Intervista a Pianista Indie: “Indosso una maschera per mettere in primo piano la musica”

Pianista Indie racconta la necessità di indossare una maschera e l'EP To Bit Or Not To Bit

pianista indie

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Aveva accantonato la musica.
La musica lo aveva tradito.
Aveva due alternative: vivere una vita frenetica o diventare un barbone. In quel momento è nato Pianista Indie.

Un’idea folle e innovativa basata solo ed esclusivamente sulle canzoni. Così, quando sembra che anche nella musica l’aspetto predominante sia – in molti casi – l’immagine, Pianista Indie indossa una maschera e nasconde il suo volto per rimettere al centro le canzoni.

Nell’estate 2018 decide di tornare a fare musica incidendo al pianoforte Urologia, il suo primo singolo, apprezzato immediatamente dal pubblico.
Zara è il secondo singolo, rilasciato a novembre 2018. Nel 2019 escono Fabio e Riviera. Il nuovo singolo è Ti Amo Ma feat. Quello Che Le Donne Non Dicono. Dal 22 novembre è disponibile l’EP _To Bit Or Not To Bit (Mescal).

Intervista

Hai deciso di indossare una maschera, cosa vuoi trasmettere?
In realtà sono una persona bruttissima quindi ho pensato di coprire il volto (ride, ndr).
La maschera nel mio caso non serve a nascondere ma a mettere in primo piano qualcosa ossia la musica, l’elemento fondamentale sul quale voglio basare il progetto di Pianista Indie.
Non voglio che un volto, un’immagine, vada ad offuscare la musica; so che è una scelta in controtendenza perché viviamo in un’epoca in cui chi è più figo fa like su Instagram ma non mi interessano i like, voglio che la gente ascolti la mia musica. Dietro quella maschera ci potrebbe essere chiunque e il mio obiettivo è attirare l’attenzione sul contenuto piuttosto che sul contenitore.

La maschera quindi nasconde la tua identità in quanto persona per mostrare invece quella artistica…
Sì, viviamo in un’epoca in cui spesso a farne le spese sono le canzoni. L’obiettivo di Pianista Indie è fare un reset. Se tutti ci mettessimo una maschera, quello che poi farebbe la differenza sarebbe realmente la musica, le canzoni: è questo quello che voglio ottenere con Pianista Indie. Non voglio far vedere che rido o che piango ma voglio che siano le canzoni a trasmettere i miei stati d’animo, piuttosto che il mio volto o una foto sui social. Vorrei che fossero le canzoni a parlare per me.
Oltretutto cremo che viviamo in un mondo in cui tutti i giorni indossiamo maschere; ognuno indossa una maschera, dal medico che deve parlare con il paziente all’operaio che deve accettare le decisioni del capo anche quando non vorrebbe. In questo senso non mi distacco troppo dalla realtà.

Quale è stato l’esatto momento in cui hai deciso di indossare la maschera e di tornare a fare musica?
C’è stato un momento nella mia vita in cui potevo diventare un barbone o il più bravo professionista (in un altro settore, non in quello musicale). Mi sono reso conto, però, che ero triste perché non facevo quello che mi piaceva.
Volevo fare musica ma per farlo dovevo azzerare le mie aspettative. Quindi ho deciso di indossare una maschera per mandare andare avanti le canzoni perché altrimenti in un modo o nell’altro avrei comunque giocato con la mia immagine. Mi sono detto: “Voglio essere felice, per esserlo voglio che siano le canzoni a parlare per me”.

Nell’EP _To Bit Or Not To Bit ci sono i brani Lucio Dalla, Caravaggio e Maria Callas che però non parlano per niente dei personaggi nei titoli
A me piace scrivere per immagini. Se il titolo di una canzone è Maria Callas non significa che quella canzone debba parlare di Maria Callas. Mi piace l’immaginario che il nome può richiamare.
Se ti dico ad esempio “foglie gialle che cascano” non ti devo necessariamente parlare delle foglie gialle ma posso parlarti dell’autunno. Attraverso le canzoni mi piace richiamare odori e immagini. Il titolo è un colore per me.

In To Bit Or Not To Bit c’è anche Vita Di Mer*a, un manifesto decadente della società ma dal ritmo up. Perché questo contrasto?
In realtà come tutte le canzoni l’ho scritta di getto. Se è voluto non riesco a spiegarti perché.
L’ho scritta in un momento in cui riflettevo sul mondo in cui viviamo: le notizie al telegiornale, la gente che non si parla più, sempre china sullo smartphone… Tutto questo mi porta a dire che viviamo in un mondo di mer*a. Perché mi sia uscita up nel ritmo non lo so, in realtà a me ricorda molto il mondo tra Paolo Conte e i Modena City Ramblers a livello musicale, ma non è voluto.
Ora che mi ci fai riflettere, probabilmente volevo trasmettere il messaggio decadente ma allo stesso tempo volevo ironizzare. Come ironizzare un messaggio negativo? Lo fai suonando in modo “up”.

Il tuo nuovo brano è Ti Amo Ma con Quello Che Le Donne Non Dicono. Come è nata la collaborazione?
La collaborazione è nata casualmente questa estate. Loro mi fanno impazzire e le seguo molto, hanno una creatività fuori dal comune. Quando hanno ascoltato Ti Amo Ma mi hanno detto: “Bella questa canzone ma è scritta solo dal punto di vista dell’uomo”. E avevano ragione, quindi ho risposto: “Bene, questa è la canzone, finitela voi”. Hanno scritto una parte del testo, poi io l’ho musicato; è stato bello confrontarsi con loro.

E invece quella con i Legno in Lucio Dalla?
Era il 1° maggio e stavamo guardando il Concertone di Roma, ognuno a casa propria. Gli ho mandato un messaggio su Instagram e gli ho detto: “Bello il concerto di quest’anno ma mi sarebbe piaciuto vedere anche voi su quel palco”. Non ci eravamo mai scritti prima e mi hanno risposto: “Sì ma andiamoci insieme perché ci piace molto quello che fai. Scriviamo una canzone insieme”. Ho preso la palla al balzo. Lucio Dalla è nata a colpi di vocali su Whatsapp.