Cosa c’è di vero in Hollywood su Netflix, dalla Dreamland del Golden Tip all’immoralità di Henry Willson

Nella sua stellare miniserie Ryan Murphy riscrive la storia per premiare le minoranze più discriminate, mantenendo però i riferimenti a fatti e personaggi realmente esistiti

David Corenswet in Hollywood su Netflix

[SAEED ADYANI/NETFLIX]


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La riscrittura della storia fa della Hollywood di Ryan Murphy una sorta di sogno a occhi aperti. Nella nostra recensione ne parliamo come di una parentesi dorata che scaccia via i brutti pensieri e premia i buoni sentimenti, e in effetti assicurare un lieto fine alle minoranze storicamente più emarginate richiede più di un volo pindarico.

Il risultato è un amalgama di finzione e realtà, un omaggio all’epoca d’oro di Tinseltown in cui individui realmente esistiti si affiancano a personaggi fittizi per convincere il pubblico che le cose sarebbero potute andare diversamente, se solo il talento avesse garantito a tutti delle pari opportunità.

In fin dei conti, però, cosa è reale e cosa è invece frutto della riscrittura di Ryan Murphy, Ian Brennan e Janet Mock? Ecco una sintesi delle principali differenze tra realtà e finzione in Hollywood, su Netflix dal primo maggio.

I personaggi principali

Nella Hollywood di Ryan Murphy si raccoglie un microcosmo ricchissimo di attori, attrici, produttori, registi, sceneggiatori, agenti, star di ogni età e livello. I personaggi attraverso i quali il pubblico entra nel dorato mondo del cinema sono però fittizi.

L’aspirante attore Jack Castello, il regista Raymond Ainsley, lo sceneggiatore esordiente Archie Coleman e le attrici Claire Wood e Camille Washington sono frutto dell’estro creativo degli autori, e lo stesso può dirsi di Dick Samuels, Avis Amberg ed Ellen Kincaid.

Per ciascuno di essi Ryan Murphy ha ammesso di essersi ispirato a individui conosciuti nel corso della sua carriera, senza però svelare di chi si trattasse esattamente. Gli unici personaggi realmente esistiti e ritratti in Hollywood sono Rock Hudson e Henry Willson.

Il Golden Tip

Nella Hollywood di Ryan Murphy il Golden Tip concede ai ricchi e potenti la possibilità di discostarsi dalla propria immagine pubblica per soddisfare invece dei reali desideri. Qui l’altolocata Avis Amberg incontra per la prima volta uno squattrinato Jack, e qui si accende la scintilla fra il già disinibito Archie e il timido Roy, ancora lontano dai giorni di Rock Hudson.

Né il Golden Tip né Ernie sono realmente esistiti, ma la loro storia richiama la vera esperienza di Scotty Bowers, un ex Marine responsabile di un simile giro di prostituzione in una vecchia stazione di servizio di Hollywood.

Da Roy Fitzgerald a Rock Hudson

Come detto, Rock Hudson è uno dei pochi collegamenti fra la Hollywood di Netflix e quella reale. Al punto che la maggior parte degli eventi in cui si ritrova coinvolto nella serie sono effettivamente il frutto delle sue esperienze di vita.

Certo, non ha mai davvero incontrato Archie al Golden Tip chiedendo di andare a Dreamland, ma è stato davvero ribattezzato Rock Hudson da Henry Willson. Altrettanto vero è come l’infido agente l’abbia costretto a rifarsi i denti, lavorare sulla dizione e modificare il portamento. Ed è reale persino il fatto che abbia dovuto ripetere 27 volte le battute del suo primo provino.

La principale differenza fra la star hollywoodiana e quella di Netflix sta invece nel modo in cui hanno vissuto il proprio orientamento. Il vero Rock Hudson è stato costretto a sposare una delle segretarie di Willson e non ha mai fatto coming out. La sua omosessualità è stata rivelata soltanto dopo la morte, nel 1985, per complicanze legate all’AIDS.

Immaginate se avesse avuto la possibilità di essere gay e fosse stato la prima stella omosessuale del cinema. Non solo sarebbe stato più felice, ma sarebbe anche diventato un modello per moltissime persone, ha commentato Ryan Murphy a questo proposito.

La carriera di Anna May Wong

Fra i tanti tributi della Hollywood di Netflix spicca quello ad Anna May Wong. Nella serie, il personaggio che la donna interpreta in Meg le permette di risollevarsi dopo un lungo periodo di stop e addirittura vincere un Oscar, il primo assegnato a una donna di origini cinesi.

Nella realtà, invece, la carriera di Wong non è mai davvero decollata a causa dei pregiudizi subiti in fase di casting. Alle donne non bianche, e in particolare alle cinesi, lamentava già nel 1933, erano affidati soltanto ruoli da antagonista profondamente irrispettosi e limitanti.

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La fine di Peg Entwistle

L’espediente che mette in moto la storia di Hollywood su Netflix, ossia la triste fine di Peg Entwistle, è ripreso dalla serie in modo quanto mai fedele. È vero, infatti, che nel dopoguerra la giovane ha lasciato il Galles per inseguire il sogno di una vita da star del cinema.

Così come è vero che a ucciderla sono state le delusioni. Devastata dalla cancellazione di un grosso numero di scene già girate per il film Thirteen Women, Peg Entwistle si è infatti suicidata lasciando un biglietto cui anche la serie fa riferimento.

Le mosse predatorie di Henry Willson

Jim Parsons fa sua con grande efficacia l’ambiguità innata di Henry Willson, vero manager di Rock Hudson e artefice della sua consacrazione artistica. Definito l’uomo che inventò Rock Hudson, Willson ha infatti scelto un nome destinato al successo: Rock si rifà alla roccia di Gibilterra e Hudson all’omonimo fiume di New York.

La Hollywood di Netflix rimane fedele all’essenza di Wilson anche nel ritrarne gli atteggiamenti predatori nei confronti di giovani attori, costretti ad avere rapporti con lui per sperare di veder decollare le proprie carriere.

Henry Willson è stato uno dei grandi mostri della storia di Hollywood, ha spiegato Ryan Murphy. Cercava sempre lo stesso tipo di uomo, gli prometteva la fama e lo costringeva ad andare a letto con lui. Oppure lo guardava mentre aveva rapporti con altri.

L’unica sostanziale differenza fra il personaggio reale e quello fittizio sta nel finale che Murphy concede a quest’ultimo. Nella serie, infatti, Willson si ravvede, prende atto della malignità dei propri comportamenti e intraprende un percorso di recupero. Nell’episodio finale lo si vede alle prese con una sana relazione e la decisione di produrre il primo film hollywoodiano incentrato su una storia d’amore omosessuale.

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L’esclusione di Hattie McDaniel

La storia di Hattie McDaniel, la prima donna afroamericana a vincere un Oscar, è trasposta sullo schermo nel momento in cui il personaggio si confida e incoraggia la giovane Camille. La differenza fra la serie e la realtà, però, sta nel fatto che in realtà all’attrice è stato permesso partecipare alla cerimonia di consegna dei premi, ma non a fianco dei colleghi. E le è stata negata perfino la possibilità di partecipare alla festa organizzata per celebrare il grande successo del film agli Oscar.

Ciò su cui Ryan Murphy non batte ciglio è invece la bisessualità di Hattie McDaniel. La donna, che pure è stata sposata con quattro uomini, ha effettivamente intrattenuto una relazione con la collega Tallulah Bankhead. In pubblico dovevano essere soltanto in un modo, ma dietro le porte chiuse potevano essere tante cose diverse, ha chiarito Murphy.

Gli episodi di Hollywood sono disponibili su Netflix.