Ma cosa ci dice il cervello, la spia Cortellesi paladina dei deboli in una commedia sonnacchiosa e perbenista

Diretta dal marito Riccardo Milani, la Cortellesi è un’agente segreta che aiuta i vecchi compagni di scuola alle prese coi prepotenti. Curiosa mescolanza di commedia di costume e action movie. Ma il film d’azione è letargico. E la commedia è buonista e poco divertente.

Ma cosa ci dice il cervello

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La coppia composta da Paola Cortellesi e dal marito regista Riccardo Milani torna per la quinta volta insieme con Ma cosa ci dice il cervello, lancio imponente di Vision Distribution in circa 500 copie, numeri da blockbuster americano. Non c’è da sorprendersi, la Cortellesi al botteghino è una garanzia: Italia Oggi ha calcolato che tra incassi in sala, home video e diritti tv, il valore dell’attrice romana s’aggira intorno ai 250 milioni, cifra sbalorditiva per l’esangue mercato nostrano. L’ultimo film targato Cortellesi-Milani, Come un gatto in tangenziale, aveva superato i 10 milioni grazie a una storia che attraverso il confronto – sempre molto romanocentrico, per carità! – tra borgatari e radical chic, era riuscito in modo semplificato ma azzeccato a raccontare una realtà in cui il pubblico potesse rispecchiarsi.

Ma cosa ci dice il cervello, di cui la Cortellesi è anche cosceneggiatrice, punta su una ricetta simile, aggiungendo un’inedita chiave action. Stavolta l’attrice è Giovanna, impiegata al ministero, così noiosa da motivare le apprensioni della figlia e d’una madre che invece si gode la vita (Carla Signoris). Ma è solo apparenza: Giovanna in realtà è una superspia dell’agenzia per la sicurezza nazionale. Il curioso doppio registro apre la cornice asfittica della solita commedia (all’)italiana facendola dialogare col cinema di genere. Il che è una novità, ma anche la conferma d’una pratica sempre più diffusa tra registi e sceneggiatori non solo d’ultima generazione che puntano a innestare generi soprattutto d’oltreoceano sul nostro fin troppo consolidato immaginario. E da Jeeg Robot a Smetto quando voglio a Il primo re l’elenco ormai è lungo.

Ma cosa ci dice il cervello nella seconda parte vira in un’ulteriore direzione. Giovanna fa una rimpatriata con gli ex compagni del liceo (Lucia Mascino, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Stefano Fresi) che le raccontano le angherie subite dai soliti prepotenti. Allora l’agente segreta si veste da paladina della giustizia, per vendicare loro e, idealmente, quella metà perbene del mondo che non ce la fa più.

Ma cosa ci dice il cervello è una commedia di (mal)costume in salsa action che parte da un’esperienza condivisa, quella maleducazione e rabbia incontrollata che sembra esser diventata la cifra dei nostri tempi. Ed ha una sua efficacia la sequenza d’apertura, con Giovanna nelle strade di Roma rassegnata in mezzo a quell’orrore di auto in doppia fila, volgarità, gente senza casco e sorpassi da codice penale che tutti ben conosciamo e sopportiamo (e pratichiamo, confessiamolo).

Attivata quindi la facile identificazione dello spettatore, e attestata la buona volontà del film di riflettere con spirito costruttivo sul male dei nostri tempi, restano perplessità su tutto il resto. La parte da film di genere è piuttosto casereccia: i compassati inseguimenti al piccolo trotto della Cortellesi impallidiscono agli occhi di un pubblico abituato giocoforza alle botte di adrenalina ipercinetica degli action americani. E sebbene si cerchi, come in un Bond movie, di saltare dal Marocco a Mosca a Siviglia, la rudimentalità della trama thriller è evidente, con le solite spie con occhiali scuri d’ordinanza che trafficano coi soliti microchip e fiale con cui preparare misteriosi attentati.

Non aiuta lo spirito costruttivo da film a tesi: la cura per i prepotenti di Giovanna è all’insegna di un “occhio per occhio, dente per dente”, dove però il dente non morde mai, sempre nei confini d’una garbata lezione di morale – come quella dell’insegnante Fresi al burino che l’insulta, al quale fa capire che, non avendo padronanza della lingua italiana, non riesce a offenderlo davvero. Sono lezioni da professoresse democratiche, come avrebbe detto Edmondo Berselli, che stendono sul film una patina di melassa buonista. Visti i tempi fin troppo aggressivi e scomposti si può essere anche d’accordo pedagogicamente con l’idea di puntare sul dialogo costruttivo ma fermo con gli incivili (una formula da centrosinistra, infatti c’è un’innegabile aria veltroniana, da porre in parallelo con l’ultima opera del politico-regista). Come film però, Ma cosa ci dice il cervello non funziona, con il messaggio didascalico, l’aria impettita e perbenista della commedia che, come avrebbe detto il produttore Tognazzi de La terrazza, non fa ridere.