A Kabul, Negin Khpalwak sta sfidando il regime talebano con la forza della musica

Candidiamo Negin al prossimo Premio Nobel per la pace, perché il suo coraggio e la sua testimonianza “non violenta” sono di immenso valore per l'umanità.


INTERAZIONI: 956

Chi difende la musica merita il Nobel per la pace.

Qualche giorno fa ho pubblicato qui un articolo sulla condizione femminile, e sul mio scrivere canzoni per le donne. Poco dopo ho visto il video di una donna frustata dai talebani in Afghanistan perché aveva ascoltato musica, una colpa punita a cinghiate in piazza, tra l’esultanza degli uomini che assistevano alla violenza. In terra, in ginocchio, con il solito burqa addosso, la donna viene colpita ripetutamente per aver infranto il codice della sharia, il quale, tra altri deliranti divieti (che comprendono il ridere, prendere un taxi, camminare da sola, lavorare, studiare, praticare sport,usare cosmetici, essere visitata da medici uomini, scoprire le caviglie, portare i tacchi, partecipare a feste e attività ricreative etc…), vieta alla donna  l’ascolto della musica. La povera donna in questione, peraltro, si trovava ad un matrimonio che celebrava la festa con musica e balli in una regione del nord del Paese, quindi non era neanche totalmente “responsabile” di quanto stava accadendo.

Ma perché vietare la musica? Per il suo effetto potente di portare alla mente ricordi, di allontanare pensieri, di risvegliare emozioni, desideri. Perché la musica comunica allegria e voglia di ballare, dolcezza, malinconia, gioia, insomma emozioni. Perché la musica provoca brividi, libera la dopamina nel cervello e provoca piacere. Perché la musica ha un potere romantico, trasgressivo, vitale e tutto questo mal si concilia con il bisogno ossessivo di controllare un essere umano nel suo vivere e sentire. La musica sfugge a qualsiasi controllo, le note si muovono nell’aria e non si possono afferrare, toccano il cuore e almeno quello, batte il suo ritmo da solo. La musica è incontrollabile.

Ma c’è chi si ribella a questi assurdi divieti. A Kabul una ragazza sta sfidando il regime talebano con la musica. Negin Khapalwak dirige un ensemble sinfonico di sole donne, la Zhora Orchestra, laddove esiste per tutte loro anche il divieto di suonare uno strumento. Vissuta al confine con l’Afghanistan, e cresciuta in una famiglia conservatrice, a questa giovane donna di 19 anni era proibito parlare di musica, poter studiare, prendere in mano uno strumento qualsiasi. Quando decise di seguire la sua passione, fu minacciata e ripudiata dalla tribù e dalla famiglia, fu costretta a scappare e a rifugiarsi in un orfanotrofio di Kabul dove tuttora vive.

La Zhora Orchestra, con un organico di ben 35 donne, propone musica tradizionale e occidentale . E Negin, benché minacciata di continuo, con la sua bacchetta, imperterrita e imperturbabile dirige Beethoven, Chopin e le musiche da ballo del suo Paese. In un’intervista ha detto “Spero di essere un esempio per tutte le ragazze che cercano di realizzarsi, di fare qualcosa. La voce di un cantante a volte mi fa piangere ma l’emozione mi dà speranza. La musica è questo, la musica è speranza”.

Candidiamo Negin al prossimo Premio Nobel per la pace, perché il suo coraggio e la sua testimonianza “non violenta” sono di immenso valore per la vita di tutti gli uomini e le donne di ogni nazione e religione.  Perché “senza musica la vita sarebbe un errore”, come diceva Nietsche, e Negin quotidianamente si impegna per custodirla, invece, nell’armonia e nella libertà.