Apparecchiature Huawei veri bersagli di attacchi hacker: sarà davvero così?

Una ricerca di una società di cybersicurezza USA punta il dito contro il produttore ma ha ragione?

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L’ultima ricerca statunitense è pronta a colpire la reputazione di Huawei, nuovamente verrebbe da dire. In particolare, le apparecchiature Huawei per le telecomunicazione sarebbero state esaminate dalla società americana di cybersicurezza Finite State che ne avrebbe decretato la loro preoccupante vulnerabilità di fronte ad attacchi hacker. Si tratta di un’accusa per nulla trascurabile ma le relative motivazioni non sono del tutto chiare.

In queste ore il Wall Street Journal ha riportato la notizia che getta ombre proprio sulle apparecchiature Huawei TLC, quelle destinate alla trasmissione dati negli impianti nazionali (il produttore è impegnato in molti paesi del mondo per l’implementazione della rete 5G ad esempio). Ebbene, le soluzioni hardware proposte dall’azienda cinese sarebbero quelle più soggette in assoluto a qualche attacco hacker (ben più di quelle della concorrenza).

La società di cybersicurezza Finite State è statunitense e difficilmente ci si sarebbe aspettati una diversa conclusiuone del suo report in epoco del noto ban Trump. Lo studio è stato presentato a funzionari di alto livello di diverse agenzie governative americane e britanniche ma purtroppo non se ne conoscono i dati ben precisi. Quello che sembra chiaro tuttavia è che i ricercatori non hanno puntato direttamente il dito contro il produttore, perché consapevolmente responsabile di mettere in pericolo la sicurezza dei suoi apparati. Semmai, è stato solo (si fa per dire) ribadito che i prodotti a nome del brand non sono in grado di garantire la sicurezza necessaria contro gli attacchi degli hacker.

Lo studio statunitense è giunto ad una verità inconfutabile e dunque davvero le apparecchiature Huawei sono pericolose? Per esserne certi bisognerebbe conoscere i dettagli della ricerca effettuata, ancora non pubblicati. Allo stesso tempo, l’analisi potrebbe e non poco essere stata viziata dal clima di diffidenza nei confronti del produttore, inasprito negli ultimi mesi dopo il ban USA appunto. Magari nuovi riscontri futuri ci confermeranno o meno questa visione delle cose.