Grand Army di Netflix è la nuova Euphoria?

Grand Army di Netflix è un teen drama sulla Generazione Z con un focus sulle sfide degli adolescenti afroamericani


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Un nuovo teen dram potrebbe scalzare Euphoria dalle preferenze degli adolescenti di mezzo mondo. Grand Army di Netflix è la nuova serie dedicata alla Z Generation americana e in particolare alle sfide che i giovani di colore devono affrontare nel periodo complicato della transizione tra l’adolescenza e l’età adulta.

Grand Army è liberamente ispirata a un’opera teatrale del 2013 della creatrice della serie Katie Cappiello e racconta i travagli di cinque studenti di una scuola superiore pubblica a Brooklyn. La serie, che ha appena debuttato su Netflix coi suoi primi 9 episodi, offre uno sguardo audace e senza filtri sulle esperienze dei millennials nell’America contemporanea, entrando a gamba tesa in alcune delle sfide che comunemente gli adolescenti si ritrovano ad affrontare. La scoperta della sessualità, il razzismo endemico, la mancanza di giustizia sociale, la difficoltà di inserimento per chi viene considerato “diverso”.

Grand Army è basata su Slut: The Play della showrunner della serie Cappiello, un testo molto coraggioso che affronta il tema degli effetti della cultura dello stupro e del victim blaming sulle giovani donne, soprattutto quelle di colore. Tema presente nella serie, che nei nove episodi della prima stagione amplia il suo sguardo alla generale difficoltà di essere un o una adolescente afroamericano/a che vive l’emarginazione sulla propria pelle.

Le giovani star di Grand Army Odessa A’Zion (interprete di Joey Del Marco), Odley Jean (nella serie Dominique Pierre), Maliq Johnson (Jayson Jackson), Amalia Yoo (Leila Zimmer) e Amir Bageria (Sid Pakam) interpretano i 5 adolescenti che frequentano la stessa scuola e che provano a sopravvivere, ad affrancarsi e a conquistare un posto nella società in vista di un futuro fatto di ostacoli più che di opportunità. 

Ex insegnante, autrice e sceneggiatrice ed ora creatrice, showrunner e produttrice esecutiva della serie Netflix, Katie Cappiello incrocia il genere del teen drama classico con i temi dell’attualità più stretta, dalla violenza di genere alla presa di coscienza del razzismo endemico nella società, con riferimenti alle battaglie dei movimenti #MeToo e Black Lives Matter. Eppure le buone intenzioni della sua scrittura si sono scontrate con accuse che vanno in senso totalmente opposto, denunce da parte di alcuni collaboratori che la accusano di aver avuto atteggiamenti discriminatori con altri sceneggiatori. La Cappiello è stata anche tacciata di aver puntato nella stesura della serie usando uno sguardo da “pornografia della povertà” sui protagonisti di colore, con una rappresentazione forzata e distorta delle loro condizioni e stili di vita, in aperto contrasto con le richieste dei tre scrittori di colore presenti nel gruppo di sceneggiatori.