Un mese e mezzo fa ho suggerito di fermare la musica; ora l’idea è tornata in circolo, ma temo sia troppo tardi

Ormai i concerti online ci sono stati ed io sono stanco di dover fronteggiare la totale mancanza di spirito di gruppo degli artisti italiani

Frame By IG streaming


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Il 18 marzo scorso, non sono neanche in grado di dire quante ere geologiche fa, neanche erano obbligatorie le mascherine, per dire, ho provato a suggerire, certo in maniera provocatoria, alla mia maniera, ai tanti musicisti che ci regalavano i propri concerti sui social di smettere. Di fermare la musica, perché così facendo, regalandola, avrebbero commesso lo stesso errore commesso a suo tempo nei confronti della musica online, sottovalutare l’idea che la gente si abitui alla gratuità, finendo poi per pretendere che la musica non si paghi.

Come dire, se la gente non tira più fuori un euro per comprare i cosiddetti dischi, al punto che al download illegale è subentrata quella porcata dello streaming, un modo per provare a far fare cassa non agli artisti, ma alle case discografiche, regalando in effetti la musica, figuriamoci se riprenderà a spendere soldi, ora che di soldi ne girano molti meno, per di più per andarsi a mettere a rischio di contagio in arene, locali o stadi pieni di gente sconosciuta, per andare a seguire un concerto.

Non succederà più, dicevo, provocando, perché voi li avrete abituati a seguire i concerti gratis sui social, dalla vostra cameretta, per altro abbassando ancora una volta la qualità, alla faccia dell’arte.

Ovviamente qualcuno ha provato a dire che non è la stessa cosa, e in effetti, anche su questo poggiava la mia provocazione, la stragrande maggioranza dei live proposti dagli artisti, specie dai BIG, faceva talmente cagare che paragonarli a concerti veri e propri era impraticabile, nei concerti veri ci sono infatti turnisti e fonici, oltre che luci, scenografie e soprattutto il pubblico, mentre le dirette sui social hanno dimostrato inesorabilmente come molti dei BIG non sappiano né cantare senza aiutini né suonare, siamo nell’ovvio, ma pure uno streaming ascoltato alla cazzo su uno smartphone non è paragonabile qualitativamente a un brano registrato in analogico e ascoltato con un impianto stereo, col risultato che semplicemente si è abbassato il livello delle incisioni. Qualcun altro, penso a Ermal Meta, che mi ha risposto su Twitter, ha provato a dire, anche a ragione, che la musica non si può fermare perché aiuta la gente a vivere, indicando come la musica accompagni sia i momenti di festa come i matrimoni che quelli di tristezza come i funerali.

Anche qui, tutto vero, ma se tutte le maestranze, quelli cioè che lavorano ai concerti e che sono fermi da mesi, dimenticati per di più dai decreti del governo, che addirittura ha messo in crisi il settore ulteriormente, andando a chiedere ai lavoratori dello spettacolo una serie di caratteristiche che spesso risultano fuori dal mondo, molti lavorano in cooperative, o a giornata, non è pensabile chiedere di aver almeno trenta giorni pagati in un anno a fattura, e i piccoli artisti, vedi sopra, non trovano l’aiuto da parte dei BIG, diciamolo apertamente, è davvero impossibile prevedere per loro una ripartenza, perché i concerti saranno gli ultimi a ripartire e nel mentre sarà arrivata la loro fine.

Quella provocazione è caduta nel nulla.

O almeno, quella provocazione è caduta momentaneamente nel nulla.

Del resto, a dirla tutta, avrei anche potuto dire che siccome il comparto editoriale è stato a sua volta dimenticato dagli aiuti del governo avrei smesso di scrivere post gratuiti su Facebook, insomma, aprire il dibattito è anche stimolante, ma quasi mai porta da qualche parte.

Se n’è un po’ parlato, ma i concerti sono proseguiti, seppur con sempre più stanca. E alla fine tutto questo, il veder cioè un artista in casa, in ciabatte, che ci canta le sue canzoni mentre il cane di fianco abbaia, o mentre alle sue spalle si vede qualcuno che butta la pasta è iniziato a sembrarci la normalità, al punto che qualche promoter ha cominciato addirittura a spacciare quella roba per date di un tour, con il beneplacito di alcuni che hanno tirato in ballo la beneficenza a dare al tutto un tocco di sensato.

Poi si è svegliato qualche BIG, da Tiziano Ferro alla Pausini e tanti altri, provando a chiedere aiuti concreti per chi lavora nello spettacolo, lasciando intendere che coi concerti fermi sarebbero state tante le famiglie senza alcun reddito.

Certo, qualcun altro, penso a Enrico Ruggeri come a Claudio Trotta, ha provato a far notare che i biglietti dei concerti, milioni di biglietti, sono già stati venduti da tempo, mesi, addirittura anni, e che basterebbe girare quei soldi lì alle maestranze per farle sopravvivere, ma credo che per i BIG sia più facile chiedere aiuto al governo che mettere tasca al portafogli, o più semplicemente chiedere a chi il loro portafogli riempie, i promoter, di fare qualcosa di concreto.

Per dire, visto che appunto si sono venduti milioni di biglietti, anche con mesi o anni di anticipo, si girasse alle maestranze e ai piccoli artisti anche solo i diritti di prevendita, che nei mesi di anticipo generano denaro, fruttano, tanto è chiaro che nessuno intende rendere i biglietti a chi aveva comprato biglietti per eventi che non ci saranno e chissà se mai verranno recuperati (siamo sicuri che le belle favole come quella dei tanti stadi riempiti da Ultimo o di Salmo a San Siro avranno ancora senso fra mesi?).

Un discorso complesso, sicuramente, che però sembra di colpo essere finito sotto gli occhi di tutti.

Sveglia!!!!, direbbe qualcuno, tra una scia chimica e un virus scappato da un laboratorio cinese e amplificato dal 5G.

Perché, credo a partire da una provocazione di Roy Paci, e poi di altri, penso a Petra Magoni, di colpo anche gli artisti indipendenti hanno iniziato a parlare di spegnere la musica, come forma di protesta. Ci sono state iniziative del MEI, a riguardo, di altri artisti. Ovviamente c’è arrivato buon ultimo anche Red Ronnie, che è andato a parlarne da Barbara D’Urso, luogo che in effetti alla musica ha dato così tanto negli anni.

Di colpo quello che avevo provato a dire un mese e mezzo fa, quasi due, è diventato oggetto di discussione pubblica.

Infatti è arrivato il momento di passare a altro, fanculo a questo mio essere sempre troppo avanti.

Nel mentre c’è stato di tutto, compreso il Concertone del Primo Maggio di Roma, quello un tempo identificato coi sindacati, quello solitamente di scena in Piazza San Giovanni, quello che l’anno scorso ho attaccato duramente per la totale assenza di donne nel cast.

Ora, lungi da me colpirlo anche quest’anno come ho fatto l’anno scorso, non ne ho intenzione né ho la forza fisica per iniziare una qualsiasi campagna di protesta che per altro non avrebbe ragion d’essere, qualitativamente è stato molto ben fatto, come forse mai prima, e in alcuni passaggi è stato molto suggestivo, penso alla Nannini da Terrazza Martini o a Tosca. L’ho citato perché volevo semplicemente indicare come al Concertone del Primo Maggio del 2020, trentesima edizione, edizione svoltasi in sicurezza al Teatro delle Vittorie, con interventi in loco o tramite video, siano stati invitati molti di quei nomi mainstream che, se si fossero azzittiti e fermati, avrebbero magari potuto dare un senso all’idea di silenziare la musica, e che col loro essere lì, sul palco che invece di solito ospitava artisti meno visibili, più o meno coerentemente con l’idea di musica promossa dai sindacati, hanno addirittura negato a qualcuno di più piccolo di avere qualche scampolo di visibilità.

Come dire, invece che dar seguito a un’idea di sciopero, che non doveva ovviamente partire dagli organizzatori, loro, Massimo Bonelli in testa, hanno semplicemente fatto bene il loro lavoro, doveva partire dagli artisti, artisti che invece di dar seguito a un’idea di sciopero andando al Concertone hanno evidenziato come c’è chi faticherà a arrivare al reale lock down sui propri piedi e chi ci arriverà comunque senza problemi, con buona pace di chi guardava alla comunità degli artisti come, appunto, una comunità.

Unica eccezione Antonello Venditti, che ha appunto rivendicato il suo voler stare zitto proprio per solidarietà di chi voce non ne avrebbe comunque e probabilmente non ne avrà per molto tempo.

Oh, stiamo parlando del sesso degli angeli, eh, perché a nessuno è manco passato per l’anticamera del cervello di silenziare davvero la musica, non scherziamo, tanto c’è Spotify, Youtube, i dischi fisici, silenziare de che?

Ora, vi ho esternato in questo mio diario del contagio, vorrei dirvi che ho addirittura perso il conto dei giorni che sto passando chiuso in casa, e quindi del numero dei capitoli di questo diario che ho scritto, ma mentirei, perché segno ogni capitolo in un apposito file, quindi so perfettamente che sono settantaquattro giorni e settantaquattro capitoli, vi ho esternato in questo mio diario del contagio la mia volontà, una volta che tutto questo sarà finito, sempre che prima o poi tutto questo sarà in effetti finito, la mia volontà di smettere con quello che ho fatto negli ultimi sei anni, cioè col mio scrivere articoli relativi a musica della quale non mi interessa nulla, la cosiddetta musica demmerda, e possibilmente anche col mio picconare il sistema musicale, perché tanto che il corpo agonizzante del sistema musicale ormai sia crivellato di buchi, morente se non addirittura morto è sotto gli occhi di tutti, potrei quindi bellamente sbattermene il cazzo che la musica e chi ci lavora, siano essi artisti di primo livello, artisti che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, magari artisti costretti anche a fare altri lavori per mettere insieme il pranzo con la cena, le maestranze che lavorano ai live, in studio, alla promozione, i discografici, insomma, chi appartiene in qualche modo al mondo dello spettacolo, magari anche i miei colleghi, povere pecore, potrei bellamente sbattermene il cazzo che la musica e chi ci lavora si stia incamminando a larghe falcate verso il precipizio, la fine certa, la morte nera.

Potrei, cioè, dar seguito alla mia volontà di andare a occuparmi d’altro, da una parte la letteratura, che poi sarebbe anche il luogo dal quale ho cominciato il viaggio nella scrittura, ormai venticinque anni fa, e nel quale sono evidentemente tornato in queste ultime settimane, proprio con questo diario del contagio, dall’altra la musica che amo, si tratti di quel rock alternativo che per anni è stato semplicemente la musica che ho ascoltato per mio piacere personale o si tratti di quel cantautorato femminile che nel corso del tempo ho provato a spingere con tutte le mie forze attraverso il progetto Anatomia Femminile e il suo figlio prediletto il Festivalino, lasciando che il resto se ne vada a fare in culo, muoia Sansone con tutti i filistei, ricordo eravamo soliti dire da piccoli, seppur io abbia guardato a Sansone sempre con un certo rispetto, uomo coi capelli lunghi in un mondo di rasati, addirittura indebolito nel momento in cui qualcuno gli tagliava i capelli, un po’ come me.

Potrei, ma è evidente che non lo farò, altrimenti che cazzo avrei iniziato a fare questo capitolo parlando di una mia intuizione di un mese e mezzo fa, e perché sarei stato per oltre ottomila battute a ragionare intorno a quel che quella intuizione è diventata nel mentre?

Oggi, 7 maggio, credo che parlare di silenzio della musica sia dire qualcosa di impraticabile, come chiudere un cancello dopo che i buoi sono usciti.

Si doveva e poteva fare, forse, ma prima.

Ormai i concerti sui social ci sono stati, tanti, non fatemi dire cosa penso della stronzata #IoSuonoACasa, dai.

Certo, ci sono stati anche artisti indipendenti che con quei concerti sono riusciti a fare un po’ di cassa, dando il la a una sorta di crowdfunding, di raccolta fondi, ma solo perché hanno un pubblico educato, che sa che non potrebbe più seguirli se loro non esistessero, ragionamento che i fan dei BIG sembra non riescano a fare, quando Fabrizio Moro, dopo il Concertone, ha provato a dire che d’ora in poi farà solo concerti online a pagamento lo hanno attaccato manco avesse detto che avrebbe leccato la tazza di un cesso pubblico, come l’influencer americano, i fan dei BIG troppo incistati con quella cazzata che la musica è la loro vita, sogno, pronto soccorso, così, senza però ragionare al fatto che la musica sia un lavoro, e che sia un lavoro per un sacco di gente, non solo per i loro idoli, loro idoli spesso ricchi sfondati.

La musica non si è azzittita, è un dato di fatto.

Forse è allora il caso di provare a guardare in tutt’altra direzione, e dire che siccome non si è stati capaci, o non si è voluto azzittire la musica, è il caso di alzare al massimo il volume, di urlare, di farsi sentire davvero da tutti.

Ora, fossi in un momento diverso della mia vita, dopo questo preambolo anche piuttosto lungo, ora me ne uscirei con una qualche provocazione di quelle che fanno rizzare i peli sul collo ai puritani, qualcosa che stia a metà strada tra l’hashtag degli hashtag, no, non parlo del triste e meschino #MilanoNonSiFerma, ma del glamourosissimo e fastidiosissimo #LaFigaLaPortoIo, e uno dei tanti gesti iconoclasti proposti nel tempo, proprio per provare a rendere irriverente la faccenda delle stucchevoli suonate sui balconi di quei primi giorni di clausura, per dire, avevo lanciato l’idea di un flashmob che vedesse le donne a tirare fuori le tette e gli uomini a fare l’elicottero col pisello, suggerendo orari diversi solo a beneficio dei maschietti, va detto, perché indicavo per le donne il classico orario delle 18, mentre per gli uomini la mattina prima di colazione, potendo quindi contare sul beneficio idraulico della notte appena trascorsa. Lo farei scrivendoci su qualcosa di irriverente, giocando sempre su quel delicato equilibrio tra alto e basso, ironico e profondo, pop e colto, sempre usando uno sproposito di parole, certo, arrivando, anzi, a fare la provocazione, a indicare cosa fare e come farlo, dopo aver dato fondo ai miei ricordi di gioventù, partendo da lontanissimo e perdendomi più e più volte strada facendo, lasciando che solo i più impavidi e temprati possano infine sapere di cosa in effetti stavo parlando, lì a quattr’occhi con l’oggetto del mio scritto.

Solo che sono stanco, sono molto stanco, non solo e non tanto per i settantaquattro giorni di clausura forzata, non solo e non tanto per lo stress di vivere in una condizione di innaturale cattività, con la natura, questa sì, lì fuori a farci di nuovo paura, come mai ci era capitato in precedenza, se non saltuariamente, penso ai terremoti e a altri eventi catastrofici, ma sono stanco nel senso lato del termine, sono stanco e sono stufo, quindi, di dover fronteggiare anche in uno stato di pandemia la totale mancanza di organizzazione e di spirito di gruppo, leggi alla voce consorteria o solidarietà inter pares, che il mondo nel quale per così tanti anni mi sono trovato non solo a lavorare ma a vivere è stato capace di mettere sul piatto.

Della serie, se non ci pensano loro, perché cazzo dovrei star qui a sbattermi io per loro?

Questo, ovviamente, partendo dall’assunto che io, in quanto outsider, spirito libero, bastian contrario, anarchico individualista e chi più ne ha più ne metta, di quel mondo sia ospite momentaneo e a volte anche indesiderato, uno che, volendo, può vivere anche altrove, magari anche meglio.

Faccio un esempio, tanto per non lasciare che queste mie parole restino lì sospese, inconcrete.

Con una parte delle artiste che girano intorno e dentro il progetto Anatomia Femminile ho una chat su Whatsapp. Una sorta di test al quale mi sottopongo quotidianamente, vedere se sono in grado sopravvivere unico maschio in una chat con una novantina di donne, per di più artiste. È da quella chat che è partita, per dire, la mia proposta di fare il Festivalino della Quarantena, versione pandemica del più consono Festivalino di Anatomia Femminile di cui vi ho parlato a suo tempo, quando cioè è andato in scena sui miei social. In realtà prima di quella chat ne esisteva un’altra, con qualche nome in più e molti nomi in meno, una chat che era nata proprio in occasione del secondo Festivalino di Anatomia Femminile, nel 2018, e che ho chiuso in maniera anche piuttosto violenta qualche mese fa, dopo aver constato un grado eccessivo di polemica nei miei confronti, anche pretestuosa in alcuni casi, pensate, mi si contestava l’essere un uomo che parla di femminile, e dopo aver anche constatato proprio la quasi totale assenza di spirito corporativistico tra le artiste, tutte pronte a rispondere a una mia chiamata, quasi tutte, ma mai interessate a farsi promotrici di iniziative autonome e a sostenersi a vicenda.

La mia idea, infatti, ne ho scritto più e più volte, è sempre stata quella di creare una sorta di rete, non dico di cooperativa, non è mai stata mia intenzione metterci una scatola, peggio una gabbia, sopra o intorno, ma comunque qualcosa che permettesse a tutte di farsi forza dell’essere parte di un tutto cui partecipavano tante altre colleghe.

Una rete, appunto.

Pensavo, e in parte penso ancora, che se ogni artista che ha ruotato e ruota intorno e dentro Anatomia Femminile si facesse carico di sostenere anche le proprie colleghe, per dire, che so?, votandole nei Premi ai quali le altre partecipano, iscrivendosi alle varie pagine social, divulgando e promuovendo le loro iniziative e eventi, dai live alle uscite discografiche, se, in pratica, si riuscisse a fare una sorta di cartello dove in maniera coordinata tutto quel che riguarda i singoli, le singole, viene di volta in volta spinto e sostenuto dal resto del gruppo, si potrebbero davvero muovere numeri importanti, avere una voce potente, non dico al pari dei BIG, perché so bene che quello è un sistema assai più consolidato e soprattutto sostenuto dal mercato e dal sistema, ma quantomeno capace di reggersi e muoversi collateralmente.

Ho provato, per dire, a chiedere alle artiste coinvolte in Anatomia Femminile di sostenere col proprio voto e chiedendo il voto ai propri followers Lavinia Mancusi all’epoca in cui era semifinalista a Musicultura, circa un anno fa, io che Lavinia la conoscevo solo di nome, non eravamo neanche in contatto sui social, provando, quindi, a usare il suo nome proprio come una sorta di test, di prova di forza di questo gruppo, ci ho provato ottenendo un qualche risultato, Lavinia anche grazie a quei voti immagino sia arrivata in finale, ma certamente non ottenendo il coinvolgimento di tutte quante, neanche lontanamente. Anzi, aver fatto un nome ha subito dato vita a una sorta di gara, con molte a chiedere di sostenere anche loro in questo o quel concorso e premio, vanificando quindi l’idea stessa di fare cartello, che ai miei occhi era primaria, per questo avevo identificato proprio in una artista che non faceva ancora parte del circuito Anatomia Femminile come Lavinia il test ideale.

Ho provato a vedere se era possibile fare cartello, cioè ho provato a dar seguito concretamente a quel che da tempo pensavo fosse necessario e utile.

Lo pensavo e ho per anni provato a veicolare questo messaggio sia nella chat, dentro estenuanti discussioni a suon di centinaia di messaggi, sia coi miei scritti, dove spesso ho esternato questa mia visione e nei quali ho spesso parlato di quelle medesime artiste, dando loro una visibilità meritata, certamente, ma non molto presente negli scritti dei miei colleghi.

Ora, so perfettamente di avere una visibilità importante, siete qui a leggermi, perché dovrei fingere che non ci siate?, e so anche di avere una personalità importante, fossi il 25 aprile dovrei dire “divisiva”.

So, cioè, che se lancio una qualche iniziativa, si tratti appunto del Festivalino sui social o dal vivo, da Attico Monina al MEI, così come se provo a canalizzare l’attenzione dei lettori su questo o quel progetto indipendente, in genere, così come se evidenzio falle nel sistema, se faccio qualche inchiesta sghemba, si tratti di parlare di conflitti di interessi al Festival di Sanremo come di gestioni fantasiose di passaggi radiofonici e edizioni, o di finti sold out, quello che dico finisce sotto la luce dei riflettori, diventa oggetto di pubblica discussione, ottengo in sostanza ottimi riscontri, magari finendo per far stare sul cazzo qualcuno di cui parlo bene a qualcuno a cui sto sul cazzo io, o viceversa, ma sicuramente attirando molti più consensi che odio.

Sono visibile, lo so e non nego di saperlo chiaramente.

Sono visibile e fin qui ho speso parte di quella visibilità per provare a smuovere le acque altrimenti stagnanti del sistema musica, sia mettendo in luce chi era meritevole, si veda appunto Anatomia Femminile, che stigmatizzando quello che ritengo sbagliato.

Sono visibile ma quando un mese e mezzo fa ho suggerito di fermare la musica non mi si è cagato nessuno, ne prendo atto, e ora che l’idea è tornata in circolo, temo, è troppo tardi.

Questo lo stato dell’arte.

Ok, va bene, dirà il solito “qualcuno”, ma non stavi parlando di come fosse arrivato il momento di alzare la voce, farsi sentire, fare rumore?

Lo stavo dicendo sì, ma mica posso avere io tutte le soluzioni, e che cazzo.

In assenza di una rete già esistente, e se non funziona la mia chat di whatsapp, nonostante quello sia un gruppo intorno al quale stiamo lavorando ormai da anni, figuriamoci se è possibile ipotizzare una qualche possibilità con chi ancora neanche ha fatto lo sforzo di dire “piacere, Pinco Pallino”, direi che è inutile ambire a qualcosa di organico e programmatico.

Meglio lasciare spazio al caos, a questo punto, dare sfogo a un po’ di selvaggia furia devastatrice, figuriamoci se sono proprio io a dire qualcosa di negativo su chi dà sfogo alla propria selvaggia furia devastatrice, oppure, e qui ovviamente state per assistere al mesto momento in cui, dopo aver lasciato intendere di non aver nessuna intenzione di continuare a tirare la carretta, di sbattermi, di metterci la faccia, mi ritrovo nuovamente qui a tirare la carretta, sbattermi e metterci la faccia, oppure provare a partire da quanto fatto fin qui e da lì muoversi, praticando magari proprio quel silenzio cui si faceva prima riferimento e al tempo stesso provando a mettere nero su bianco un manifesto artistico sotto il quale, stavolta sì in maniera compatta, chi ci si riconosce possa muoversi come un sol uomo, nello specifico una sola donna, facendo cartello, sostenendosi a vicenda, sorelle nella tempesta. Tanto è sempre così, tocca alle donne rimboccarsi le maniche per prime, a volte anche per ultime.

È a voi che parlo, ragazze, donne, artiste, a voi che già siete passati da queste parti, coinvolte in una delle tante anime di Anatomia Femminile, se unite le vostre voci, siete trecentocinque, per intendersi, sicuramente vi farete sentire. Non sposterete le montagne, magari, ma avrete una voce ascoltabile anche da lontano.

Per dire cosa decidetelo voi, io amplificherò la cosa, ma siete voi a doverlo fare, a voi la palla, io faccio un passo indietro. Ve l’ho già detto, ve lo ripeto qui, così che poi a nessuna venga più da piangere perché nessuno vi dà ascolto.

Qui sotto vi trovate tutte elencate, avanti Savoia.

In alto i capezzoli, alzate il volume.

Vittoria & The Hyde Park, Ilaria Porceddu, Simona Severini, Alice Paba, Roberta Carrieri, Gabriella Martinelli, Naïf Herin, Cassandra Raffaele, Amelie, Roberta Giallo, Danysol & Antonella Zichella, Ivana Gatti, Calypso Chaos, Erica Boschiero, Chiara Ragnini, Daniela Mornati, Irene Maggi, Mara Pruneri, Maria Devigili, Micol Barsanti, Dalise, Elisa Rossi, Elyza Jeph, Alteria, Serena Abrami, Mimosa Campironi, Patrizia Laquidara, Giua, Herma dei Sick ‘n’ Beautiful, Ketty Passa, Serena Ganci, Valeria Crescenzi, Adriana Spuria, Carlotta-ta, Giorgia Del Mese, Nicoletta Marquica, Ambra Marie, Chiara Civello, Lene, Laura Furci, Giulia Anania, Valeria Vaglio, Emma Tricca, Elisa Genghini, Sarah Dietrich, Deborah Bontempi, Daniela Servello, Irene Ghiotto, Maddalena Conni, Manupuma e Michele Renauro, Agnese Valle, Livia Ferri, Miriam Ricordi, Pellegatta, Margherita Vicario, Chiara Dello Iacovo, Anissa Gouizi, Claudia Megrè, Katres, Elisa Casile, RumoreRosa, La rappresentante di lista, Roipnol Witch, MISSINCAT, Diana Tejera, Carolina Bubbico, Elisa Bonomo, Frida Neri, Micol Martinez, Marian Trapassi, Marta De Lluvia, Debora Petrina, Ilaria Pastore, Lupita, Vera Di Lecce, Ilenia Volpe, Denise, Sara Romano, Eleviole?, Crista, Melissa Ciamarella, Doris AngoloGiro, Cristina Nico, Sara Velardo, Erika Giuili, Sarah Stride, Sara Jane Ceccarelli, Sara Schlingensiepen, ComaCose, Paola Donzella, Lea, Priscilla Bei, Giovanna Lubjan, Roberta Di Lorenzo, Martina Vinci, Sabrina Napoleone, Doll Kill, Beatrice Antolini, Ylenia Lucisano, Ilaria Graziano e Francesco Forni, Orelle, Alessandra Salerno, Valeria Cimò, Saba Anglana, Le Canzoni da Marciapiede, Giulia Mutti, Claudia is on the Sofà, Beatrice Campisi, Lucilla e la Vie on Road, Caterina Rizzo, Elisa Mini, Chiara Raggi, Kris & Lou, Marat, Silvia Dainese, Elisa Ridolfi, Azzurra, Fede ‘n’ Marlen, Silvia Conti, Sofia Brunetta, Maria Lapi, La Bocca, Grazia Verasani, Jenni Gandolfi, Giulia Mei, Giulia Gregorig, Valentina Amandolese, Giorgia D’Artizio, Chiara Giacobbe & Chamber Folk Band, Jess, NaElia, Femina Ridens, Claudia Cantisani, Gloria Galassi, Silvia Oddi, Giulia Ventisette, Dajana, Chiara Minaldi, Materianera, Ila & The Happy Trees, Era Serenase, Lidia Schillaci, Sharon Selene, Machella, Rita Zingariello, Franziska Frey, Monica P, Eleonora Betti, Zois, Ghita Casadei, Federica Morrone, Aba, Chiara White, Laura Lala, Erika Lei, Giulia Pratelli, Nathalie, Helena Hellwig, Chiara Patronella, Bea Zanin, Alfida Scorza, Phi LO, Marte Marasco, Elena Imperatore, Noemi De Simone, Chiara Gabellone- Gabe, Marlò, Viviana “Lamine” Strambelli, Roberta Contesso & Sylvia Fabbris, Sara JoyDiFoster, Matilde, Nima Marie, Valentina Parisse, Irene Brigitte, Veronica Marchi, Anna Luppi, Daniela Pes, Denise Misseri, Ronnie Grace, Eleonora Bordonaro, Francesca Incudine, Gabriella Martinelli, Lara Molino, Rebi Rivale, Francesca De Mori, Cristiana Verardo, Susana Parigi, Cecilia Del Bono, Leila, Doremiflo, Violetta Zironi, Marianna D’Ama, CYRO, Francesca Marì, Sue, Argento, Andrea Mirò, Sick ‘n’ Beautiful, Leda, PijiamaParty, CRLN, Dolcenera, Simona Molinari, Noemi, Kim, Chiedo Venia, Nicoletta Noè, Paola Iezzi, Maria Antonietta, Angelica Schiatti, Lucia Manca, Nya, Nicole Stella, Petramante, Veronica Vitale, Anita De Luca, Federica Vino, Erica Mou, Cara, Dona Flor, Noè, Maru, Kumi, Her Skin, Elena Sanchi, Carolina da Siena, Yoniro, Roberta Cartisano, Elisabbetta Citterio, Marta Ferradini, Jolanda, Kali, Jessica Lombardi, Pilar, Tarma, Roberta Di Mario, Patrizia Cirulli, Ornella Amodio, Valentina Gravili, Lemmings, Loop Loona, Roberta Gulisano, Vanessa Chiappa & Couture Chic, Ilaria Isacchi, Antonella Pugliese, Violavenere, Alice Tambourine Lover, Kim Steiner, Evy Arnesano, Emyl, Serena Brancale, Contini, Chiara Figara, Cri+Sara Fou, Claudia Pisani, RosAcustica, Mattiska, Lidia Alongi Sciarrone, LAF, Adel Tirant, Giorgieness, Miriam Foresti, Lilith Primavera, Claudia Crabuzza, Heavy Kollider, Viola Thian, Charlie, Lobina, Cecilia, Vali, Megale, Daniela Pedali, Micaela Tempesta, Jennifer Mancinelli, Ludovica Gasparri, Valentina Gullace, Ilenia Filippo/ Helèna, Kendra, KMFROMMYHILLS, Federica Palazzi, Lucia Vissani, Martina Jozwiak, Mea Miral, Edy Paolini, Laura Bonomi, Djamel Do Mar, Barbara Eramo, Tonia Cestari, Cinzia Gargano, Licia Santonastaso, Martina Magi, Roberta Prestigiacomo, Margherita Zanin, Crania, Eleonora Toscani, Francesca Perrons, Francesca Sarasso, Glomarì, H.E.R., Nina Zilli, Chiarablue, Irene Bruzzolo, Valentina Guatier, Volosumarte.