Diamond From My Side – I Via Verdi, un libro che non racconta solo una band, ma un’epoca

I Via Verdi sono la band che più di ogni altra ha rappresentato gli anni '80, con la loro hit prima in mezzo mondo e sigla di Deejay Television.


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Esce “Diamond from my side – I Via Verdi ”, libro di Stefano Spazi che racconta l’epopea della band che più di ogni altra ha rappresentato gli anni 80, con la loro hit prima in mezzo mondo e sigla di Deejay Television.

Questa cosa mi ha fatto riflettere non poco. Alla mia maniera, ovviamente.

Essere stati adolescenti negli anni ’80 è stata una gran cosa. Per più di un motivo.

Primo, perché abbiamo potuto festeggiare, ancora ragazzini, la vittoria al Mundial di Spagna, tutti un po’ Paolo Rossi, le facce vagamente sfigate, l’aria di chi nella vita non avrebbe ottenuto molto, non avesse deciso di infilare sei volte il pallone nella rete proprio durante un mondiale di calcio, il destino di diventare esempio ai tanti tipi con la faccia vagamente sfigata arrivati dalla provincia e destinati magari non a vincere un mondiale ma a fare qualcosa nella vita.

Secondo, perché saremmo poi diventati ragazzi, se non addirittura giovani uomini, negli anni 90, a suon di Nirvana, R.E.M., Radiohead, Red Hot Chili Peppers e quel sano rock lì.

Terzo, e non ultimo, perché siamo stati ragazzini in quel magico periodo in cui Deejay Television ha fatto irruzione nelle nostre vite, con quel carico di canzonette leggere leggere, certo, ma anche con quel contorno fatto delle tette di Sabrina Salerno, lo sguardo glaciale della cantante dei Propaganda, la bellezza androgina di Annie Lennox degli Eurythmics. Soprattutto le tette di Sabrina Salerno, certo, lì, a danzare fuori dalla canottiera in una qualche piscina dell’Acquafan di Riccione.

Tanta roba, insomma.

Esattamente come le tette di Sabrina Salerno, certo non grandi come quelle di Samantha Fox, ma decisamente altrettanto evocative.

Essere stati adolescenti negli anni 80, se si è nati in un posto di provincia come Ancona, è stato anche essere i concittadini di un manipolo di popstar. Certo, pochi anni prima, nel volgere del decennio precendente, c’era stato il fenomeno Michele Pecora, il cantautore con la faccia da bravo ragazzo che aveva scalato le classifiche con Era lei, prima, e Te ne vai, scritta con colui che di lì a poco sarebbe diventato Zucchero, ma lui era di Falconara, non esattamente di Ancona, e in tutti i casi la sua musica non era esattamente quella che ci avremmo potuto identificare come la nostra.

Diversa era la faccenda dei Via Verdi.

È vero, il nome non ci diceva niente, perché Via Verdi, in Ancona, neanche c’è. E perché il fatto che cantassero in inglese ce li aveva fatti scambiare per l’ennesima realtà inglese. Ignoravamo, allora, che anche i vari Baltimora, Dan Harrow, Gazebo e compagnia cantante erano in realtà tutti italiani. Gli anni ’80 erano anche questo, una grande presa per il culo, certo, ma molto ben raccontata.

Infatti quando Diamond, questo il titolo della loro sintetica hit, ha cominciato a passare con sempre maggiore frequenza alla radio e a Deejay Television, di cui era anche sigla, badate bene, siamo a metà di quel magico decennio, quello dell’edonismo reaganiano di Roberto D’Agostino, accompagnata da quel video che, vado a memoria perché una sorta di avversione alla Retromania così ben cristallizzata da Simon Reynolds mi rifiuto di lasciarmi irretire dalla malinconia del tempo in cui ero giovanissimo e pensavo che il mondo fosse lì, in quella piscina dell’Acquafan, mostrava un Remo Zito vestito come il commissario Zuzzurro, impermeabile alla Tenente Colombo, Zuzzurro di Zuzzuro e Gaspare, coppia all’epoca in voga su Drive In, altro luogo di grandi tette esibite con generosità da Tinì Cansino, ecco, quando Diamon ha cominciato a passare con sempre maggiore frequnza alla radio e a Deejay Televion in città, la mia città, Ancona, si è cominciato a dire che loro, i Via Verdi, erano roba nostra. Quel cantante, quello con una voce vagamente alla Peter Gabriel, non ero certo io a dire questo allora, perché manco sapevo chi fosse Peter Gabriel, poco ci mancava, ma era mio cognato Mauro, a sua volta musicista di un certo rilievo cittadino, un passato da turnista per Roberto Soffici, quello di All’improvviso l’incoscienza, e Stefano Rosso, quello di Una canzone disonesta, quel cantante, quello con una voce vagamente alla Peter Gabriel, questo quel che si cominciava a dire in città, si chiamava Remo Zito, e gli altri erano Marco Grati e Glauco Medori e altri di cui non ricordo il nome (Retromania è sempre lì, quindi niente Wikipedia).

Remo, Glauco, non esattamente nomi da popstar internazionali, certo, ma Diamond ci ha tormentato, nel senso che è stato il tormentone, intendiamoci, per un anno intero, e nei fatti loro, i Via Verdi, erano delle vere popstar, al pari di un Sandy Marton, di una Taffy o di uno dei tanti artisti che dominavano le classifiche allora. Forse anche di più, perché la loro era una canzone che in qualche modo provava a fare qualcosa di diverso da quel pop lì, basti prestare attenzione al giro di basso, rovesciato secondo i soliti stilemi dell’epoca, o alle tastiere, che ci hanno regalato una intro iconica di circa quarantacinque secondi, dico quarantacinque secondi.

E dopo Diamond, con quei cori femminili a fare da intro e da refrain e quei riff di tastiera così tanto anni 80, c’è stata Sometimes, sempre sulla scia di Diamond, anche se un po’ meno originale della prima, e la ballad You and Me, cantata in italiano, come a rivendicare un’appartenenza geografica, anche se a noi anconetani sarebbe valsa molto più un C’avemo i moscioli, in tal senso, ballad uscita nel 1987, quando ormai gli anni 80 scivolavano verso il decennio successivo, quello del grunge, dell’industrial, con Deejay Television che avrebbe lasciato il posto a Non è la Rai di Boncompagni e Ambra.

Ricordo, perché è vero che Simon Reynolds ha sputtanato ogni possibilità di guardarsi alle spalle senza sentirsi automaticamente una merda, ma è anche vero che una qualche memoria, seppur labile, ancora ce l’ho, che prima di lasciare Ancona per trasferirmi a Milano, quando in città è arrivato anche il mio momento di calcare i palchi, con gli Epicentro e con la nostra Pentiganò, mi capitava di vedere Glauco in un negozio di strumenti musicali nel quale lavorava, o Remo con il suo taxi, in zona stazione, così come mi capitava di incappare in alunni di Michele Pecora, passato a lavorare come insegnante di musica una volta scemato il successo di quelle sue due hit.

Per una strana congiuntura astrale proprio mentre quest’ultimo torna sotto i riflettori, complice il buon successo del programma Ora o mai più, che lo ha rilanciato malgrado sia capitato in squadra con i Ricchi e Poveri, i Via Verdi decidono di tornare a calcare le scene. Proprio mentre mi capita di frequentare Claudio Cecchetto, che alla loro storia passata è legato a doppio filo, candidato a diventare sindaco di Misano Adriatico, mentre Roberto D’Agostino rimbalza i miei articoli sul conflitto di interessi legati al Festival di Sanremo, articoli a loro volta rimbalzati da Striscia la Notizia, programma cult ideato da Antonio Ricci, proprio il patron di Drive In. Era destino, sembra di capire, che mi si chiedesse di scrivere un ricordo dei Via Verdi proprio ora. Non credo di averlo fatto, perché più che a un ricordo queste mie parole sono legate a una suggestione. La suggestione che, come nella Smalltown raccontata in quell’altra clamorosa hit da Jimmy Sommerville, anche da un posto come Ancona fosse possibile partire per conquistare il mondo. In realtà, a dirla tutta, nella Smalltown di Jimmy Sommerville, bene che ti andava finivi per prendere una bella ripassata da qualche bulletto che non aveva gradito molto il fatto che tu lo stessi a fissare mentre si faceva la doccia in piscina, ma ai tempi l’inglese era poco più di un optional e non è il caso di star qui a sottilizzare.

I Via Verdi hanno preso parte a quel grande circo sonoro e glitterato che sono stati gli anni 80. Al pari dei goal di Paolo Rossi, delle battute di Zuzzurro e Gaspare e delle tette di Sabrina Salerno, decidete voi in che ordine portarli nel vostro cuore.

I VIA VERDI