Recensione Bonding su Netflix, la comedy audace prova a essere coraggiosa ma si perde in un bicchier d’acqua

Bonding, disponibile in streaming dal 24 aprile, è una serie veloce, fresca e piacevole che però non riesce a sfruttare a dovere il suo grande potenziale.

Recensione Bonding su Netflix, comedy disponibile dal 24 aprile

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Due passi avanti e uno indietro, un passo avanti e uno… di lato. La nostra recensione di Bonding su Netflix non può che evidenziare l’andamento bizzarro di questa nuova comedy, disponibile in streaming sulla piattaforma dal 24 aprile. Perché ciascuno dei sette episodi della prima stagione rivela quanto sia semplice neutralizzare ogni decisione coraggiosa con una scelta uguale e contraria. Ma andiamo con ordine.

Bonding è la storia di Tiff (Zoe Levin) e Pete (Brendan Scannell, versione fulva di Chris Colfer di Glee), due ex compagni di liceo che si ritrovano dopo anni per condividere un’insolita avventura professionale. Tiff, infatti, è una dominatrice molto richiesta sulla piazza e per gestire la sua folta clientela decide di assumere l’insicuro amico gay Pete come assistente.

Nel corso delle settimane i due devono imparare a coordinare gli impegni diurni – le lezioni universitarie lei, un lavoro in caffetteria lui – e quelli notturni, così come la storica amicizia e i recenti accordi professionali. Il tutto fra le stravaganti richieste di clienti che, non potendo soddisfare altrove i propri feticismi, sono costretti a rivolgersi proprio ai due protagonisti, noti nel giro come la Padrona May e l’assistente Carter.

Nonostante i momentanei litigi e le incomprensioni, Tiff e Pete riannodano in fretta i fili della loro amicizia, aiutandosi a vicenda e aprendosi un po’ alla volta l’una con l’altro. Tiff è una ragazza dura, avvolta in una corazza della quale si serve per proteggersi dal dolore, maniaca del controllo e intenzionata a riparare tutto intorno a sé. Con l’aiuto di Pete impara a guardare più a fondo dentro sé stessa, riconoscere le proprie paure e necessità, e anche a smussare un po’ gli angoli del proprio carattere. Dal canto suo, Tiff aiuta Pete a farsi forza, a uscire dalla sua comfort zone e affrontare di petto gli ostacoli che crede di non poter superare.

E in effetti la loro maturazione è evidente. Nel corso degli episodi assistiamo a uno svolgersi binario di eventi in cui i due affrontano – e superano – prove parallele che cambiano il loro modo di vivere la vita. Entrambi, per esempio, trovano il coraggio di aprirsi a ciò che di buono e meno buono può nascere da una relazione amorosa.

Tiff ammette la propria attrazione per il dolce e solo in apparenza semplice Doug, un compagno di università che dimostra di essere paziente, attento e comprensivo, riuscendo infine a trovare punti di contatto profondi e sinceri con lui. Pete mette da parte le proprie insicurezze e accetta di vivere con pienezza e onestà l’attrazione ricambiata per Josh, conosciuto poco tempo prima nella caffetteria in cui lavora, ma in compagnia del quale avverte molto presto un confortante senso di sicurezza.

Le cose però si complicano a un’analisi più approfondita. La ventata di novità portata da una rappresentazione franca e disinvolta della sessualità e dei desideri più intimi – in Bonding si va dal wrestling travestiti da pinguini alla coppia in cui lui vuole essere solleticato e lei ha bisogno di picchiare qualcuno – sfuma nell’ordinarietà e nella pressoché completa mancanza di originalità nella caratterizzazione dei personaggi, in particolare di quelle piccole grandi difficoltà alle quali gli stessi devono far fronte e che dovrebbero calamitare l’empatia dello spettatore.

Ci ritroviamo così con i soliti esempi di ragazza bella e sfortunata, avvicinata dagli uomini solo per la sua avvenenza e convinta quindi che a nessuno interessi imparare a conoscerla e affezionarsi a lei per ciò che è realmente. Poi con il ragazzo gay insicuro, a lungo incapace di superare le proprie paure – salire sul palco per darsi alla stand-up comedy, ad esempio –, vagamente bullizzato da un coinquilino etero eccentrico e pieno di sé. E poi ancora con un ragazzo mansueto dall’apparenza sempliciotta ma in realtà custode di un passato doloroso, una ex compagna di liceo snob, una volta popolare ma ormai abbandonata da tutti, e un professore universitario belloccio e piacione.

È probabile che questa sia una scelta deliberata, un rientrare nei ranghi programmato per rassicurare lo spettatore e non alienare una fetta di pubblico già impressionata da tanta disinibizione – perlomeno rispetto agli standard –, ma che invece lascia in bocca il sapore dolceamaro di un’occasione sprecata. Perché Bonding avrebbe avuto davvero l’opportunità di andare a fondo nei suoi temi, rompere con tanto finto perbenismo ed essere sfrontata e atipica fino in fondo. Ma non l’ha colta. Al contrario, si è accontentata di cenni brevi e inconcludenti.

Per quanto questo non basti a rovinare la serie, certo ne riduce molto il peso. Potremmo dare la colpa di questa diffusa superficialità allo scarso tempo a disposizione – sette episodi da circa 15 minuti ciascuno sono davvero pochi –, ma non siamo certi che sia davvero così. Potrebbe trattarsi più semplicemente di un difetto strutturale della serie, che rimane comunque un intermezzo veloce e piacevole tra due lunghi episodi settimanali de Il trono di spade.