scritta e portata al successo, Nesli (chi pensa sia di Tiziano Ferro ha un problema di memoria). Il fatto che Nesli lo sovrasti, in un primo momento Fasma non ha addirittura il microfono acceso, ma anche la seconda volta il sovrastarlo non cambia, per capacità interpretativa e empatica è un problema che Fasma dovrà affrontare a partire da quando scende dal palco, parlando dell’esibizione è stato qualcosa di bello, nonostante Fasma.

BUGO E PINGUINI TATTICI NUCLEARI – Un’avventura 6

Che Bugo sia un fan di Lucio Battisti credo lo sappiano anche le pietre dei fiumi del novarese dove me lo immagino a pescare in gioventù. Che lo siano stati anche i ragazzi bergamaschi dei Pinguini mi sembra onestamente più difficile da immaginare. Insieme stanno anche bene, e seppur Bugo ha fatto di meglio, la canzone si fa ascoltare.

FRANCESCA MICHIELIN E FEDEZ – Del verde/ Le cose che abbiamo in comune 3

A volte si potrebbe avere l’impressione che ci sia una forma di narcisistico bisogno di mettersi a nudo anche nella consapevolezza radicalizzata del proprio essere incarnazione del brutto, come a voler stigmatizzare l’assenza del bello, o magari contrapporre il male al bene. Insomma, anche il duetto di ‘sti due fa cagare. Calcutta, Silvestri, e a sorpresa, almeno per me, Al Bano e Romina e i Jalisse, tutti fatti male. Non se ne esce.

Ah, ma chi hanno chiamato a vestire le cantanti, penso alla Michielin e Casadilego, L’uomo che odiava le donne?

IRAMA – Cyrano 5,5

Capiamo lo stato di stress, ci mancherebbe altro. Mettendoci nei suoi panni ci tremano le vene dei polsi, sentiamo i brividi lungo la schiena, abbiamo attacchi di panico. Ti sei preparato per mesi al Festival, hai investito energie, tempo, idee, soldi, e all’ultimo tutto rischia di sfumare, non certo per colpa tua, o per un qualche demerito. Un destino baro, questo sì, roba da film horror. Tutto vero, ma questo non dovrebbe indurre nessuno a farsi influenzare dovendo giudicare una performance, e la performance di Irama è di maniera, intonata, ben eseguita, ma senza cuore e cantare Cyrano, per di più introdotto da Guccini, senza cuore non si fa.

MANESKIN CON MANUEL AGNELLI – Amandoti 4

Credo che la presenza di Manuel Agnelli al fianco dei Maneskin oggi sia una di quelle cose che, se possibile, ti fanno ricredere su anni e anni di stima e in qualche modo anche riconoscenza riposti nei suoi confronti. Perché i Maneskin sono una grande truffa del rock’n’roll, fa finta che non sia così significa mentire, e perché Manuel, che di questa truffa è responsabile primo, stasera più che mai, ha preso parte giusto cinque giorni fa a L’ultimo concerto, evento che ha sottolineato il silenzio della musica in Italia oggi, evento che non ha mancato di far incazzare una marea di fan dei cento artisti coinvolti, in pratica avevano annunciato cento eventi singoli in cento club italiana, gratis e in streaming, invece era una sorta di provocazione, il silenzio è la nostra condizione, e ora è lì, a fare da accompagnatore e cantare come se nulla fosse. La canzone sarebbe di suo molto bella, così no, fa oggettivamente cagare, quella voce stirata, mi fa male per le sue corde vocali. Assolutamente no.

RANDOM E THE KOLORS – Ragazzo fortunato 3

Uno dice, è un anno che viviamo sotto pressione, la pandemia, l’emergenza, la paura, la morte, le ambulanze, ci vuole un po’ di evasione, di spensieratezza, di leggerezza. Poi però sente la cover del Jovanotti d’annata e diventa chiaro che a volte sarebbe meglio essere pesanti, grevi, pensierosi, perché se questa è la via d’uscita, beh, allora forse la fine potrebbe essere la sola soluzione. Credo che chi vuole bene a Random dovrebbe davvero consigliargli di cambiare mestiere.

WILLIE PEYOTE CON SAMUELE BERSANI – Giudizi universali 7.5

Certo che la serata delle cover presenta una bella carrellata di canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana, da Endrigo via fino a Dalla, passando per Battisti e Tenco, ma avere su quel palco un artista come Bersani, e sentirlo cantare una delle sue canzoni più belle, una delle più belle del nostro panorama musicale, è qualcosa che riconcilia con la punizione divina che ci è stata inflitta, cioè il dover passare cinque ore al giorno a sentire Amadeus e Fiorello che fanno intrattenimento da Centro Vacanze invece di permetterci di godere del semplice ascolto delle canzoni. Peccato che a fronte di quelle cinque ore duri solo cinque minuti scarsi. E anche che abbia più fatto bene Bersani che il padrone di casa. Ce ne fossero, però,

ORIETTA BERTI E LE DEVA – Io che amo solo te 9

Durante i preascolti fatti in Rai buona parte dei giornalisti presenti ha scelto di non assegnare un voto a Orietta Berti, come se fosse un oggetto difficile da identificare, o forse, ma in caso la cosa andava spiegata meglio, per omaggiare chi è in gara ma potrebbe serenamente essere sul palco di Sanremo come superospite. Io credo, invece, che Orietta vada premiata con un voto molto alto, perché ha una voce incredibile, nonostante la anagrafe, e perché decide coraggiosamente di duettare con un combo di artiste valide ma certo non famosissime, Le Deva, andatevi a cercare le loro canzoni, Le Deva che con lei danno vita a un mix vocale interessante, complice un brano scelto, di Endrigo, che è una sorta di palazzo solidissimo con le fondamenta ben salde nel terreno. Brava, Orietta, così si fa.

GIO EVAN CON I CANTANTI DI THE VOICE SENIOR – Gli anni 3

Sei cresciuto ascoltando gli 883 e Max Pezzali, hai dichiarato per spiegare questa tua scelta, che è un po’ come dire “e grazie al cazzo”. Poi però prendi una canzone cui dovresti essere piuttosto affezionato, Gli anni, io ci sono molto affezionato, per dire, e la rendi una cosa da rovesciare gli occhi all’indietro, tipo Linda Blair nelle scene più raccapriccianti de L’esorcista, questo nonostante gli arzilli cantanti di The Voice Senior che provano a azzeccare anche le note tue, dando però vita a un coro da finale di musical che faceva lievemente rabbridivire. A questo punto non era meglio fare la canzone di qualcuno che ti stava sul culo?

GHEMON E NERI PER CASO – Le ragazze, Donne, Acqua e sapone, La canzone del sole 7

Nel momento in cui sembra che essere intonati non sia il minimo sindacale, un punto di partenza imprescindibile per poter intraprendere la carriera di cantante. Anzi, sia qualcosa di superfluo, un orpello inutile, fastidioso, roba degna di un Tweet denigratorio di Salvini. Ghemon decide di portare un po’ di divertita leggerezza, ma assolutamente intonata e giocata tutta sul concetto di armonia presentato un medley in compagnia dei Neri per Caso. Il risultato è decisamente piacevole, elegante, volendo anche sorprendente, sicuramente bello. Questo nonostante dei Neri per Caso si sentissero solo cinque voci su sei. Roba d’altri tempi, dirà qualcuno, magari anche a ragione, tempi che andrebbero ripristinati con editto regio, non prima di aver mandato a lezione di canto buona parte della scena indie.

LA RAPPRESENTANTE DI LISTA CON DONATELLA RETTORE – Splendido splendente 9

Quando uno è in stato di grazia, si dice, le azzecca tutte, anche i dettagli minimi. Figuriamoci quindi se La Rappresentante di Lista, che di questo Festival è indubbiamente una delle sorprese più belle, anzi, la sorpresa più bella, e parlo per quanti già non li conoscevano, io li adoro da anni, non azzeccava la cover e l’ospite. A parte, quindi, rendere loro onore per aver riportato sul palco dell’Ariston una grande artista geniale come la Rettore, va detto che la loro versione da Studio 54 di Splendida splendente è roba da urlo, una quintessenza di pop contemporaneo che è al tempo stesso ultramoderno e vintage, riferimenti dal passato che sono vividi oggi come allora. Le voci di Veronica e la Rettore, poi, sembrano nate per stare insieme, seppur Veronica la domini, una teatrale e potente, l’altra iconica e tagliente. Una cover da incidere adesso, ovunque voi siate.

ARISA CON MICHELE BRAVI – Quando 7,5

Si sarà notato che non è certo il minimalismo la mia cifra di riconoscimento. Diciamo che tendo al più che al meno, al grido più che al sussurro. Ma so apprezzare chi è in grado di farlo, specie se lo fa mettendosi a fianco di una lama affilata come Arisa, perché è evidentemente di Bravi che stavo parlando. La cover di Pino Daniele viene loro piuttosto bene, mostrando certe fragilità che in altri casi paiono eccessive.

MADAME –  Prisencolinensinainciusol 7

Parlando del brano in gara, che ribadisco è uno dei migliori di questa enorme infornata, ho messo come solo neo in un insieme per me quasi perfetto il mio aver difficoltà nel cogliere a voce il testo. Intendiamoci, capisco lo stile, e Google esiste anche per ovviare all’incontro incerto tra la sua modalità di canto e la mia di ascolto. In questo caso, è evidente, che il non sense ben si sposa a uno stile personalissimo, rendendo anche nullo quell’aspetto. Madame è una artista che entra a pieno titolo tra i nostri grandi, e lo fa dimostrando non solo un grande talento e una personalità in grado di supportarlo, ma una naturalezza che, attenzione attenzione, non è poi così distante da quella che ai tempi dimostrò proprio Celentano. L’intro se la poteva anche risparmiare, forse, ma la canzone la fa proprio bene.

LO STATO SOCIALE CON EMANUELA FANELLI E FRANCESCO PANNOFINO – Non è per sempre N.C.

La cover era stata presentata con una certa enfasi, come duetto tra la band e non meglio identificati “lavoratori del mondo dello spettacolo”. Uno aveva fatto due più due, seppur con cautela, stato social e lavoratori dello spettacolo, vuoi vedere che finalmente il problema dell’intera filiera della musica, intera tranne quelli che sono a Sanremo, ferma da circa un anno? Poi si scopre che i lavoratori dello spettacolo sono letteralmente duem Pannofino e la Fanelli. Perplessità. Ma invece si approfitta dello spazio concesso ai due attori, a mezzanotte e cinquantatrè, vabbeh, per creare almeno un paio di minuti di focus su locali chiusi, club, teatri, cinema, che non si sa se e quando riapriranno. La cover, per la cronaca, è stata un compitino portato a casa senza infamia e senza lode, ma averne parlato, della filiera del mondo dello spettacolo, è qualcosa di meritevole.

ANNALISA E FEDE POGGIPOLLINI – La musica è finita 7

Annalisa è dotata di un dono raro, ha una gran bella voce e sa perfettamente come usarla. Per questo, dovendosi confrontare con un grande classico, portato nel mondo da una voce incredibile come quella della Vanoni, non ha difficoltà alcuna, dimostrando quella personalità che a volte negli inediti sembra essere evanescente. Quest’anno ha anche l’inedito, per altro, quindi tutto fila via liscio e perfetto.

GAIA CON LOUS AND THE YAKUZA – Mi sono innamorato di te 8

Che Gaia sia brava lo avevo scoperto tempo fa, nonostante la mia reticenza a dar troppo credito a chi passa dai talent e nonostante la brutta canzone portata in gara quest’anno. Che Lous and the Yakuza sia un gran talento, idem, e nel suo caso c’era la penalità di aver lavorato con Sfera Ebbasta. Insieme fanno davvero un miracolo, vincendo un confronto sulla carta assai difficile e colorandolo di una modernità che il brano, in sé, poteva non dimostrare. Una delle cover più belle, senza se e senza ma.

COLAPESCE E DIMARTINO – Povera patria 6

Immagino abbiano voluto lavorare su colori così distanti da quelli esibiti con Musica leggerissima per dimostrare di essere questo oltre che quello. E hanno fatto bene. Perché la canzone del maestro rimane ancora oggi di una attualità precisissima, e perché i due hanno sicuramente anche questi colori nelle loro tavolozze. Anzi, credo che questi colori siano forse quelli che a me arrivano di più, per dirla con un verbo che applicato alla musica mi fa talmente ribrezzo che ora dovrò scartavetrarmi i polpastrelli con la cartavetrata, a sangue. Questo nonostante una intonazione piuttosto discutibile, immagino frutto dell’emozione ma alla lunga fastidiosa. Troppo fastidiosa.

COMA_COSE CON ALBERTO RADIUS E MAMAKASS – Il mio canto libero 7-

I ragazzi, è indubbio, sono cresciuti a pane e Battisti. Non è un caso che arrischino a portare sul palco Radius, che con Lucio ci ha suonato una vita, consapevoli di essere in grado di tenere testa ai paragoni. Seppur avrei preferito vederli davvero azzardare qualcosa di a loro più distante, tanto per mettere in mostra altre carte che hanno nel mazzo, portano a casa una esibizione cum laude.

MALIKA AYANE – Insieme a te non ci sto più 6,5

Altro caso di artista che decide di omaggiare chi in qualche modo le ha indicato la strada. Nel suo caso fisicamente e letteralmente, essendo Caterina Caselli la discografica che l’ha scoperta e che ancora, seppur con minor presenza, la accompagna. Tutto ben fatto, anche se un po’ di maniera. Meglio l’inedito, che quantomeno è una cosa originale, in tutti i sensi.

MAX GAZZÈ – Dal mondo 7,5

A Gazzè piace giocare, gigioneggiare, ironicamente. Ma quando si tratta di fare e cose sul serio, come stasera, con questa perla dei CSI, ne viene fuori qualcosa di incredibilmente profondo, tridimensionale, destinato a superare l’incedere del tempo. Silvestri, certo, aiuta, ma Gazzè è davvero ferrettiano, e essere ferrettiani, oggi come oggi, è un valore aggiunto, se il Ferretti cui si fa riferimento è quello del passato.

ERMAL META CON NAPOLI MANDOLIN ORCHESTRA – Caruso 8

Una serata di cover che va in onda il 4 marzo e non prevedesse un tributo a Lucio Dalla sarebbe stata davvero oltre ogni grazia di Dio. Ci pensa Ermal Meta, che quest’anno ha evidentemente deciso di presentarsi all’Ariston nelle vesti del cantante tradizionale. No, non nel senso di folk, nel senso di cantante che si confronta in maniera filologicamente corretta con gli standard sanremesi, e lo fa da grande artista quale è. La voce c’è, la capacità di emozionare usandola pure, la canzone è un capolavoro, cosa potevamo chiedere di più?

AIELLO E VEGAS JONES – Gianna 2

Rino Gaetano credo sia stato piuttosto sfortunato. Ha aperto strade che non ha poi potuto percorrere a lungo, la morte lo ha portato via decisamente troppo presto. Anche se gli ha impedito, per dire, di ascoltare chi quelle strade le ha percorse banalizzandole, facendo dell’ironia altro, e soprattutto copiandone in maniera troppo palese la cifra. Poi c’è questa cosa che ha fatto Aiello, per la quale, suppongo, qualcuno starà pensando a una qualche punizione corporale, una tortura medievale, un esempio radicale da dare in pubblico, a monito per le generazioni future. Se così non fosse, giuro, ci penserò io, perché, e che cazzo, come si fa a cantare Rino Gaetano sprovvisti totalmente di ironia e pensando che il solo scopo della canzone sia scoparsi qualcuno?

Una cosa talmente brutta da fare il giro completo, sì, ma proseguire dopo il punto di partenza e continuare a girare. Vegas Jones, che è stato anche bravino, meritava qualcosa di meglio per tirare fino all’alba, che è poi quando i due sono saliti sul palco.

Leggi lo speciale di OM sul Festival di Sanremo, con news ed aggiornamenti in tempo reale!