Storie di elicotteri, glitter e troll. Perché scrivo come Kanye West

Non sono un grande troll, ma provo a spiegarvi perché, leggendomi, qualcuno ha la sensazione di essere incappato in una qualche citazione che non ha colto


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L’altro giorno ho passato un momento di sconforto. Succede, immagino. Quando le indiscrezione che da giorni albergavano su tutti i quotidiani, zone rosse, arancioni, deroghe e spostamenti, sono state raccontate in quel modo afasico cui Conte ci ha abituato nel tempo, le parole mangiate e distorte, lo sguardo allucinato di un improbabile Casalino a dirigere il coro, lo so, sono spocchioso a pensare che uno come Casalino non dovrebbe avere un ruolo istituzionale e che questo renda il tutto assolutamente meno credibile di quanto già non sia di suo, ma sono un intellettualone, un professorone, che ci volete fare?, ecco, quando cioè il decreto legge, non un DPCM, proprio un decreto legge passato dal Parlamento, è stato raccontato, ho provato sconforto. Non che le cose fossero diverse da come ce le avevano anticipate, tranne qualche dettaglio era tutto esattamente come descritto da giorni, ma sapere che in effetti passeremo le vacanze di Natale murati vivi in casa, dieci giorni su due settimane complessive saranno zona Rossa, quattro zona arancione, che per chi come noi vive in una grande città significa poter al limite andare in un parco, non certo a fare una passeggiata in montagna, per dire, è stata un po’ una botta. Anche sapere, questa è una delle tante anomalie cui fatico a abituarmi, cioè al fatto che chi legifera in questo momento assurdo lo faccia sempre lasciando aperte scappatoie, senza cioè prendere posizioni nette, pronto però a dire che è colpa nostra, tutta colpa nostra, mettendo in quel noi di volta in volta i giovani, i runner, i vacanzieri, quelli che fanno shopping e via discorrendo, anche sapere che i miei, ultraottantenni, per poter passare le festività con qualcuno, noi non andremo giù in Ancona, ma ho mia sorella con la sua famiglia e mio fratello con la sua, dovranno uscire di casa, sottoponendosi quindi a qualche rischio, perché loro che sono due possono muoversi, mia sorella e famiglia e mio fratello e famiglia, no, rispettivamente quattro e tre. Una cosa folle, perché, se i miei andassero da mia sorella sarebbero poi in sei, e se andasse da mio fratello in cinque, esattamente come se mia sorella andasse da loro o lo facesse mio fratello. Quindi semplicemente per poter stare coi propri cari devono uscire loro, quelli in teoria che andrebbero tutelati di più. Una delle tante norme fatte ad minchiam, perché non si può legiferare pensando a tutte le situazioni, è ovvio, ma neanche lasciare aperte mille possibilità.

Pensate a cosa è successo con la faccenda del rendere quasi tutta Italia zona gialla domenica tredici, stesso giorno nel quale è entrato in vigore il cashback, cioè la possibilità, anche quella assurda, di ricevere indietro fino al 10% di quanto si spende usando carta di credito e bancomat, ma solo se si acquista in presenza, non online. Cioè, prima ci impediscono di fare acquisti sicuri, online, perché l’economia deve tornare a muoversi anche nei negozi. Poi aprono tutto, per lo stesso motivo. La gente esce, non io, che ho fatto gli acquisti online e dell’elemosina dello Stato me ne sbatto, ma molti giustamente sì, e loro, i governati, si inalberano parlando di irresponsabilità. Certo, il buon senso è mancato, gli assembramenti ci sono stati, ma potevano non aprire l’Italia di domenica, o non fare quella fesseria del cashback, che per altro ci ha procurato una lavata di capo tanta da parte della BCE.

Come sempre si legifera pronti a punire il popolo bue, i settantamila militari che durante le feste vigileranno sugli spostamenti anche cittadini ne sono un chiaro esempio.

A noi, in casa, a parte per la faccenda del non poter andare fuori Milano, cambia poco. O meglio, cambia molto a Lucia, come sempre, e Tommaso, rispettivamente diciannove e quindici anni, che dopo aver passato due mesi murati in casa con il mix mortale tra la DAD e la zona prima rossa e poi arancione, di colpo torneranno murati vivi con quei dieci giorni di zona rossa, ma per il resto sarà il solito tran tran, tutti a casa amorevolmente. Ma la malinconia per non poter abbracciare i miei e lo scoramento per saperli lì a dover capire se per andare da mia sorella, che abita in una zona di campagna dentro il comune di Ancona, possono passare dalla statale o meno, perché a un certo punto il territorio toccato dalla statale non è più dentro l’area comunale, salvo poi tornarci, o devono passare da strade meno agevoli ma sempre dentro il comune, ecco, sapere tutto questo mi manda davvero fuori di testa.

L’ho scritto sui social, l’altro giorno, con toni decisamente mesti, cupi.

So che esprimere sentimenti sui social è a volte esercizio futile, perché non è esattamente come parlare con gli amici, perché in genere la gente guarda ai social più come si guarda dentro una fogna, alla ricerca di mennezza, non certo di sentimenti, e perché mostrarsi fragile e debole, specie per uno come me che non manca di buttarsi di testa dentro polemiche e battaglie, potrebbe voler dire mostrare il fianco, lasciare cioè modo a haters e affini di colpirmi a morte, ma stando chiusi in casa, converrete, non è che ci siano altri grandi spazi dove muoversi, finestre dalle quali affacciarsi, modi per farsi sentire da altri.

Certo, io scrivo, mi state leggendo, ma la cosa cambia di poco, anche qui mostro il fianco, etc etc, seppur spero chi mi legga non sia qui per cercare motivi con i quali poi colpirmi.

Nei fatti mi sono immalinconito e l’ho scritto.

Lo faccio spesso. Non di immalinconirmi, fondamentalmente non sono un tipo malinconico, credo, ma di scrivere quello che sento.

Lo faccio sempre.

Per questo sono di colori forti. Se una cosa non mi piace si capisce. Se mi piace pure. Se amo mia moglie lo dico con le parole dell’amore, idem per i miei figli. Se ripensando al mio passato, negli ultimi tempi lo faccio spesso, provo nostalgia, ecco, anche lì lo dico chiaramente.

Ho detto che mi sono immalinconito.

E ho sbagliato.

Non per i motivi di cui sopra. Sono gagliardo, non temo certo gli attacchi degli haters, haters che, nei fatti, non sono quasi per nulla apparsi, giusto un paio, per altro con argomenti talmente deboli che neanche ho faticato a rimetterli al loro posto. Quanto piuttosto perché, così facendo, ho a mia volta immalinconito proprio coloro la cui mancanza mi pesa, i miei, quindi, ma anche coloro che stanno vivendo questa esperienza con me, la mia famiglia, nonché tanti tra quanti mi seguono che, leggendomi immalinconito, si sono un poco allarmati. Ho quindi ricevuto messaggi preoccupati, anche da parte di persone che conosco solo tramite i social.

Questo, l’essere diventato familiare a persone che non ho mai incontrato vis a vis, e che a loro volta sono diventati familiari a me, è un aspetto interessante di questi tempi, alcuni dei miei più cari amici li ho conosciuti proprio su Facebook, ne ho più volte scritto, fatto che, in questo contesto, mi ha ulteriormente colpito.

Siccome non poter stare con le persone a cui voglio bene mi ha immalinconito ho finito per immalinconire loro.

Non era ovviamente questo il mio intento.

Allora, siccome le parole sono i miei ferri del mestiere, ho ben pensato di scrivere un post che, in poche righe, e voi ben sapete come l’esercizio della sintesi non sia quello che pratico più spesso, liberasse il cielo da ogni nuvola, facesse, cioè, evaporare i dubbi riguardo un mio malessere, certo presente, ma comunque gestibile.

Ho quindi scritto questo, e non pensiate, non potrebbe essere così, non è mai così, che questo mio parlarmi come al solito addosso sia frutto di una megalomania alla deriva, vado sempre a parare altrove: “Non vorrei che voi pensiate che io mi stia immalinconendo, visto acluni post vagamente cupi che ho fatto nelle ultime ore. Sono momenti. Ma resto sempre il ghepardo di una volta, tranquilli. A riprovo, oggi, alle 18, diretta streaming dal mio balcone. Farò l’elicottero completamente nudo, coperto di glitter e vernice dorata. Siateci”.

Un post ironico, direi, che concentra in poche parole una cifra già presente nei miei scritti, per così dire, professionali.

C’è un riferimento alla malinconia, certo, ma stemperata da quel mio citare Piotta e la Mossa del giaguaro, qui nei fatti traslata in ghepardo, quindi una citazione pop, ma di un pop non proprio pret-a-porter, perché checché ne pensiate, Piotta è un artista assai figo, uno che non solo conosce come pochi la materia che pratica, il rap, ma che lo fa in maniera assai post-moderna, infarcendo le sue canzoni di citazioni alte e basse, appunto, e soprattutto attingendo a una cultura che condiviso in pieno, seppur Tommaso, questo il suo nome di battesimo, sia più giovane di me.

C’è poi un riferimento decisamente più alto, almeno sulla carta. No, non sto parlando della faccenda del fare l’elicottero, per chi non lo sapesse si intende quando una persona, anzi, un uomo, perché solo i maschi possono fare l’elicottero, non è una faccenda di sessismo, ma di anatomia, rotea il bacino ritmicamente, lasciando che il pisello emuli il roteare delle eliche di un elicottero, sto parlando di quell’essere coperti di glitter e vernice dorata nel mentre. Ora, il riferimento ai glitter non è preciso, non ho evidenza di qualcuna che, coperta di glitter, coperta solo di glitter, si sia esibita in qualcosa. Stavolta uso sì il femminile per una sorta di atavico sessismo, forse anche di omofobia, perché associo l’essere coperti da glitter, solo da glitter, a una donna o al limite a un gay, evidentemente posso anche essere un intellettualone e un professorone, ma finisco per ragionare come l’ultimo dei leghisti ignoranti, a tratti. Forse lo ha fatto Miley Cyrus o Lady Gaga, ne hanno fatte talmente tante che nulla è da escludere a priori, o magari Rihanna, mi sembra di ricordare, ma come nel caso della Britney Spears del video Womanizer, c’era un vestitino a aiutare il tutto, non di soli glitter si trattava. La sola di cui abbia memoria precisa, a riguardo, è Kim Kardashian, che però non è una popstar, o meglio, è una popstar anche se non fa musica.

Attenzione, sono andato a fare una ricerchina, stare chiusi in casa ti porta laddove mai avresti creduto, e scopro solo ora che la Kardashian fu all’epoca, era il 2017, accusata di aver copiato una foto di quattro anni prima nella quale a essere nuda e coperta di glitter era Beyoncé, quindi ok, il riferimento ai glitter è pop mainstream, a fianco a quello più ricercato di Piotta.

Cosa invece affonda le radici, è il caso proprio di usare questa parola, nell’alto, è il riferimento all’essere coperti di vernice dorata. Anche qui, il body painting è piuttosto diffuso in ambito musicale, penso alla Dolcenera che così appariva nella copertina del suo album Le stelle non tremano, del 2015, nuda e pittata, o penso al video di Gotye, nel quale sia il cantante belga che la collega neozelandese Kimbra così apparivano “vestiti”, ma ripeto, tanti sarebbero gli esempi. Solo che io facevo riferimento a una delle più note pratiche di psicomagie messe in atto da chi segue Alejandro Jodorowsky. Confesso di essere piuttosto scettico riguardo questa componente dell’immaginifico mondo jodorowksiano, dell’artista cileno naturalizzato francese ho molto apprezzato il lato fumettistico, meno quello registico, poco quello di scrittore, ma la parte della psicomagia, che è permeata in tutto quel che Jodorowksy ha fatto, mi ha sempre spinto a una forma di spocchia che, nei fatti, quasi mi meraviglia. Perché sono per mia natura una persona molto curiosa, e perché, se mai dovessi indicare una pratica filosofica che mi rappresenti, a parte quella intellettuale del postmodernismo, non esiterei a citare la psicogeografia, ma l’idea che ci siano rituali che, fatti seguendo alla lettera delle indicazioni precise, ci porti a fare i conti con noi stessi e con il nostro vissuto, andando così a risolvere a monte problemi che ci tormentino, mi lascia perplesso. Non ho grande fiducia neanche nella psicologia, per essere chiari, affatto, non è tanto una questione di tradizioni o riferimenti culturali. Poi, diciamola tutta, anche Castaneda, che sempre dal Cile viene, non mi ha mai affascinato, forse è un altro aspetto che non voglio ammettere, sono sessista e omofobo nel momento in cui penso ai glitter, sono razzista quando penso a come risolvere i nostri problemi andando in giro dipinti di vernice dorata o mangiando funghi allucinogeni.

Per me Jodorowksy è prevalentemente quello che vestiva i panni di una delle firme più interessanti di Métal Hurlant, storica rivista francese pubblicata dall’editore Les Humaoides Associés, Dio che nome meraviglioso, rivista che mi ha fatto conoscere altri giganti quali Philippe Druillet, Enki Bilal, Moebius e appunto Jodorowsky, una rivista cui devo buona parte del mio amore per i fumetti alti, letterari, amore che poi mi ha portato proprio a conoscere, leggere e studiare Alan Moore, il mio preferito in assoluto, grazie al quale ho poi saputo della psicogeografia, il libro era Serpenti e scale, vedi come a volte la testa fa strani giri che poi si chiudono in cerchi precisi.

Per il resto Jodorowksky mi ha sempre lasciato scettico, ripeto.

Potrebbe essere parte di questo mio scetticismo il fatto che, anni e anni fa, quando Francesco Renga lasciò i Timoria, Omar Pedrini e gli altri diedero alle stampe un intero album che dall’artista cileno prendeva le mosse, El Topo Grand Hotel, ispirato direttamente dal film El Topo del regista in questione e in qualche modo a lui dedicato. All’epoca ero giovane e romantico, e essendo diventato amico di Francesco tendevo a guardare con diffidenza quanto stava uscendo dalla in realtà sempre ispirata penna di Omar, come se fossi chiamato in qualche modo a prendere una parte che, di suo, escludesse la possibilità di ascoltare anche l’altra campana. Ovviamente è stato un momento di passaggio, ho recuperato quel che mi ero perso dei Timoria e sempre seguito Omar nelle sue peripezie, rimanendo buon amico di Francesco anche quando, ormai da qualche tempo, ha deciso di dedicarsi a un pop che fatico a farmi piacere.

Nei fatti, me ne parlò in tempi antichi il nostro amico Moreno, che ne era un fedele lettore, e poi anche Giuseppe Genna, scrittore e fratello, Jodorowsky e chi lo segue, ha tra le varie pratiche suggerite, non si legga la poca precisione dei termini che uso come intenti sminuenti o denigratori, non sono proprio esperto di questo campo, quella di spogliarsi, dipingersi completamente d’oro, e attraversare la città, se non ricordo male utilizzando i mezzi pubblici. Chiaramente, suppongo, ma magari sbaglio, si possono usare le mutande, suppongo sempre verniciate d’oro, perché temo che altrimenti si incapperebbe in arresto per atti osceni in luogo pubblico, ma poco cambia. Questo è un modo, vado a memoria, per esaltare il buono che c’è in noi, ma su questo non ci metterei le mani sul fuoco, potrei anche ricordare male.

Nei fatti ho scritto che alle diciotto sarei andato in balcone, in diretta streaming, completamente nudo ma coperto di glitter come una Beyoncé sovrappeso e di vernice dorata, come un adepto di Jodorowky.

Il post ha funzionato.

Non nel senso che io abbia in effetti creato aspettative a riguardo, qualcuno e qualcuna hanno abboccato, ma so che spesso vengo erroneamente preso alla lettera, ma i più hanno colto l’intento giocoso del post, un mio modo per tranquillizzare chi si era preoccupato per un mio presunto stato depressivo, un calcio ben assestato alla malinconia.

Mi fermo un attimo, perché ho già detto, tra le righe, molto di quel che volevo dire.

Sono partito da un mio stato d’animo, immagino piuttosto condiviso di questi giorni.

Ho citato un paio di miei post sui social, uno raccontandolo, uno riportandolo per intero.

Ho quindi spiegato come, in poche righe, io avessi fatto tutta una serie di citazioni, da Piotta a Jodorowky, nel mezzo Beyoncé, Britney Spears e Kim Kardashian. Ci ho messo anche un pizzico di body painting, passando da Dolcenera a Gotye e Kimbra, dopo non ditemi che sono poco eclettico.

Parlando di Jodorowky ho aperto una finestra sul bellissimo mondo immaginifico di Métal Hurlant e dei suoi eroi armati di penna, matita e fantasia, citando non a caso Alan Moore e la psicogeografia, e ho poi aperto un capitoletto dedicato a Omar Pedrini e ai suoi Timoria, menzionando anche il Francesco Renga solista, compresa l’ultima china iper-pop. 

Potrei chiudere il tutto facendo altre due menzioni, così, en passant, tirando cioè in ballo il mio fare l’elicottero, questo era ai miei occhi il punto centrale di quel post, la prova provata di una ritrovata gagliardia, non tanto incarnata da un vigore che, nei fatti, non era parte del sottotesto, sono sessista, omofobo e razzista, forse, ma non sono certo mitomane o millantatore, conosco me stesso e il mio essere nella media nazionale, come dimostrazione di quanto volendo si possa essere realmente eversivi e rock, altroché Manuel Agnelli che si mostra a petto nudo alla serata finale di X Factor, aspetto erroneamente ascrivibile come una citazione di Iggy Pop, da sempre così sul palco, ma nei fatti dallo stesso Manuel praticata da sempre, e come lui da una porzione piuttosto ampia di chi il rock lo suona, dal giovane Mick Jagger in qua, magari andando a contrapporre al suo gesto fintamente ribelle, perché si è citato il suo farlo in un contesto televisivo come se stare a petto nudo in tv fosse una sorta di piccola rivoluzione d’ottobre, quello un filo meno pudico messo in atto anni fa, era il , da Luca Romagnoli del Management del Dolore Post-Operatorio, che sul palco di Piazza San Giovanni, durante la diretta tv del Concertone del Primo Maggio organizzato dai sindacati, esibì non tanto i pettorali quanto, appunto, il pisello. Fatto non visto realmente in tv, perché figlio di un impetuoso sdegno dovuto proprio all’interruzione della diretta tv, a sua volta figlia dello sdegno degli organizzatori per una simulazione del sacramento della comunione compiuto dal cantante abruzzese, con un condom al posto dell’ostia.

Potrei, ma nei fatti poco aggiungerei a quanto già fatto, aver cioè scritto un capitolo del mio diario del lock down nel quale ho fatto una lunga sequela di citazioni, a volte alte a volte basse, a volte pop a volte di nicchia, giocando sull’emotività, in partenza, per poi virare sull’irriverenza, sempre non dichiarate, o quantomeno sull’ironia, quello che ho fatto poi di spiegarvele una per una è un atto inconsueto, che avrei in effetti dovuto evitare, creando, in sostanza, parola più parola meno, qualcosa che sia equiparabile a quanto il trolling è diventato nella cultura hip-hop, più nello specifico nel rap.

Il trolling, da non confondere da quel che con lo stesso concetto si intende, per dire, nella vita social, dove i troll sono coloro che entrano in certi thread spostando altrove la discussione, come gli elfi nordici cui fanno riferimento dispettosissimi e, categoricamente, da non nutrire, il trolling nel rap è quel continuo citare e citare, sempre senza dichiarare di cosa si sta parlando, indicare ma passare subito oltre, quindi, senza neanche lasciare troppo tempo per capire che si è indicato, invitando, quindi, a tornarci su con attenzione da entomologo, quasi ossessiva. Maestro di trolling è stato, e è tuttora, Kanye West, con questa sua passione estrema per le arti visive, lui che è indubbiamente un visionario, probabilmente un visionario folle, viste molte delle sue recenti uscite, uno che comunque è sempre attivo nel creare, non solo in musica. In rete ho letto tempo fa, ma giuro che non sono riuscito a trovarlo, magari a voi va meglio, un lungo saggio giornalistico su come la lezione sul trolling di Kanye West sia stata metabolizzata e riproposta, ovviamente con ulteriori citazioni di sue opere, dalla coppia Beyoncé & Jay-Z, meglio noti come The Carters. Faceva riferimento, il saggio, a quando i due hanno girato il famoso video Apeshit al Louvre, credo sia quattro anni fa, tra le opere d’arte che il mondo interno, noi italiani in modo particolare, invidia a Parigi, la Monnalisa di Leonardo su tutte.

Intendiamoci, non penso di essere un troll alla stregua di queste popstar internazionali, del resto opero in altro settore, e soprattutto non sono una popstar, ma volevo approfittare di un mio momento tra la malinconia e il dadaismo per spiegare una volta per tutte perché, leggendomi, magari qualcuno ha la sensazione di essere incappato in una qualche citazione che non ha colto, buttata un po’ lì di corsa.

È proprio così, sono un troll, lo ammetto.

Ma almeno durante le vacanze di Natale datemi da mangiare cose buone, se non mi immalinconisco e tornerò a dover fare l’elicottero sul balcone in diretta streaming, coperto di glitter e vernice dorata, non fatemi spiegare ancora una volta perché.