Polemica sul concerto di Lana Del Rey in Israele, la popstar si difende: “Non sostengo il governo Netanyahu”

Il concerto di Lana Del Rey in Israele al centro delle polemiche, la popstar difende la sua scelta ma prende le distanze dal governo


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Come accaduto a molti altri artisti prima di lei, il concerto di Lana Del Rey in Israele, previsto nell’ambito del Meteor Festival che si svolge nel Kibbutz Lehavot Habashan dal 6 all’8 settembre, le ha procurato non poche critiche.

La scelta della cantante di esibirsi a Tel Aviv sta facendo discutere in un’estate in cui il bilancio delle vittime dei venerdì di protesta al confine tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico per la “Marcia del ritorno”, la mobilitazione contro il blocco imposto da Israele oltre un decennio fa e per il diritto dei palestinesi a tornare nelle terre occupate nel 1948, ha raggiunto quota 168 palestinesi (e un israeliano).

La sproporzione delle forze in campo e i bilanci delle vittime, quasi tutte palestinesi, continuano ad attirare critiche da parte di intellettuali, politici, celebrità alla strategia dello stato di Israele guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu nella guerra a intermittenza con Hamas.

Il concerto di Lana Del Rey in Israele è diventato così fonte di polemiche nei confronti della cantante, che ha scelto di rispondere con un lungo tweet in cui spiega di aver accettato di esibirsi per la prima volta nel Paese solo per ragioni professionali e di non essere affatto indulgente nei confronti dello Stato ebraico per il suo comportamento nel conflitto con la Palestina, sostenendo che “la musica sia universale e dovrebbe essere utilizzata per unire, non per dividere“.

Abbiamo firmato per lo show con l’intenzione che sarebbe stato realizzato per i bambini e nelle mie intenzioni avrebbe avuto motla energia positiva e un’enfasi sulle tematiche della pace. Se non siete d’accordo, lo capisco. Ma io e la mia band abbiamo suonato in tutto il mondo per mesi e anni da quasi 10 anni. Stiamo andando in un posto in cui suonano molte grandi band quest’anno e in questo festival, non sempre siamo d’accordo con la politica dei luoghi in cui ci esibiamo persino nel nostro paese, a volte non ci sentiamo nemmeno al sicuro, a seconda di quanto lontano viaggiamo all’estero, ma siamo musicisti e abbiamo dedicato le nostre vite a essere in giro, quindi in definitiva anche se nutro profondi sentimenti su ciò che è vero o non vero, giusto o sbagliato – mi piacerebbe ricordarvi che esibirsi a Tel Aviv non vuol dire dichiararsi favorevole alle politiche filo israeliane, proprio come cantare in California non significa sposare le opinioni del mio attuale governo o le sue azioni a volte disumane. O che perdoni il mio presidente che schernisce apertamente i disabili ai raduni  (Ma non sto affatto paragonando la gravità di certe traversie avvenute in Israele alle attuali difficoltà che stiamo affrontando qui). Sto solo affermando che sono una semplice cantante, sto facendo del mio meglio per navigare nelle acque delle continue e tumultuose difficoltà in paesi devastati dalla guerra in tutto il mondo che attraverso lungo i miei viaggi. Sto facendo del mio meglio e le mie intenzioni sono migliori di quelle della maggior parte delle persone che conosco.

In risposta al suo messaggio, la PACBI – la Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele – ha rilasciato una dichiarazione in cui esorta l’artista “a riconsiderare” la sua scelta.

Dubitiamo che avresti suonato durante l’apartheid in Sud Africa; allo stesso modo, gli artisti si rifiutano di suonare nell’apartheid di Israele. Ti preghiamo di rispettare la nostra linea di protesta non violenta e di annullare l’esibizione al Meteor.

Nel 2014 Lana Del Rey cancellò uno spettacolo che avrebbe rappresentato il suo debutto in Israele. Come lei, anche molti artisti si sono rifiutati negli ultimi anni di tenere concerti a Tel Aviv o in altre città dello Stato Ebraico per sostenere la protesta politica contro l’occupazione della Palestina e la progressiva estensione dei confini di Israele, come Lorde o Roger Waters. Altri, invece, come i Radiohead, hanno sostenuto che “suonare in Israele non vuol dire sostenerne il governo“, proprio come oggi afferma la Del Rey.