Tutto su The Wall dei Pink Floyd, il muro sonoro di Roger Waters contro il mondo

Tra insofferenza verso il mondo e dissapori con la band, ecco cosa portò Roger Waters a scrivere The Wall dei Pink Floyd

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Il primo mattone di The Wall dei Pink Floyd fu poggiato il 6 luglio 1977 allo stadio olimpico di Montreal. La band stava suonando Pigs e Roger Waters era sempre più insofferente verso un pubblico che pensava a far casino anziché ascoltare tutti gli anni di esperienza portati sul palco. Waters sputò contro quella gente indisciplinata e da quel momento la sua vita cambiò. Non voleva più essere una rockstar e da quel momento le cose dovevano cambiare.

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Tra tutti i dischi dei Pink Floyd The Wall è quello della catarsi di un artista che decide di dire la sua e dirigere l’orchestra. Lo fece, Waters, scrivendo la storia di Pink – inizialmente chiamato Mr Waters – che rinasceva dopo la morte del padre in Italia, un Pink che si era ritrovato nel mondo delle rockstar a consumare alcol, droghe e qualsiasi genere di perdizione.

La prima versione di The Wall dei Pink Floyd era una demo dal titolo Bricks In The Wall che Waters presentò ai compagni di band i un momento di forti dissapori: Richard Wright era stato cacciato e gli altri si contendevano royalties e altre brutte storie.

Il cuore di The Wall dei Pink Floyd fu riversato interamente nella trilogia Another Brick In The Wall, probabilmente la traccia più autobiografica di Roger Waters. Dobbiamo tutto sia alla determinazione del bassista che alla pazienza di Bob Ezrin, che costruì il muro sonoro che Water pretendeva da quell’opera rock. Inutile non citare Comfortably Numb (firmata insieme a Gilmour), il brano in cui Pink viene sbattuto su un palco e tocca con mano i suoi problemi fino a The Trial, il personale atto d’accusa contro se stesso.

Di The Wall dei Pink Floyd resta ancora oggi un messaggi di alienazione e denuncia all’incomunicabilità: Roger Waters era l’insetto kafkiano che gridava al mondo la sua voglia di liberarsi dall’interno di un antro, la sua mente.