Diamanti Grezzi, sbarca su Netflix il bellissimo film dei fratelli Safdie con Adam Sandler

Dal 31 gennaio sulla piattaforma c’è il nuovo lavoro della coppia di registi indie, che ne conferma il talento. Straordinaria la prova drammatica di Sandler, che avrebbe meritato una nomination all’Oscar

Diamanti Grezzi

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Un Adam Sandler da Oscar, se n’è parlato parecchio tra gli addetti ai lavori dopo la sua sortita drammatica in Diamanti Grezzi (Uncut Gems, 2019), il nuovo film dei fratelli Safdie prodotto dall’attivissima A 24. L’attore aveva anche ottenuto il premio come migliore interprete della National Board Of Review. Ma i giurati dell’Academy Award non hanno avuto il coraggio di puntare su un protagonista con un curriculum non proprio immacolato. L’ha rivelato un’anziana votante, la 91enne Terry Moore, una nomination nel 1952 come miglior attrice non protagonista per Torna Piccola Sheba: “La sua performance è stata un tour de force. Sta emergendo davvero come un grande attore, ma poi fa quelle commedie scadenti di Netflix davvero stupide”.

In realtà Adam Sandler aveva già mostrato di possedere corde differenti, ovviamente in Ubriaco D’Amore di Paul Thomas Anderson e anche nel sottovalutato The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach, in cui era un padre malcresciuto sempre in pantaloncini corti, in difficoltà con il suo di padre, Dustin Hoffman, artista egocentrico e ingombrante. Quel film era prodotto da Netflix, su cui adesso si vedrà anche dal 31 gennaio Diamanti Grezzi, che in Italia non è passato in sala – mentre negli Stati Uniti ha ottenuto incassi molto interessanti, 47 milioni di dollari.

E lì si potrà giudicare non solo la performance di Sandler ma anche il talento obliquo dei fratelli newyorkesi Josh e Bennie Safdie, giovani registi indipendenti e cinefili (35 e 33 anni, rispettivamente), con una filmografia già nutrita tra cortometraggi, videoclip musicali, documentari (Buttons, Lenny Cooke) e quattro film di finzione, tra cui il quasi autobiografico Daddy Longlegs, l’impressionante storia semidocumentaristica di un’autentica tossicodipendente, Heaven Knows What e Good Times, del 2017. Quest’ultima è stata la loro prima produzione non low budget, sempre con la A 24, con una confezione più raffinata ma sempre da cinema indipendente, la presenza della star Robert Pattinson, il concorso a Cannes e la segnalazione tra i dieci migliori film del 2017 di Sight & Sound e Cahiers du Cinéma.

In Italia sono ancora relativamente poco noti, qualcosa tra corti e lunghi si può recuperare immediatamente su YouTube (The Pleasure Of Being Robbed, The Black Balloon) mentre qui c’è, in inglese, una breve e puntuale introduzione al loro suggestivo stile visivo. Grazie alla distribuzione di Netflix e i rumours per il protagonista Adam Sandler, con Diamanti Grezzi è giunto per i fratelli Safdie il momento di una più ampia visibilità. Che tipo di film è? Good Time, in antifrasi col titolo, raccontava un tempo tutt’altro che lieto, quello compresso e febbrile del rapinatore di mezza tacca Pattinson, a cui ne capitano di tutti i colori mentre cerca di liberare il fratello disabile arrestato dalla polizia.

Accade lo stesso ad Howard Ratner (Sandler), gioielliere ebreo newyorkese pacchiano e sboccato col vizio del gioco. Non se la passa per niente bene, inanella scommesse azzardate, è braccato dagli strozzini, tradisce la moglie, è un padre inaffidabile, fa affari con stelle del basket (Kevin Garnett nella parte di sé stesso) e, soprattutto, cerca di piazzare un grande opale nero grezzo giuntogli dall’Etiopia per vie non limpidissime che, a suo dire, varrebbe un milione di dollari.

Howard crede di essere sempre a un passo dalla svolta, la puntata che ti cambia la vita, l’affare che ti cambia la vita. Un uomo abituato a raccontarsi una vita immaginaria che non si avvera mai, che a ogni allungo in avanti viene sempre risospinto mestamente al punto di partenza. Un punto di partenza che, beninteso, si confeziona con le sue mani, perché nel momento esatto in cui sembra riuscire a raddrizzare rocambolescamente le cose, con la moglie, i creditori, l’amante, rimette tutto in discussione, lanciandosi in una nuova rovinosa scommessa.

Diamanti Grezzi comincia da un prologo in Etiopia, dove i minatori trovano l’opale. La macchina da presa indugia sui riflessi iridescenti della pietra inquadrati in primissimo piano, che si trasformano impercettibilmente nella colonscopia cui s’è sottoposto Howard. Così visivamente si crea un raccordo tra l’entusiasmo legato al valore della gemma e la paura che sorge da una potenziale malattia, come fossero due facce di una stessa medaglia.

In questa oscillazione perenne tra esaltazione e disperazione si muovono Howard e Diamanti Grezzi, che non ha mai un momento di quiete. Il film è un perenne rilancio al calor bianco di dialoghi sovrapposti, conti alla rovescia, cerimonie del seder pasquale ebraico, rumori di strada, che donano all’insieme un incedere caotico, abrasivo e sfiancante. La forma è quella grezza e apparentemente casuale propria dei Safdie, capaci di costruire racconti concitati e asfissianti, con situazioni che sembrano improvvisate lì per lì, quasi documentaristiche (anche se la confezione, di maggiore impegno produttivo, è più composta di altre prove in cui emergeva più netto il legame col nume tutelare del cinema indipendente, John Cassavetes). A commentarle c’è una colonna sonora elettronica, firmata da Oneohtrix Point Never, che inscrive il tutto in una cornice straniante, tanto fredda e oggettiva quanto è survoltata la narrazione.

L’unica possibilità di controllo di Howard, che comunque di questa precarietà destabilizzante si nutre come di un elemento irrinunciabile, è legata al doppio ingresso blindato del suo negozio, che gli permette di decidere chi entra e chi no nel suo regno protetto. Ma anche quella è più un’illusione che una realtà, perché il meccanismo della porta non fa che incepparsi, come tutto il resto della sua vita. E per un’esistenza che non è in grado di superare l’immaturità informe dello stato grezzo non è immaginabile un lieto fine.

Diamanti Grezzi lo ritroveremo sicuramente alla fine dell’anno, quando si tratterà di stilare il bilancio dei migliori film della stagione. Intanto, ci si può godere anche il nuovo cortometraggio che i Safdie hanno rilasciato a sorpresa in rete, Goldman Vs Silverman, in cui Adam Sandler e Benny Safdie interpretano due litigiosi artisti di strada, ritratti con quello stile naturalistico, da tranche de vie ripresa dal vero, proprio della coppia di registi.

Goldman Vs Silverman, il nuovo corto dei fratelli Safdie con Adam Sandler