La cazzata di Madonna sul Coronavirus: non c’è niente di romantico in una emergenza che discrimina tra medici e star

Perché le parole di Madonna sul Coronavirus come livellatore delle differenze sociali sono semplicemente fuori dalla realtà


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No, non c’è nulla di poetico, romantico o filosofico nella cazzata sciorinata da Madonna sul Coronavirus, nell’idea che sarebbe un “grande livellatore” capace di accomunare tutti al di là dello status socio-economico, del luogo del mondo in cui si è nati, della realizzazione personale, delle qualità morali di ognuno.

Eppure la signora Ciccone lo ha asserito immersa nella sua vasca da bagno, dalla quiete della sua quarantena dorata, in un video straniante sia per la messa in scena che per il messaggio veicolato, dall’impatto negativo persino sui suoi stessi adulatori.

“Questa è la caratteristica del COVID-19, non importa quanto sei ricco, quanto sei famoso, quanto sei divertente, quanto sei intelligente, dove vivi, quanti anni hai, quali storie fantastiche puoi raccontare. È un grande livellatore. E ciò che è terribile è ciò che è fantastico. La cosa terribile è che ci ha resi tutti uguali, in molti modi. E la cosa meravigliosa è che ci ha resi tutti uguali, in molti modi. Siamo tutti sulla stessa barca. E se la nave va a fondo, ci andremo tutti insieme”.

Al di là della banalità che la malattia non guarda in faccia a nessuno, Madonna sul Coronavirus fa un passo oltre. Prova a trovare qualcosa di vagamente romantico, idealista, ribelle in una tragedia che, al contrario della grande livella con cui Totò identificava la morte, è invece un amplificatore delle differenze e delle diseguaglianze.

Venisse a dirlo qui in Italia, nelle regioni focolaio del virus, che il COVID-19 rende tutti uguali. Nei giorni più neri dell’epidemia, quelli con il maggior numero di morti e di contagi registrati dalla Protezione Civile, risulta sempre più evidente come le discriminazioni siano all’ordine del giorno, quelle generate dalla ricchezza e dalla povertà, così come quelle frutto del collasso del sistema sanitario locale. Si pensi alla quantità di persone privilegiate – attori, calciatori, giornalisti e conduttori tv, politici – che hanno chiesto ed ottenuto di accedere al tampone per verificare il contagio per sé e per i propri cari, come gli sportivi che lo hanno fatto attraverso le società da cui sono stipendiati o i giornalisti che, pur asintomatici, sono stati esaminati per il solo fatto di aver avuto un contatto potenzialmente rischioso, mentre un numero non quantificabile di persone continua a vedersi negata la possibilità di un test e addirittura a morire senza aver avuto accesso al tampone. Esiste una sorta di “sommerso” anche nei dati sull’epidemia da Coronavirus. Lo ha chiarito in modo plastico il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, quando ha dichiarato – sulla base dei dati dell’anagrafe del suo e di altri 12 comuni dell’area bergamasca martoriati dall’epidemia – che “per ogni persona che risulta deceduta con diagnosi di Coronavirus ce ne sono altre tre per le quali questo non è accertato ma che muoiono di polmonite“. I numeri dell’epidemia nella bergamasca fanno rabbrividire perché sono “la rappresentazione della capacità di fare diagnosi e cura, ma non della effettiva diffusione della malattia che è molto superiore“.

Non c’è uguaglianza nell’accesso alla diagnostica. C’è solo discriminazione, come ha ben spiegato i dottor Nicola Mumoli, direttore dell’Unità operativa di Medicina interna Ospedale di Magenta (Milano), in un’accorata lettera al Corriere della Sera. Mumoli protesta contro la mancanza di tamponi per medici, infermieri e personale sanitario, a cui viene negato l’accesso al test anche in presenza di forti sintomi e nonostante siano impegnati in prima linea nel trattamento di pazienti contagiati, mentre “a calciatori, attori e politici che stanno bene, invece, viene fatto“. Raccontando il caso di un’infermiera dell’ospedale con una evidente sintomatologia da COVID-19, che chiamando il numero nazionale per l’emergenza si è vista negare l’accesso al tampone, Mumoli conferma che non esiste alcuna livella pronta a spianare le differenze, semmai l’emergenza acutizza le discriminazioni e favorisce chi già vive da privilegiato:Grande solidarietà con il personale sanitario, striscioni ovunque, slogan buonisti sbandierati da tutti ma di fatto solo discriminazione e ipocrisia. Se si deve scegliere tra un calciatore e un medico non ci sono dubbi e ci sentiamo condannati a sparire sotto quella mascherina che indossiamo ogni giorno con grande fierezza, esercitando un lavoro che mai come ora consideriamo un privilegio“.

Per non dire di quanto sia discriminante anche il solo obbligo di quarantena a scopo preventivo: chi potrebbe mai asserire che l’isolamento dorato di Madonna o di chiunque altro abbia a disposizione spazio, risorse, mezzi e persone di supporto sia paragonabile a chi deve comprimere le proprie libertà senza poter contare su nulla di tutto ciò? O peggio, che sia paragonabile alla condizione di chi nell’isolamento deve combattere anche contro famiglie disfunzionali, violenze domestiche, povertà e degrado da cui ora risulta impossibile anche solo evadere temporaneamente?

E allora se siamo tutti sulla stessa barca come sostiene Madonna sul Coronavirus, è perché possiamo e dobbiamo superare questa fase storica solo insieme, col contributo responsabile e il sacrificio di tutti, ma non certo perché siamo tutti uguali di fronte alla malattia, di fronte ai suoi effetti, alle sue devastanti conseguenze. Madonna dovrebbe saperlo bene, visto che è nata e ha vissuto gran parte della sua vita in un Paese che non ha un sistema sanitario gratuito e in cui l’accesso alle cure non è garantito a tutti nello stesso modo.

Un messaggio superficiale, quello di Madonna sul Coronavirus, che ha diviso e deluso anche i suoi stessi fan, per la mancanza di empatia, di sensibilità, di sobrietà. Sì, perfino di sobrietà, quella che mai si chiederebbe ad una star del suo calibro perché uscire dall’ordinario è quel che fanno gli artisti veri, anche con le provocazioni disturbanti.

Madonna sul Coronavirus: il videomessaggio su Instagram

Eppure quella vasca da bagno con le rose fa a pugni con qualsiasi buon intento, il set più sbagliato che potesse scegliere per inviare un messaggio che si presume solidale e perfino politico, nel senso più ampio del termine. Più della forma, però, è la sostanza che offende, perché è ormai chiaro dalle cronache di queste settimane che l’idea stessa di malattia come “grande equalizzatore” delle differenze è solo un’illusione che si scontra con i dati di fatto. E allora meglio affidarsi a questi ultimi, se proprio si vuole dire la propria sul tema, ed evitare viaggi pindarici tra ideali romantici che nulla, nulla hanno a che vedere con la cruda realtà.