Il 9 settembre è il giorno della morte di Lucio Battisti. 22 anni fa, nel 1998, qualche divinità invidiosa di avere un concorrente tra i terrestri decise di rimediare, e ce lo portò via. Non abbastanza in tempo, però, perché Battisti aveva già scritto la colonna sonora di 30 anni di vita degli italiani e sì, in tre decadi aveva detto e cantato di tutto.
Il 9 settembre 1998 Lucio Battisti aveva 55 anni. Repubblica scrisse che si era spento alle 8 del mattino poco dopo aver ricevuto l’estrema unzione dal cappellano dell’ospedale. Il suo viso era scavato e “gli occhi non cercavano più nulla”. La divinità invidiosa non aveva fatto in tempo a farlo tacere, perché Battisti aveva già dato tanto.
Incantate le anime sensibili con Emozioni (1970), scosse le menti inquiete con Umanamente Uomo: Il Sogno (1971), Il Mio Canto Libero e Il Nostro Caro Angelo, restituito al presente il mondo dei baccanali con Anima Latina (1974) e insegnato all’Italia intera quanto sia bello e audace il sincretismo tra mondi apparentemente divisi, la voce più popolare di Poggio Bustone è ancora oggi un punto di riferimento per i cantautori contemporanei.
Poco importa se i più fanno spallucce quando ascoltano le produzioni del post-Mogol, e parliamo di quelle opere firmate da Battisti e Pasquale Panella: anche quando faceva storcere il naso, Lucio aveva fatto bingo e lo dimostrano tutte le attestazioni di stima arrivate dopo la pubblicazione di Don Giovanni (1986).
Se la morte di Lucio Battisti è motivo di amarezza non si può dire altrettanto della sua eredità. A lui devono tutto gli artisti indie, le star del pop, i melodrammatici della musica leggera e, perché no, i nomi più grandi della scena alternativa.
Appresa la notizia della morte di Lucio Battisti, alle 2 del mattino i suoi compaesani si fiondarono sulle prime corse dei pullman e raggiunsero Milano per salutarlo, per amarlo ancora un po’.