Ciò che Leaving Neverland di Dan Reed ha scatenato dal momento in cui il Sundance Film Festival ne ha annunciato la proiezione per il 25 gennaio, è stato riaccendere i riflettori su una vicenda che si era già conclusa con l’assoluzione piena di Michael Jackson e con la dimostrazione delle falsità portate in tribunale. Eppure, nonostante i numerosi appelli, il documentario nuovamente incentrato sulle accuse di pedofilia contro il cantante scomparso è stato trasmesso all’Egyptian Theatre di Park City, e dopo le quattro ore della prémiere il pubblico è esploso in una standing ovation mentre all’esterno si attivavano le proteste.
Una standing ovation di un pubblico accuratamente selezionato dal regista, in quanto non era gradita la presenza di quanti sostenevano l’innocenza del Re del Pop, innocenza dimostrata soprattutto dal tribunale e dall’FBI. La dimostrazione sulla faziosità del documentario di Dan Reed arriva dalla fondazione Michael Jackson Estate che afferma che il regista, durante la realizzazione di Leaving Neverland, ha evitato di interpellare le persone che erano state più vicine a Michael Jackson e che erano pronte a dimostrare la falsità delle accuse di cui era oggetto.
Nel bel mezzo dell’esplosione del caos scatenato in occasione della proiezione del film, Wade Robson e James Safechuck sono usciti allo scoperto e hanno commentato la loro partecipazione a Leaving Neverland di Dan Reed. Sono loro, infatti, le vittime sulle quali si concentrano le quattro ore di documentario. Wade Robson, il più contestato dalla Michael Jackson Estate, si difende dalle accuse di calunnia:
Non sento di dovergli dire niente. Solo che capisco quanto sia difficile, per loro, crederci. Perché in un certo senso, non molto tempo fa, mi trovavo nella loro stessa posizione. Anche se mi era successo davvero, non riuscivo ancora a crederci. Non riuscivo a credere che ciò che mi aveva fatto Michael era una cosa brutta. Riusciamo ad accettare e comprendere qualcosa solo quando siamo pronti. Non possiamo fare niente per cambiare le cose.
A sua volta James Safechuck interviene con più schiettezza: «Era una delle persone più gentili e generose che abbia mai conosciuto. Mi ha aiutato con la mia carriera. E mi ha molestato sessualmente per sette anni». La risposta dei fan del Re del Pop che sostengono la sua innocenza non si è lasciata attendere, perché il 17 gennaio il canale YouTube Michael Jackson Allegations ha pubblicato una ricostruzione della devoluzione delle accuse di Wade Robson per dimostrare l’inattendibilità.
Il documentario La vera storia e la Michael Jackson Estate dimostrano che Wade Robson aveva difeso la star fino al 2013, per poi iniziare a parlare di abusi sessuali e, nel frattempo, chiedere risarcimenti alla fondazione dedicata al cantante scomparso. La famiglia della popstar di Beat it, infine, ha dichiarato che le nuove accuse sono state rese possibili dal momento in cui Michael Jackson non è più in vita, in quanto non gli è più possibile difendersi. Leaving Neverland di Dan Reed, quindi, costituirebbe una mossa diffamatoria per speculare sulla figura del Re del Pop secondo accuse infondate, nonostante la piena assoluzione del tribunale e le carte processuali.