La voce roca e verace di Loredana Bertè a Verissimo suona come un fucilata in pieno petto, quando racconta le violenze del padre e la violenza sessuale subita a Torino a 17 anni.
Del passato burrascoso delle sorelle Bertè sono piene le pagine dei rotocalchi, ma ancora oggi è necessario sottolineare che la violenza è sbagliata in ogni sua forma. Il racconto di Loredana Bertè a Verissimo, di fronte a una Silvia Toffanin pietrificata, inizia da quelle volte in cui le note di Beethoven annunciavano un nuovo massacro.
Sì, perché suo padre usava Beethoven come colonna sonora quando picchiava la famiglia. Lo racconta anche nel brano Padre Padrone, una sorta di risposta a Padre Davvero di Mia Martini. Loredana ricorda il sangue sulle mattonelle del bagno, le lacrime e le urla disperate. Sua madre, invece? “Fu una moglie bambina del sud, venduta a mio padre”, e per tutta la vita il ruolo della genitrice era sottinteso all’accettazione passiva dell’autorità totalitaria e violenta del padre.
Fiabe racconta ancora quegli anni terribili. Alle violenze del padre si aggiunse, qualche anno dopo, lo choc dello stupro. A 17 anni Loredana sognava di sfondare nel mondo della musica e un signore gentile, a Torino, la corteggiava mandandole i fiori in camerino. Un giorno le sue colleghe la convincono ad accettare un incontro, ma il rendez-vous era in un bilocale fuori città. “Quando ha chiuso a chiave la porta sono morta dentro”.
Loredana non denunciò quella violenza sessuale: “Erano altri tempi, avrei preso un sacco di botte”. Oggi, però, le donne possono ricorrere a tanti mezzi e per questo la voce di Luna ricorda che ogni violenza deve essere denunciata.
Terribile, infine, scoprire dalle parole di Loredana Bertè a Verissimo che suo padre la picchiò anche all’obitorio di fronte al corpo senza vita della sorella Mimì: fu necessario un trattamento per ripristinarle parte del cuoio capelluto.