Zootropolis, il cartoon Disney racconta il regno dell’utopia (per animali e uomini)

Alle 21.20 su Italia 1 il film diretto da Byron Howard e Rich Moore. È un peana alla società inclusiva. Ma il messaggio non è didascalico, grazie alla scoppiettante storia poliziesca con una strana coppia formata da una coniglietta e una volpe

Zootropolis

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Zootropolis, che nel titolo originale è più correttamente Zootopia, è il regno appunto dell’utopia (quasi) realizzata. Il suo sindaco è un leone ben vestito dall’aria garbata, fautore di politiche di inclusione che permettano di superare intolleranze e discriminazioni. Infatti lui stesso, a dimostrazione dell’avvenuto cambiamento, ha per assistente la pecorella Dawn Bellwether, senza nessun timore di possibili dinamiche predatore-preda, ormai relegate al passato. Una lezione introiettata da sempre dalla coniglietta Judy Hopps. La quale da cucciola recitava nella natia Bunnyburrow in uno spettacolo teatrale scolastico nel quale si sottolineava come l’era selvaggia degli animali cacciati e cacciatori fosse definitivamente sorpassata, sostituita da un’era illuminata di concordia reciproca tra tutte le specie.

Così, giunti al presente, Judy è una femmina fiduciosa di poter diventare ciò che vuole in un mondo senza più steccati. Il suo obiettivo si realizza grazie all’impegno che le permette, nonostante la taglia minuta e l’apprensione dei genitori – che vorrebbero si dedicasse al lavoro nei campi, come è stato per tutti i conigli dalla notte dei tempi –, di frequentare con brillanti risultati l’accademia ed entrare in polizia.

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L’arrivo a Zootropolis, perciò, pare coincidere con la realizzazione delle sue ambizioni. La città le si presenta come una megalopoli che sintetizza visivamente tutte le metropoli del globo, un luogo ideale e cosmopolita che è la quintessenza dei tempi nuovi pieni di opportunità. Almeno fino a quando Judy non s’imbatte nel comandante del distretto, un enorme bufalo che, alla vista di quello scricciolo, la relega in retrovia a occuparsi del traffico. Ma l’intraprendete coniglietta si fa notare immediatamente, trasgredendo gli ordini e mettendosi alla caccia di loschi tipacci.

In men che non si dica si trova invischiata nel caso più scottante del momento, che riguarda la misteriosa scomparsa di 14 predatori. Ad aiutarla nella soluzione dell’intricato enigma è un piccolo malvivente in cui s’è casualmente imbattuta, la volpe Nick Wilde. Così coniglio e volpe lavorano fianco a fianco: il che vuol dire che Judy, vittima di discriminazione e stereotipi, deve affrontare anche i suoi di pregiudizi, che istintivamente la portano a diffidare più che mai di una volpe.

La morale del film d’animazione Disney del 2016, diretto da Byron Howard e Rich Moore, anche vincitore dell’Oscar, non potrebbe essere più chiara, con il suo messaggio sull’inclusività e il rispetto della diversità. Principio che la società apparentemente perfetta di Zootropolis dà per acquisito a chiacchiere, mentre invece i pregiudizi sono duri a morire, come impara subito la piccola Judy, coniglio e femmina, in un mondo di maschi predatori. Il racconto evita la didascalicità dell’assunto grazie all’andatura brillante e lo stile dinamico e inventivo, che prende le cadenze di un autentico poliziesco, alleggerito dalle divertenti schermaglie da buddy movie della strana coppia di amici nemici, preda e predatore, composta da Judy e Nick.

Attorno a loro ruota una realtà multicolore e affollatissima. Zootropolis è una città-mondo in cui c’è spazio, per esempio, per un bizzarro quartiere in miniatura a misura dei suoi abitanti roditori, nel quale persino Judy fa la figura del gigante. E se la trovata diverte, sapientemente dissimulato c’è anche un altro significato: perché trattasi pur sempre di una zona separata da ben precisi confini dal resto della città, quasi un ghetto per animali di serie b (dato che, come ammoniva la fattoria orwelliana, pure nel mondo presunto ideale ci sono animali più uguali degli altri).

Il racconto di detection di Zootropolis consente poi non solo di accumulare colpi di scena, ma anche innumerevoli personaggi. Come i buffi, lentissimi bradipi che lavorano alla motorizzazione, a dimostrazione del fatto che neanche gli animali sono riusciti a risolvere la piaga della burocrazia. O come la trovata del boss criminale toporagno, che da un lato ammicca divertito al Padrino, dall’altro permette il ribaltamento delle aspettative, e del pregiudizio, secondo cui il più potente deve essere sempre il più grosso.

Zootropolis procede lungo la linea d’una dialettica che misura continuamente la distanza tra le altisonanti dichiarazioni sul paradiso in terra realizzato e la meno rassicurante realtà che disattente continuamente gli assunti teorici (e retorici). E Judy è il personaggio che con la sua caparbia volontà – ispirata al classico principio disneyano del “volere è potere” –, ma soprattutto tramite la consapevolezza accumulata via via che l’avventura procede, cerca di allineare, scoprendo quanto sia faticoso, il principio ideale col principio di realtà. Il che vuol dire fare di tutto per pervenire a quella auspicata società della concordia. Rendendosi però conto che per ottenerla poi magari si deve venire a patti con figuri non esattamente raccomandabili come il Padrino toporagno. E che la prima, vera rivoluzione non è sconfiggere il pregiudizio fuori di noi, ma quello dentro di noi.