Caterina Scorsone di Grey’s Anatomy racconta la sindrome di Down della figlia Pippa e invoca una società più equa

Caterina Scorsone di Grey's Anatomy, la figlia Pippa e la sindrome di Down: il toccante discorso dell'interprete di Amelia Shepherd


INTERAZIONI: 1404

Caterina Scorsone non è solo l’interprete dell’impavida dottoressa Amelia Shepherd in Grey’s Anatomy, ma anche la mamma di tre bambine, di cui una con sindrome di Down. Dopo Eliza di 8 anni, l’attrice ha avuto Pippa, oggi 3 anni, e poi Lucinda, di 10 mesi.

In occasione del mese della sensibilizzazione sulla sindrome di Down, la Scorsone ha deciso di parlare di sua figlia e di come la sindrome di Down l’abbia spinta a riflettere sul concetto di amore: soprattutto, l’attrice di Grey’s Anatomy ha voluto sottolineare come la diversità sia un concetto da esplorare e comunicare positivamente, chiedendo una maggiore equità nelle opportunità, nell’accesso alle cure e anche nella rappresentazione della sindrome nella sfera mediatica.

La star di Grey’s Anatomy è intervenuta a Good Morning America per parlare di come abbia cambiato completamente il suo approccio all’amore materno e familiare dopo la nascita di Pippa, ma ha anche scritto un lungo editoriale su come vede sua figlia e su come vorrebbe che la vedessero gli altri. La Scorsone parla della sua bambina dagli “occhi color arcobaleno” come di una bambina “diversa“, perché ha “bisogni specifici” e “un profilo d’apprendimento” differente da quello della maggior parte degli altri bambini, dunque deve essere aiutata per crescere ed affermarsi nella società.

Pippa è diversa. Lo sei anche tu e lo sono anch’io. Pippa ha dei bisogni specifici per il modo in cui è stato fatto il suo corpo. Io ho esigenze specifiche per il modo in cui è stato creato il mio corpo. Vale per tutti noi. Affinché Pippa possa realizzare ciò che sceglie di realizzare, prosperare e soddisfare i desideri che ha per se stessa, ha bisogno di essere supportata in modi specifici. Anche io.

La Scorsone sintetizza così quelle che sono le esigenze della sua bambina e delle persone con sindrome di Down: non si tratta solo di aiuti terapeutici o di sistemi di apprendimento specifici, ma anche della necessità di un discorso pubblico che sia inclusivo nei confronti di chi, semplicemente, è nato con un cromosoma in più.

Per avere le stesse opportunità di realizzazione che ho io, Pippa ha bisogno di cose come le terapie progettate per supportare le sue differenze di apprendimento e le sfide fisiche. Ha bisogno di più visibilità mediatica per le persone che le assomigliano, in modo che le persone la riconoscano come parte della loro comunità e così possa riconoscersi nei personaggi aspirazionali che vede in TV e sulla stampa. Quando sarà più grande, avrà bisogno di supporto per alcune delle sue capacità vitali (come molti di noi fanno) e con la ricerca di un lavoro che si adatti perfettamente alle sue capacità e talenti. Avrà bisogno di alcuni supporti per avere le stesse possibilità nella vita. Avrà bisogno di equità.

La Scorsone sottolinea giustamente come parlare di equità sia molto diverso dall’invocare la semplice uguaglianza: siamo tutti uguali perché tutti valiamo come persone, ma siamo anche diversi e con bisogni specifici, quindi garantire a tutti le stesse opportunità significa mettere talune persone in condizioni di vantaggio perché sentirsi alla pari con le altre.

L’equità è una parola più utile dell’uguaglianza. L’equità abbraccia le nostre differenze. L’uguaglianza a volte le cancella accidentalmente e, così facendo, crea svantaggio e disuguaglianza per moltissime persone.

Nel suo lungo e intenso editoriale l’attrice di Grey’s Anatomy si sofferma sulla nostra “dignità” di esseri umani, che è quello che ci accomuna nei desideri, nei diritti, nei doveri: affinché si raggiunga l’equità, però, ognuno deve essere considerato “degno e prezioso grazie alle nostre differenze, piuttosto che nonostante esse“. L’attrice fa dunque un discorso più ampio che riguarda la società in cui viviamo e le tante barriere che ancora rendono l’equità un miraggio.

Abbiamo bisogno che la nostra unicità sia vista, riconosciuta e protetta attraverso leggi e strutture sociali che celebrano e valorizzano questa differenza. Abbiamo bisogno che le strutture economiche e sociali, dall’istruzione all’assistenza sanitaria alla giustizia penale, al diritto bancario e fiscale, sostengano la realizzazione di ogni persona, piuttosto che il contrario. La nostra cultura di recente ha visto invertite le cose ed è ora di metterle a posto. Dobbiamo allineare le nostre strutture ai nostri valori. Dobbiamo capovolgere lo specchio e ricordare chi siamo.

Per la Scorsone l’obiettivo di una società equa deve essere realizzare “l’uguaglianza nella pienezza della nostra differenza“: per raggiungere questo scopo è necessario riconsiderare l’essere umano come fine e non come mezzo nell’economia di una società, perché “nessuno è meno o più utile nel cammino verso qualcos’altro“: “L’essere umano visto come un mezzo è sfruttamento. L’essere umano visto come un fine è dignità. È amore“.