Roberto Cacciapaglia: la musica che cura il mondo

La sua ricerca musicale lo ha portato ad integrare le sue competenze unendo armonicamente la musica accademica agli altri generi


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Sulla scena musicale italiana e mondiale dagli anni ’70, Roberto Cacciapaglia è un pianista e compositore sensibile e geniale  che ha abbattuto i confini dei generi musicali sin da quando, al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, dove studiava composizione, ha iniziato ad interessarsi di musica elettronica e di tecniche innovative di registrazione.  La sua ricerca compositiva ed espressiva lo ha portato ad integrare le sue competenze ed esperienze facendo convivere armonicamente la musica accademica e i generi più disparati in cui la musica viene classificata: pop, jazz, rock, contemporanea.  L’abbattimento del muro tra la musica classica, considerata di nicchia, e quella “popolare” lo ha portato a spaziare in una sperimentazione ininterrotta, testimoniata dalle sue splendide composizioni, dai dischi  e  dai concerti live. Direttore d’orchestra, oltre che compositore, si è esibito nei teatri più prestigiosi e nelle Istituzioni più famose al mondo. Il suo interesse per le potenzialità del suono lo ha portato a compiere viaggi  nel tempo e nella storia per comprenderne l’aspetto esoterico, mistico, spirituale, religioso, ad entrare in contatto con grandi musicisti come Stockausen e Terry Riley,  ma anche con le modalità espressive dei monaci tibetani o degli sciamani delle tribù dei nativi americani. E lo ha portato a suonare con orchestre formate da musicisti classici e con ensemble di musicisti provenienti da aree geografiche e culture diverse, consapevole che la musica è un linguaggio che non ha frontiere né bisogno di parole per comunicare.

Roberto Cacciapaglia è in questo periodo impegnato nel “ Diapason world wide tour”, una serie di esibizioni live con le quali si è esibito in  Cina,  Turchia, Stati Uniti,  Siberia,  Russia e ovunque riscuotendo successi clamorosi.

Lo ho raggiunto telefonicamente in una pausa milanese

C’è una differenza nel modo in cui il pubblico accoglie la tua musica in Italia e all’estero, o il “diapason” accorda gli animi allo stesso modo?

La domanda è importante soprattutto in questa epoca. Io ho sempre lavorato per “sconfinare”, per andare oltre le differenze culturali, storiche, di usi e costumi o di età delle persone. In questo tour, partito in Italia e che mi ha portato in giro per il mondo, ho notato che la gente ha lo stesso atteggiamento, e che è realmente possibile annullare le differenze. Chi viene ad  un mio concerto vive la musica come un ponte per raggiungere parti profonde dell’animo, che nella vita caotica è difficile sentire. Sono stato persino in Cina, dove ho tenuto otto concerti, ed anche il quel mondo così lontano ho trovato una straordinaria reazione del pubblico

Quindi l’ascolto della musica come strumento per elevarsi, ascoltare per ascoltarsi?

E’ molto bello che l’ascolto della musica possa essere vissuto come una risorsa, in quest’epoca, in un pianeta che sembra chiedere aiuto disperatamente. Mai come in questo momento storico, il concerto deve essere un momento solenne. Quando suono, è già nella preparazione, nella presenza, nell’atto del suono, nel gesto che sono attento al pubblico e  lo sento. Il braccio cade sulla tastiera, il martelletto tocca la corda e manda la vibrazione: se questa vibrazione ha un contenuto interiore, e il pubblico converge sulla stessa frequenza, allora si crea quell’unione profonda attraverso il suono, quella dimensione  di cui parlava Pitagora, quando teorizzava la “musica delle sfere”, dei suoni armonici che lui definiva l’essenza dell’universo.

Sei stato pochi giorni fa in Turchia, poco prima della tragica decisione di Erdogan… che aria si respirava?

Ero lì tre, quattro giorni prima dell’intervento armato. Nella mia vita di musicista ho tenuto concerti a Istanbul, Ankara, Kolja, ed ho anche insegnato al Conservatorio di Istanbul, insomma ho una storia con questo Paese dove c’è un pubblico che ama la musica e che la segue con entusiasmo. Poi la politica va in un’altra direzione…ma non bisogna arrendersi perché è proprio la musica una specie di antidoto ai mali del mondo.

 Il rapporto tra l’uomo e il suono è il terreno di indagine della Musicoterapia, che ne pensi?

E’ una cosa importante. E’ una cosa che mi interessa perché, come dicevo, la musica tocca magicamente aspetti profondi dell’animo umano, e influenza la persona intera.