Nuove chiusure IPTV streaming illegale, cosa rischiano gli utilizzatori

Oltre 5.500 nuove chiusure da parte della Guardia di Finanza, che chiude sempre più il cerchio: rischio multe per gli utenti

IPTV streaming

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La lotta senza quartiere alle IPTV in streaming illegali è cominciata nel corso delle ultime settimane. Diverse le chiusure che si sono concretizzate durante l’ultimo weekend, con la Guardia di Finanza che ha posto fine alle attività di diversi canali. Circa mille i siti finiti nel mirino dei militari, che hanno provveduto a oscurare anche trecento piattaforme.

Non è finito però il lavoro delle forze dell’ordine, che hanno continuato a setacciare il web alla ricerca di altri servizi analoghi. Una ricerca che ha portato, nelle ultime ore, a una nuova e importante stretta contro le IPTV streaming. Le notizie riportate proprio negli ultimi minuti parlano infatti di altre 5.500 chiusure, tra siti web e canali Telegram.

Un duro colpo alle attività criminali di chi si occupava di questa tipologia di business, con le confische che, monetariamente, possono essere quantificate in dieci milioni di euro.

IPTV streaming illegali, cosa rischiano gli utenti

La chiusura delle IPTV streaming non permetterà più agli “abbonati” a questa tipologia di servizio di fruire della visione dei programmi tv. Ma cosa rischia chi finora aveva sfruttato questa strada per accedere ai contenuti altrimenti criptati?

In sostanza, quello che potrebbe essere contestato è il reato di ricettazione. Il materiale “trafficato” è coperto da copyright, e potrebbe portare quindi a condanne che possono prevedere tipologie di pene differenti. Dal pagamento di una multa, che può arrivare fino a 25mila euro, fino anche alla detenzione da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni. Oltre poi al sequestro dei dispositivi elettronici, tra tv, pc, tablet e smartphone.

Essere tracciati non è poi difficile, dal momento che diversi sono i modi a disposizione degli addetti alle indagini. Dall’indirizzo IP utilizzato per accedere al servizio, fino alla carta di credito usata per effettuare il pagamento al cosiddetto “erogatore” dello stesso. Quest’ultima consegna in sostanza alle organizzazioni criminali i propri dati sensibili. Che possono quindi essere prelevati, durante le indagini, dagli inquirenti, che non hanno poi problemi ad arrivare ai fruitori finali.