Michela Toffali e le ragioni di una scelta

Una più di tutte: la qualità della vita. Ad Amsterdam tutti sono molto “laid back” e nella maggior parte delle aziende alle 17 si saluta tutti e si va a casa. Fondamentale è la flessibilità nel lavoro: homeworking o remote working sono la norma


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Michela Toffali, 40 anni, È nata e cresciuta a Verona, dove ha anche compiuto tutti gli studi. Ha conseguito una laurea in Lingue e Letterature Straniere. Attualmente lavora ad Amsterdam, come Senior Marketing & Communication Manager, per un’azienda internazionale nel settore fintech.

Ho iniziato a lavorare da ragazzina – racconta – con il primo impiego estivo a 14 anni e, da allora, non ho mai smesso. Durante gli anni del liceo e dell’Università ho fatto ogni genere di lavoretto:  dalla commessa alla babysitter, dalla hostess all’interprete, alla ragazza alla pari. Dopo la laurea, ho fatto uno stage in una azienda di comunicazione, che si è trasformato successivamente in un lavoro a tempo determinato. Alla scadenza del contratto, ho trovato immediatamente impiego come Responsabile Marketing e Comunicazione in una azienda del settore turistico nelle vicinanze del Lago di Garda, dove sono rimasta per 7 anni”.

Nonostante questo percorso ha avuto comunque la voglia di lasciare l’Italia. Perchè?

L’idea di partire è arrivata nel 2013: volevo fortemente aggiungere nel mio curriculum una esperienza all’estero. Sono sempre stata una incallita viaggiatrice e mio figlio (all’epoca 2 anni) aveva l’età perfetta per essere trasferito all’estero senza traumi eccessivi. Amsterdam è stata una scelta fortunata: il mercato del lavoro era (ed è ancora oggi) in continua crescita, la città è fortemente internazionale. Per lavorare basta la conoscenza della lingua inglese e la qualità della vita é eccellente”.

E dopo quasi 6 anni di vita olandese, qual è il bilancio?

“Posso dirmi ancora entusiasta della mia scelta: la città è a misura di famiglia, ho dimenticato cosa significa possedere un’auto (mai avuta una da quando sono qui, solo bici e mezzi pubblici), ci sono tanti parchi e attività per i bambini, mio figlio va alla scuola internazionale bilingue pubblica e può contare sulla conoscenza di 3 lingue. Lo scorso gennaio ho anche comprato casa, con un mutuo che ha coperto il 100% del valore dell’immobile. Dal punto di vista lavorativo, le possibilità di crescita sono state continue: la concorrenza é tanta ma con determinazione e impegno si può fare carriera… anche se sei una donna e hai un bambino!”

E gli stipendi?

“Avendo sempre lavorato per aziende internazionali, posso contare su uno stipendio buono che mi permette di vivere serenamente in una città fondamentalmente cara”.

Dunque sono tante le ragioni per restare?

Una più di tutte: la qualità della vita. Ad Amsterdam tutti sono molto “laid back” e nella maggior parte delle aziende alle 17 si saluta tutti e si va a casa. Fondamentale è la flessibilità nel lavoro: homeworking o remote working sono la norma. Se mio figlio sta male non devo impazzire per chiedere permessi o trovare la babysitter, mando un whatsApp al mio capo e semplicemente la informo che lavoro da casa. Gli orari di inizio e fine giornata sono flessibili, non ci sono cartellini da timbrare, la cosa importante è fare il proprio lavoro e farlo bene. Ognuno si gestisce come crede. Altro key factor per me é la multiculturalità: l’integrazione é vera, a ognuno viene chiesto di far parte della comunità ma a nessuno viene richiesto di cancellare le proprie radici”.

Non intravede dunque nessuna ragione per tornare in Italia?

Il meteo e il cibo… il cattivo tempo mette a dura prova anche una cresciuta a pane e nebbia come me, primavera e estate a volte sono davvero terribili. Il cibo, che dire, meglio non commentare: quando torno in Italia e vado all’Esselunga mi commuovo”.

Cosa si dovrebbe fare per trattenere i giovani ed evitare questa fuga dei cervelli?

Forse bisognerebbe essere in grado di garantire non semplicemente un lavoro ma la possibilità di fare carriera in tempi umani. Ovviamente ci vuole merito, la meritocrazia è una condizione sine qua non. Ma se si ha talento, perché dover aspettare di avere l’età giusta prima di ricoprire ruoli di un certo spessore? Come donna mi sento anche di aggiungere che una buona dose di flessibilità ovviamente aiuterebbe tanti talenti femminili ad osare, a tentare, a darsi una chance in certe carriere che normalmente sono solo maschili e dove un bel gender mix potrebbe solo portare benefici. Per 2 anni, ho ricoperto un ruolo manageriale a livello europeo che mi portava a prendere 2 voli alla settimana: nessuno stigma sociale (che fai, lasci il bambino da solo?) e nessun problema logistico anche in assenza di nonni grazie ad un sistema di relazioni sociali e supporto statale che funziona”.

La flessibilità in Olanda è un modo fondamentale per conciliare lavoro e famiglia?

La flessibilità è tanta e, anche con un lavoro full time, riesco ad andare alle recite di mio figlio, a portarlo a fare sport, a stare con lui se si ammala e ad essere semplicemente una mamma lavoratrice ma presente. Ovviamente si corre, come ovunque, ma la tra scuola e doposcuola si ha un supporto dalle 8.30 del mattino alle 18.30 del pomeriggio. Tante donne lavorano stabilmente da casa 1 o 2 giorni alla settimana, così da poter essere accanto ai figli, anche se con il laptop aperto sul tavolo della cucina?

Tornare definitivamente?

No, non credo. Magari cambiare ancora una volta nazione, ma tornare non è tra i miei progetti. E non si tratta di incentivi o meno, quello che mi spaventa dell’Italia é il sottobosco di ignoranza e annichilimento culturale. Leggo i quotidiani nazionali tutti i giorni e mi lasciano basita i commenti del popolo ai fatti politici e di cronaca. Credo che l’Italia sia un Paese potenzialmente meraviglioso, ma abbruttito dal razzismo, dalla violenza contro le donne e contro il diverso. Non c’è’ incentivo fiscale che può farmi cambiare idea, ma solo una profonda rivoluzione sociale che rieduchi i cittadini al giusto e al buono… e purtroppo non vedo questo punto nella lista delle urgenze di alcun partito politico”.