Neil Patrick Harris come Viggo Mortensen, a gamba tesa nella polemica su attori etero in ruoli gay

Giusto o sbagliato che attori etero interpretino personaggi queer? Da Neil Patrick Harris a Viggo Mortensen, così si arricchisce il dibattito sull'inclusività della rappresentazione

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Neil Patrick Harris è forse uno dei più famosi interpreti di un donnaiolo sul piccolo schermo: dichiaratamente omosessuale, sposato col collega David Burtka e padre di due gemelli, deve gran parte della sua celebrità al fatto di aver interpretato un personaggio etero, lo scapolo incallito Barney Stinson nella sitcom How I Met Your Mother. E non pensa che l’orientamento sessuale di un attore debba in qualche modo influenzare le sue scelte artistiche o quelle di un regista o un produttore nella scelta di un interprete.

Neil Patrick Harris si inserisce così nel dibattito ormai di lungo corso sulla necessità o meno di scegliere attori gay per interpretare personaggi gay, così come transgender per interpretare dei transessuali e così via. Un confronto alimentato da numerose dichiarazioni di attori che in questi anni hanno riflettuto sui loro ruoli in carriera rispondendo ad un’esigenza avanzata dalla comunità LGBTQ di una maggiore inclusività nei casting e rappresentatività sulla scena.

Le parole di Neil Patrick Harris arrivano sulla scia di un dibattito che ha visto intervenire tanti suoi colleghi sull’argomento. Negli ultimi anni, solo per fare qualche esempio, il premio Oscar Colin Firth, che ha più volte interpretato personaggi omosessuali al cinema, si è detto dubbioso sul fatto che sia giusto per un attore etero calarsi nei panni di un gay, mentre al contrario Wentwort Miller ha dichiarato di non voler riprendere il suo ruolo in Prison Break perché non vuole più interpretare ruoli etero. Per molti è una questione etica, vuol dire lasciare ad altri la possibilità di accedere ad un ventaglio di ruoli (già normalmente più limitato rispetto a quelli etero) più vicino al proprio vissuto e alla propria sensibilità personale, per altri è una questione anche di opportunità professionali, laddove entra in gioco il timore di restare ingabbiati in un cliché. Ad esempio, Robert James Collier, attore eterosessuale che ha interpretato il ruolo di Thomas Barrow in Downton Abbey, ha dichiarato di essersi ritrovato a ricevere solo ruoli da omosessuale dopo aver impersonato il cameriere gay nella serie di ITV.

Più di recente, il candidato all’Oscar Viggo Mortensen ha replicato alle polemiche intorno al film Falling, in cui interpreta il ruolo di un uomo gay diviso tra la malattia del padre e la necessità di crescere il figlio. Alle critiche per la sua interpretazione di un omosessuale, ha risposto lapidario: “Non avrei mai il coraggio di chiedere esplicitamente a qualcuno, durante un casting, se è omosessuale. E poi… cosa ne sapete della mia vita? Date per scontato che io sia completamente eterosessuale. Forse lo sono, forse non lo sono. Francamente, non è un vostro problema“.

Su quella stessa lunghezza d’onda sembra esserci Neil Patrick Harris, che addirittura trova affascinante sia un attore etero ad interpretare un uomo gay. E ritiene che a guidare i casting non dovrebbe essere l’orientamento sessuale ma la meritocrazia pura e semplice, come ha spiegato al Times.

Penso che ci sia qualcosa di sexy nella scelta di un attore etero per interpretare un ruolo gay – se sono disposti a investire molto in esso. Nel mondo in cui viviamo non puoi davvero come regista esigere un certo orientamento sessuale. Chi deve determinare quanto è gay qualcuno? Per nove anni ho interpretato un personaggio che non era per niente come me. Vorrei sicuramente assumere il miglior attore.”

Neil Patrick Harris liquida così la polemica sul cosiddetto “gayface“, termine coniato sulla falsariga di “blackface“, per descrivere attori etero che diventano gay per copione sottraendo ruoli ad attori dichiaratamente queer. Una posizione radicalmente opposta, la sua, a chi ritiene che l’uguaglianza nell’accesso alle opportunità del cinema e della tv debba passare da una policy per cui gli etero non dovrebbero accettare ruoli da omosessuali. Nel 2019, quando Darren Criss vinse un Golden Globe e prima ancora un Emmy per la sua interpretazione del serial killer gay Andrew Cunanan nella serie L’Assassinio di Gianni Versace, annunciò che quello sarebbe stato il suo ultimo ruolo gay, perché non voleva rubare opportunità ai colleghi omosessuali interpretando da persona etero dei personaggi LGBT: “Non sarò l’ennesimo ragazzo etero che interpreta il ruolo di un uomo gay“. Una posizione che però, a quanto pare, divide la stessa comunità LGBTQ, e per una serie di motivi. Innanzitutto è una richiesta di rappresentatività che però tende a categorizzare le persone in base al proprio orientamento sessuale, con un fare discriminatorio. In secondo luogo, costringerebbe ad affidare tali ruoli solo a coloro che sono dichiaratamente omosessuali ed escluderebbe coloro che non hanno fatto, per legittima scelta, coming out. Inoltre vorrebbe dire negare totalmente l’importanza dell’immedesimazione, dell’empatia, dell’arte dell’immaginazione nel lavoro di un interprete: d’altronde si chiama recitazione non a caso.