The Eddy su Netflix: dopo La La Land, Damien Chazelle torna alla musica che salva la vita (recensione)

A metà musical e a metà dramma familiare, The Eddy su Netflix ci fa riscoprire il jazz dopo La La Land: ecco la nostra recensione in anteprima

The Eddy su Netflix

INTERAZIONI: 403

Un locale notturno al cui interno c’è un microcosmo di un gruppo jazz: persone con una storia alle spalle, unite dalla passione per la musica. The Eddy su Netflix è la nuova scommessa della piattaforma di streaming che punta sulla bravura di Damien Chazelle – a far da traino mettendosi alla regia dei primi due episodi – per raccontare una storia intrisa di tensioni razziali, drammi familiari, mostrando come il suono, la musica e le note possano avere una funzione salvifica.

Al centro della trama di The Eddy su Netflix c’è la storia di Elliot Udo, ex celebre pianista newyorkese e ora proprietario di un locale jazz parigino che porta il nome della serie tv. Elliot non se la passa bene tra problemi finanziari che lo affliggono (il club è in pericolo a causa degli affari del suo socio Farid) e l’arrivo della figlia adolescente Julie, che stravolgerà la sua vita. Intorno a loro si muovono gli altri personaggi con i loro drammi personali. Ogni episodio ha la particolarità di essere incentrato su ognuno di loro, i quali alla fine trovano nella musica un po’ di rifugio e conforto. Il focus principale è sul rapporto padre/figlia inizialmente conflittuale. A unirli, c’è la musica. Julie suona il clarinetto, Elliot è un talentuoso pianista. Si avvicinano, poi si allontano, e di nuovo si ritrovano in un susseguirsi di vicende tipiche da tragedia familiare.

Con l’energico Whiplash, Chazelle ci raccontava della musica come collante tra un sadico insegnante e il suo pupillo; con il sognante La La Land, il regista Premio Oscar narrava una storia d’amore tra un pianista jazz e un’aspirante attrice. The Eddy su Netflix non è nulla di tutto ciò. La Parigi di Jack Thorne, che ha creato la serie composta da otto episodi, non ha quell’aspetto romantico a cui siamo abituati. I vari registi, tra cui appunto Damien Chazelle, riprendono un piccolo gruppo di artisti variegato. Le atmosfere sono cupe e soffocate; si fa molto uso del colore scuro e di riprese notturne.

Le inquadrature non rimangono mai statiche; fin dal primo fotogramma, la camera si muove in maniera energetica, seguendo il ritmo del jazz e i personaggi della storia (in particolare il suo protagonista), di cui cattura le espressioni, le gioie e i dolori. Un altro punto a favore è la colonna sonora: le canzoni sono originali, scritte da Glen Ballard e Randy Kerber.

Trattandosi di una storia cosmopolita, Thorne opta per una narrazione in tre lingue: inglese (la principale), francese e arabo che danno un certo dinamismo alle vicende.

The Eddy ha però i suoi punti deboli. Con un film musicale, la storia è ovviamente più compatta e non ci sono eccessive sotto trame che potrebbero distrarre. A questo si aggiunge la durata eccessiva di ogni episodio (i primi due superano i 60 minuti ciascuno) che risulta difficile da seguire. Per questo motivo, la storia scorre lentamente, si prende il suo tempo, e si ha la sensazione che ogni personaggio non veda l’ora di mettersi al proprio strumento e iniziare a suonare la loro canzone preferita.

The Eddy piacerà agli amanti della musica, specialmente quella jazz. Chi invece cerca una storia fluida e avvincente, dovrà accontentarsi di un piccolo dramma familiare.

The Eddy su Netflix è disponibile dall’8 maggio con tutti gli otto episodi.