Mamma di Tiziana Cantone in cerca di giustizia, la svolta grazie a esperti USA

Mamma di Tiziana Cantone

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Una ferita ancora aperta quella della mamma di Tiziana Cantone, la giovane vittima (a tutti gli effetti, ndr) del caso di revenge porn di qualche anno fa. Era precisamente il 2016 quando la ragazza, dopo il putiferio social a seguito della diffusione di video hot privati, arrivava a compiere il gesto estremo. Da quel momento la macchina della giustizia si è messa in moto, senza però arrivare mai a una condanna.

Non un colpevole certificato dunque, un elemento che ovviamente non permette alla mamma di Tiziana Cantone di trovare serenità. Sebbene una condanna rappresenti sostanzialmente un palliativo a un dolore difficilmente attenuabile. E rappresenti in sostanza una battaglia a tutela di altre persone, affinché non subiscano lo stesso trattamento (soprattutto social) patito dalla figlia.

La mamma di Tiziana Cantone continua a lottare

Intervenuta nel corso della trasmissione Rai “Storie Italiane”, la mamma di Tiziana Cantone ha fatto il punto sullo stato delle indagini. Queste, a distanza di ormai quattro anni dal suicidio della giovane, erano arrivate a un punto morto che non aveva permesso l’individuazione di un colpevole. Una situazione che potrebbe cambiare nel prossimo futuro, grazie all’intervento di un team di esperti dagli Stati Uniti.

A distanza di quattro anni dalla morte di Tiziana, la Procura di Napoli Nord non mi ha ancora fatto il nome di un solo colpevole nonostante per mia figlia siano stati lesi tutti i diritti inviolabili: privacy, stalking, furto di identità” si legge sulle pagine del Messaggero. In Italia il revenge porn è divenuto reato solo di recente, e proprio la storia di Tiziana Cantone ha smosso le acque in tal senso.

Storia ben diversa quella che arriva dal nuovo continente, negli Stati Uniti, dove pene severe sono previste per chi si rende responsabile di diffusione di materiale privato a scopo diffamatorio. E dagli USA è arrivato un aiuto provvidenziale nell’identificazione dei soggetti che, anche dopo la morte della ragazza, hanno continuato a infangarne l’immagine e la memoria. Sarebbero stati 103 i responsabili che hanno perpetrato l’opera di diffusione dei filmati incriminati. E per loro, molto presto, potrebbe arrivare un verdetto pesante.

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