Mammedicervelliinfuga.com, un sito con un’anima e tanti sentimenti ma che tocca un tema scottante: l’emigrazione

Attraverso questo sito, che non è l’angolo dei cuori infranti, anche se ce ne sono tanti, si riescono a capire le storie di donne e uomini, e soprattutto di famiglie che restano


INTERAZIONI: 991

Brunella Rallo, napoletana, è sociologa, nel settembre 2016 ha ideato e fondato il portale mammedicervelliinfuga.com dedicato alle famiglie dei giovani emigranti italiani. E’ presidente dell’associazione no profit “Makran” –  sinergie per la genitorialità a distanza. E’ coautrice di numerose pubblicazioni sul tema.

Come è nata l’idea?

Una giornalista ha scritto: “Il suo è stato un colpo di genio dettato da un attacco di nostalgia”. Il che è assolutamente possibile ed ho cominciato pensare che siccome avevo tanto tempo a disposizione. Ma è una esperienza pionieristica sulla cosiddetta fuga dei cervelli”.

Parte dalla sua esperienza di madre con figli all’estero?

“E’ così. Mio figlio Alessandro è partito nel 2003 a 23 anni, seguito 7 anni dopo dalla seconda figlia Valeria. Indubbiamente lei ha preferito il fratello a noi. Entrambi sono partiti per fare un dottorato: Alessandro in economia, Valeria in sociologia. È lei la vera sociologa della famiglia, si occupa di globalizzazione, di emigranti, mi ha insegnato il metodo etnografico nella ricerca. Per entrambi i figli è successo che, durante il percorso di dottorato, hanno incontrato l’amore, amori non italiani. Mio figlio ha sposato una collega turca, mia figlia ha sposato un sociologo malese e vivono tutti e quattro negli Stati Uniti ma non nella stessa città. A Boston vive Alessandro con la sua famiglia e due figli. Valeria invece lavora nell’Università dell’Illinois, è in attesa del primo figlio, e sarà una bimba. Insomma faccio e farò spesso la Nonna Nanny..”

Per tornare all’idea?

“Se vede il nostro sito, si capisce: è pieno di vignette, abbiamo una fantastica art graphic, Luisa, torinese, che lavora a Londra. “Quand’è che abbiamo detto fino in capo al mondo?” Si vedono due genitori pronti a partire… Quest’altra è molto tenera: “Ho deciso di venire da te perché abbracciare il pc non mi basta più”. Le storie sono tante, poi un amico mi ha detto perché non fai una cosa più moderna, appunto un sito, ed ha affettuosamente aggiunto “anche perchè chi vuoi che se lo compri il tuo libro?”. Mi ha iniziato alla tecnologia, al sito e alla pagina Facebook. Insomma faccio un pò la mammona digitale in senso lato. Ci sono delle esperienze ricorrenti, come quella del dolore, dell’orgoglio, della distanza: poi ogni storia è particolare”.

Un sito con un’anima e tanti sentimenti ma che tocca un tema scottante..

Attraverso questo sito, che non è l’angolo dei cuori infranti, anche se ce ne sono tanti, si riescono a capire le storie di donne e uomini, e soprattutto di famiglie che restano. La maggior parte di queste famiglie a distanza continuano ad esercitare il loro ruolo genitoriale, ad essere un punto di riferimento per i figli. La casa ha un significato molto forte, sono donne ed uomini di oltre 50 e 60 anni, che cominciano a imparare una lingua straniera o a perfezionarla, che imparano a viaggiare da soli, che imparano che recarsi nella città dove sono i figli ed è una esperienza anche per loro. Diventa una loro seconda casa. Poi diventano fortemente tecnologici, vanno oltre il whatsApp, perché imparano ad usare le tecnologie digitali in molti campi, a partire da quello bancario, a fare acquisti online..”.   

Si migliora anche il rapporto con i figli…

“Migliora tantissimo, perché è come se questi genitori non fossero il peso della malinconia lasciata a casa. Sono invece molto partecipi della loro vita, forse qualche volta anche un pò invadenti nella vita dei figli. Quando ci sono dei nipoti si relazionano con loro, cercano di trasmettere il più possibile cultura e tradizioni, insomma le radici. Lo vedo a partire da me stessa: quest’estate ho letto ai miei nipoti la storia di Ulisse e di Penelope, perché le bambine nella scuola americana non studieranno mai la mitologia greca. Sono bambine italiane ed i genitori ci tengono che siano esposti alle tradizioni culturali e storiche, alle radici. E’ un aspetto molto importante”

Avete messo in campo anche molte iniziative editoriali?

Sì, oltre alle ricerche che realizziamo, un dizionario del linguaggio dei termini comuni in italiano- inglese; un altro italiano-tedesco e sta per uscire anche in italiano-spagnolo. Nella lingua straniera: biberon, cacchetta, pannolino, perché mai dovresti trovarli? Ma per le nonne transnazionali è molto utile l’incontro di questi termini. Serve inoltre a capirsi meglio anche con i partner dei figli che sono tutti stranieri”.

Quanti iscritti in tre anni?

Tra la piattaforma ed una pagina Facebook abbiamo circa 5mila iscritti ed una comunità che si estende fino agli 8mila utenti: prevalentemente madri, dalla Valle d’Aosta al Sud dell’Italia, dai piccolissimi centri alle grandi città”.

Sono in numero inferiore i padri?

“Il richiamo che abbiamo voluto dare è più al pubblico femminile, per molti motivi, tra cui il principale è che la società e la famiglia italiana è molto matriarcale, i rapporti familiari, la cura è prevalentemente affidata alle donne. Non è che non abbiamo i padri, anzi si affacciano molto spesso, sono più presenti sui fatti di politica meno su questioni di intimità che riguarda il vissuto della famiglia”. 

E poi c’è l’economia indiretta di questo fenomeno dei figli all’estero.

Appunto. Quando sulla narrazione dei cervelli in fuga si va a toccare il lato economico, il tema che si pone sempre è in termini di mancato rientro da parte dello Stato sull’investimento fatto sulla vita e sull’istruzione di questi giovani. La Confindustria ha valutato che costa un punto di PIL percentuale l’anno. Però c’è anche un altro aspetto. Vorrei dire a tanti: avete idea di quanto costa avere un figlio/a all’estero? Se devi mantenerlo in una Università estera le cifre sono sbalorditive, siamo intorno ai 50mila euro l’anno, e poi i costi dei viaggi andata e ritorno di questi figli in periodi di borsa di studio ai quali paghi i biglietti per venire a Natale? Una serie di costi che si aggirano in media sui 10mila l’anno. Costi che tuttavia vanno diminuendo in relazione all’autonomia economica dei figli, però poi mettono su famiglia”. 

La fuga dei cervelli non è solo un costo per il Paese ma è dunque un costo per le famiglie.

“Aggiungerei un altro aspetto: molte di queste famiglie del Mezzogiorno d’Italia, prima del salto Oltreceano e d’Oltralpe, si sono sobbarcate le spese dello studio nelle città del centro nord. Partono già con un notevole deficit economico, e dunque l’aspettativa è quella di essere moralmente ripagati di questi sacrifici. Il loro è stato un investimento: accanto alla malinconia e alle lacrime, c’è un fortissimo orgoglio e ammirazione per i giovani che hanno fatto carriera all’estero autonomamente ma anche per i genitori che sono ripagati dai sacrifici fatti”.

Il nostro tasso di emigrazione giovanile è pari a quello della Gran Bretagna, qual è la differenza?

“Forse ancora per poco è che la Gran Bretagna attrae mentre l’Italia no. E’ un problema di circolazione della mobilità e delle competenze. Noi respingiamo, abbiamo pochissimi posti per studenti stranieri”.

E le agevolazioni fiscali?

“Sono state rivolte solo a ricercatori universitari, con delle borse di studio. C’è un primo risultato non indifferente: ne sono rientrati 10mila ma ripartiti 8000. Perché il problema è che la leva è solo fiscale. Tu vieni in Italia, hai un lavoro e ti abbatto le tasse. Ma non e solo questo che vuole un giovane che vive all’estero. Mio figlio e mia figlia sarebbero ben felici di pagare il 50% di tasse ma è la qualità del lavoro e della vita che è importante. Vogliamo parlare degli asili nido, della conciliazione dei temi di lavoro, della retribuzione, dei servizi per le famiglie, fino al ricongiungimento. Se offrono un lavoro a mio figlio in Italia ma non a sua moglie, loro non verranno mai. E’ quello che si chiama “spousal hiring”. Come succedeva molto tempo fa anche in Italia, se un dirigente veniva trasferito, immediatamente veniva chiesto l’avvicinamento della moglie e dell’intera famiglia. Poi i bambini devono continuare ad avere una scuola internazionale. Tutto questo in Italia è difficile..”

La prima domanda che vi rivolge una mamma?

“Non fa una domanda scrive la sua storia”

Questo sito a cosa è servito?

A far capire a molte famiglie che non sono sole. Ognuna pensava di essere una isola mentre è un vastissimo arcipelago. Oltre al sito e alla pagina Facebook cerchiamo di fare dei piccoli saggi, ricerche, proprio attingendo dalle informazione dalla comunità dei genitori. Ad esempio, da tre anni abbiamo proposto il tema della genitorialità a distanza, che significa non vivere più insieme nella stessa città. Ma mantenere i rapporti attraverso la rete e la tecnologia. Questo è un cambiamento strutturale della famiglia. Pubblichiamo su cosa accade quando un proprio figlio, o figlia sposa un partner straniero, come si fondono due culture differenti. Insomma un po’ come “Indovina chi viene a cena?” o ancora “Non sposate le mie figlie”. 

Sito: www.mammedicervelliinfuga.com