Manuela Buonanno: cervello che l’Italia non trattiene e non richiama malgrado finanziamenti per ricercatori di ritorno

Una carriera ai massimi livelli negli USA. Selezionata per la scuola estiva NASA per studiare gli effetti biologici delle radiazioni nello spazio.


INTERAZIONI: 1250

Manuela Buonanno, 43 anni, napoletana, è ricercatrice e professore associato della Columbia University. Studia gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti che vengono utilizzate principalmente in diagnostica. Un talento ed una carriera professionale ai massimi livelli negli Stati Uniti. E’ stata inoltre selezionata per partecipare alla scuola estiva della NASA per studiare gli effetti biologici delle radiazioni nello spazio.

Storie di talenti di successo: Manuela è partita a 27 anni. Uno dei tanti “cervelli” che l’Italia non riesce a trattenere e neppure a richiamare nonostante i finanziamenti predisposti per i ricercatori di ritorno. L’Italia ha bisogno sempre più di riacquisire capitale umano di eccellenza perché possa concorrere alla competitività internazionale.

Così si racconta Manuela:

Sono una ricercatrice e professore associato della Columbia University. Avevo 27 anni quando sono partita, oggi ho 43 anni e vivo e lavoro negli Stati Uniti da quasi 15 anni. La mia storia ha tratti comuni a tante altre ricercatrici e ricercatori che sono andati via dall’Italia. Mi sono laureata in fisica all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, indirizzo di biofisica e mi sono appassionata allo studio sugli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti. In ambito medico, usiamo le radiazioni ionizzanti principalmente in diagnostica (e.g. raggi X usati per fare radiografie) e radioterapia per la cura del cancro (e.g. raggi gamma, protoni, ionicarbonio)”.

Una ricerca molto importante...

“Si. Studio gli effetti che tali radiazioni hanno su cellule e tessuti usando vari modelli biologici. La particolarità delle radiazioni ionizzanti sta nel fatto che sono una sorta di arma a doppio taglio perché ad alte dosi possono provocare cancro (appartengono all’immaginario comune gli effetti di Cernobyl e delle bombe su Hiroshima e Nagasaki), ma allo stesso tempo sono usate quotidianamente in medicina proprio per curare i tumori.

Durante il dottorato in biofisica nel New Jersey ho avuto l’opportunità di migliorare la mia formazione. Sono stata selezionata per partecipare alla scuola estiva della NASA sugli effetti biologici delle radiazioni nello spazio. Così ho iniziato a darmi la conferma che avevo fatto la scelta giusta”.

Una crescita e riconoscimenti professionali molto alti?

“Effettivamente si. Conseguito il dottorato, sono stata assunta dalla Columbia University prima come postdoc e poi sono stata promossa ad Associate Research Scientist. Fino ad ora ho pubblicato più di 20 articoli, ho ricevuto molti premi pecuniari per presentare i miei lavori durante congressi internazionali e nel 2016 ho ricevuto il Jack Fowler Award, un premio per giovani promesse nel campo della radiobiologia. https://www.radres.org/page/2016AwardsHonors

Ma quali sono le occasioni per arrivare fin qui?

“Durante la mia tesi di laurea sperimentale sono stata seguita da un postdoc che è poi partito per gli Stati Uniti per continuare i suoi studi. Appena laureata, questo postdoc, oramai già alla Rutgers University nel New Jersey, mi ha invitata a fare domanda per una borsa di studio per giovani laureati in biofisica nel laboratorio di due autorevoli professori nel campo della radiobiologia, con sedi diverse: uno a Belfast in Irlanda e l’altro nel New Jersey, negli Stati Uniti. Pur avendo vinto entrambe le borse di studio ho deciso di accettare quella negli Stati Uniti soprattutto grazie al supporto morale ed economico della mia famiglia. A quei tempi pensai che fare un’esperienza negli Stati Uniti avrebbe reso il mio curriculum più forte per il mio rientro in Italia che avevo programmato dovesse avvenire dopo 3 anni. Ne sono passati 15!!”

La spinta maggiore a partire qual è stata?

“I professori del laboratorio di Napoli non avevano molta considerazione di noi laureande, ma forse dovrei dire di me in particolare. Se non ci fosse stato quel postdoc ad aprirmi la mente sulle possibilità di studio e lavoro all’estero, forse chissà dopo la laurea avrei fatto un lavoro come un altro, che non avrebbe avuto nulla che fare con la mia laurea. Infatti, mentre aspettavo di sapere dell’esito delle borse di studio ho lavorato per sei mesi in un call center. Ho fatto anche un altro colloquio al San Raffaele di Milano dove però mi offrirono una borsa di studio di un anno a 600 euro al mese e avrei comunque dovuto fare molti sacrifici per poter vivere lì”.

Insomma oggi prosegui a vele spiegate..?

“Ora continuo a lavorare con passione a vari progetti di ricerca sempre nel campo delle radiazioni. Durante questi 15 anni ho fatto colloqui in diversi paesi d’Europa (mai in Italia però), ma alla fine ho sempre preferito rimanere in America”.

Insomma il contesto di lavoro è stato decisivo ..

“Naturalmente la mia scelta ha avuto e ha i suoi pro e contro. Come ricercatrice negli Stati Uniti ho avuto tante opportunità di crescita professionale. La possibilità di usare macchinari e tecniche all’avanguardia e lavorare in ambienti altamente meritocratici non è cosa da poco per me che provenivo da tutt’altra esperienza. Fin dall’inizio pur essendo solo un’allieva sono stata trattata con grande rispetto, valutata per il mio impegno e per la passione profusa nel lavoro. L’Università e i professori hanno investito tempo e risorse economiche per fare in modo che io diventassi una ricercatrice internazionale. Alla loro generosità devo tutto”.

C’è un però..che riguarda i contro?

“Si c’è. Il contro più pesante è sicuramente essere lontana dalla mia famiglia d’origine, soprattutto ora che i miei genitori stanno diventando un po’ più anziani. Anche non poter condividere la quotidianità’ con mia sorella mi dispiace moltissimo…”

Più che delle ragioni, sarebbero necessarie determinate condizioni favorevoli per tornare in Italia, il tuo Paese.?

Le ragioni per tornare… mi lasci sognare. Tornerei se avessi un’opportunità adeguata alle mie esperienze, che mi permetta di lavorare in maniera indipendente facendo ricerca a livello internazionale e con una retribuzione adeguata al costo della vita e ai tanti sacrifici che questo tipo di attività impone. Mi piacerebbe trasferire le mie competenze a giovani volenterosi e appassionati di scienza che abbiano la gioia e l’entusiasmo di imparare.

“Intanto, al momento, sto raccogliendo i documenti necessari per ricevere l’abilitazione scientifica in Italia…..e considerando le sue mille contraddizioni mi domando :”ma avrò tutti i requisiti?”.

Ecco questo è l’eccellente capitale umano che l’Italia perde ogni anno e continua a non creare quelle condizioni di sistema della ricerca scientifica idonee per farli rimanere o per farli ritornare. L’immagine di uno spreco che il Paese non può permettersi ma che sembra non interessare nessuno.