Sposarsi e vivere con una Pop Star virtuale? Oggi si può!

La realtà virtuale fa sempre più parte delle nostre vite, in Giappone oltre al matrimonio con una popstar virtuale, la ricerca è concentrata sulla creazione di vere e proprie icone pop artificiali della musica


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La diffusione dell’epidemia ha “virtualizzato” sempre di più la nostra vita. Le conversazioni si fanno attraverso computer e telefonini, la scuola si frequenta mediante le piattaforme telematiche, gli acquisti si fanno on-line, ma anche tante esperienze che prima ci coinvolgevano fisicamente – la visita ad una mostra, la partecipazione ad una fiera, il viaggio verso un luogo turistico o culturale – sono divenute possibili in realtà virtuale. Nell’epoca delle immagini tridimensionali, delle navigazioni immersive, degli avatar, era fatale che salissero agli onori delle cronache e venissero definitivamente consacrate anche le pop star virtuali, già in attività da anni, specialmente in Giappone. “Artisti” come Kioko Date, Adam, Hatsune Miku, Megurine Luka, creati negli studi grafici, animati mediante sofisticate tecnologie audiovisuali, provvisti di una voce generata da software e corredati da una vera e propria biografia, hanno guadagnato un ruolo importante nel mercato musicale, aggregato milioni di fans, (che dimostrano di non fare  alcuna differenza tra una star vera e virtuale),  conquistato copertine di riviste di moda, scienza e costume, fatto proseliti in tourneè virtuali con tanto di band e pubblico veri, totalizzando una quantità di visualizzazioni sul web spaventosa. “Ologrammi” che aggregano e sostengono economicamente eserciti di persone, tra stilisti, coreografi, disegnatori, compositori , musicisti , ingegneri del suono, creatori di software etc…E il fenomeno riguarda oramai anche influencer che ricevono endorsement da marchi più che blasonati come Prada o Calvin Klein.

Il fenomeno è seguito dai giornali e dall’opinione pubblica con atteggiamento ambivalente: per un verso con quella curiosità bonaria che si attiva dinnanzi alle bizzarrie della gente, alle diavolerie dei maghi informatici, ai fenomeni di costume che sorprendono e divertono; per altro verso con quella preoccupazione che emerge quando il mondo sembra cammini troppo velocemente e l’era delle macchine sia davvero arrivata minacciando di spazzare via le nostre abilità e di trasformare la nostra vita relazionale.

Qualche anno fa si era imposto il fenomeno di Second Life, il vasto mondo virtuale che ogni persona, attraverso un proprio avatar, poteva scegliere di abitare costruendosi una casa, facendo esplorazioni ed entrando in contatto con altri frequentatori. L’esperienza era apparsa a molti uno stimolante diversivo, ad altri il passaggio epocale verso una nuova dimensione. Molti abitavano il mondo virtuale come semplice passatempo, altri cercavano suggestioni erotiche frequentando le sessioni “vietate ai minori”, altri ancora avevano intuito una possibilità di business avviando attività economiche e professionali, come quella ad esempio che consentiva ad uno psicologo di seguire, attraverso il proprio avatar, pazienti trovati nel “mondo parallelo”. All’interno di Second Life si sono tenuti comizi politici, si sono svolti scioperi sindacali, e si sono presentate, neanche a dirlo, novità discografiche.

Tutte le potenzialità e tutti i limiti di quel mondo dipendono da quanto le persone ci investono in termini proiettivi e da quanto vogliono che questa esperienza conti nella propria vita; ma prima di tutto le potenzialità e i limiti di quel mondo sono regolati dal confine che è possibile tracciare tra il gioco e la vita reale. Oggi sembra che il confine tra finzione e realtà si sia fatto più labile e che un numero crescente di persone sia disposto a confondere i due piani, se è vero che le nuove star della musica non si esibiscono più nei mondi virtuali ma entrano nelle case, si mostrano davanti ad un pubblico di persone fisiche, contendono gli indici di ascolto ai programmi televisivi in prima serata, aprono concerti di star in carne e ossa.

Si presentano interattivi e credibili al punto che un uomo giapponese  di 35 anni, Akihiko Kondo, amministratore di una scuola, ha coronato il suo sogno di convolare a nozze con la popstar virtuale di 16 anni dai capelli color acquamarina  Hatsune Miku ( Primo Suono- del futuro), spendendo due milioni di yen per la cerimonia con tanto di invitati. La diva androide, creata da Crypton Future Media, ha aperto i concerti di Lady Gaga nel 2014 ed è diventata famosa  negli Stati Uniti partecipando a Festival musicali di tutto rispetto, esibendosi in mezzo ad artisti vivi e vegeti.

I due novelli sposi mostrano un anello al dito e tanto di certificato di matrimonio da parte di Gatebox, l’azienda che ha messo in commercio l’apparecchio che riproduce  l’ologramma che balla e canta con la voce sintetizzata tramite il software Vocaloid 2 Yamaha. E lo sposo, che dopo la cerimonia si è portato a casa la bambola Hatsune, si dice finalmente felice di vivere con una “donna3d” che ama non ha mai tradito, che abita virtualmente la sua casa, svegliandolo e ricordandogli gli impegni tra una canzone e l’altra.

Capire di che natura siano questi legami e questi sentimenti non è banale, perché la capacità che abbiamo noi umani di proiettare all’esterno il nostro mondo interiore, di attribuire un significato alle cose, di colmare con la fantasia i vuoti e le incertezze del mondo reale è molto grande. La risposta è forse nel rapporto che abbiamo con il gioco e la fantasia, con quella categoria di attività che ci chiedono di simulare un’azione, di assumere un ruolo fittizio, di imitare un comportamento, stabilendo una regola che consente di fare sul serio.

La vita nei mondi virtuali, la proiezione di se stessi in un avatar, il vissuto emotivo generato dal disegno animato, dalla pop star computerizzata che ci affascina e che accetta di unirsi con noi in matrimonio appartiene – che le persone lo capiscano in modo più o meno lucido – alla categoria del gioco, a quelle finzioni che ci intrigano perché alludono alla realtà, che sarebbe pericoloso confondere con la vita vera ma che meritano però, chiavi di lettura più approfondite.

Per quel che riguarda la musica, dietro il fenomeno delle star virtuali, ci sono fior di ricerche dello star system giapponese. Una pop star  virtuale è facilmente gestibile, disponibile, sempre attiva, non viene pagata, non fa capricci, può fare dieci concerti in un giorno in varie parti del mondo e mantenere economicamente uno staff di lavoro immenso. Per un fan di musica, e non necessariamente adolescente, non importa che il suo idolo sia umano, l’importante è che abbia appeal, una storia, che mostri dei sentimenti, che si abbatta davanti ad una performance venuta male davanti ai giudici di un concorso, che viva il riscatto da una vita povera in periferia, che cada ballando ma che alla fine brilli e vinca. Prende spunto dalla vita vera ma a volte può essere l’idolo stesso a ispirare noi umani quando diventa famoso, vedi Lara Croft, a cui Eugenio Finardi, tanto per restare in tema, dedicò il brano “Amami Lara”, che fu incarnata da un’attrice vera al cinema. O magari a insegnare, come fa Hatsune Miko, come diventare una brava moglie, sempre felice, suadente, sorridente e premurosa, dal buongiorno della mattina al bacio della buona notte. Le nuove generazioni di adolescenti giapponesi possono cominciare a prendere appunti. Anche noi.